Se l’immagine è il luogo della mente dove riusciamo a trasporre tutto il nostro essere, allora occorre trovare – tra queste ideazioni immaginative – quella che dialoghi più a fondo con la nostra stessa anima.
Seguitemi in questa breve – ma intensa – sceneggiatura…
È un giorno d’inverno.
Fuori fa freddo. Nuvole scure si addensano all’orizzonte.
Si possono udire, in lontananza, i bagliori dei lampi e il deflagrare dei tuoni.
Ti avvicini alla finestra perché all’umana natura piace curiosare tra le nuvole.
Forse per cercarvi quel Dio di cui tutti parlano… (ma questa è un’altra storia…)
Il tuo viso quasi sfiora i vetri quando comincia a piovere.
Le prime gocce toccano il perimetro ligneo e si frammentano davanti agli occhi.
Mentre scopri che quella repentina aspersione ha già cambiato il paesaggio tutto attorno, assisti ad uno straordinario spettacolo offerto dalla natura.
Una goccia d’acqua scende sul vetro e il tuo sguardo si ipnotizza sul percorso.
Quel minuscolo fiume in piena, ad un certo momento del suo cammino, si divide.
Due ancor più piccole gocce che, tuttavia, non fermano la loro discesa.
Si rincorrono, si seguono, si incrociano – giocando – fino a perdersi in un rivolo comune.
D’un tratto, ti sembra che quella scena non sia nuova.
Ne sei certo: tutto ciò che hai visto lo hai già vissuto!
E non perché in altre occasioni ha piovuto sulla tua finestra.
Quella scena – esattamente quella – l’hai già vissuta nel modo in cui è accaduta…
Lo chiamano fenomeno del “déjà vu” e, se per i neurologi è qualcosa di semplicemente spiegabile con una singolare (ma squisitamente umana) anomalia della memoria, per i filosofi dell’antica Grecia era la prova che tutta la conoscenza è solo un ricordo di ciò che è stato nel luogo in cui ci trovavamo prima della nascita sulla terra.
Non voglio complicare le idee e – quindi – cercherò di essere assai sintetico su qualcosa che ha avvinto i filosofi per circa duemila anni.
Sembra che tutta la nostra conoscenza sia patrimonio dell’anima e che a noi spetti risvegliarla (quell’anima e quella conoscenza) con un necessario percorso che, dalle immagini sensitivamente raccolte, ci riporti alle idee.
Parte di quel risveglio avviene allorché una immagine fotografica ci proietta nei luoghi in cui la nostra mente si ricorda di essere stata.
Esattamente come accade a due gocce d’acqua che, alla fine del percorso, si ritrovano nell’istantanea, intensa ed inarrestabile forza di un abbraccio…
Lorenzo Matassa