Davvero i russi vogliono tornare a vivere come ai tempi dell’Unione Sovietica?
Le notizie e le immagini di questi giorni, ci riportano al secolo scorso, a una guerra che fu catastrofica per il mondo intero.

Ci fanno dimenticare, però, le enormi ricchezze della cerchia di Putin, e lo stato di povertà in cui vive la maggior parte della popolazione russa.
Di chi è la colpa di questa guerra?
Mentre le gente muore, e a chi muore non interessa di chi è la colpa, noi siamo qui, con le nostre congetture, con i nostri pregiudizi, con le nostre simpatie politiche, senza capire che la colpa è anche nostra.
Già, Hitler2.0, come potremmo definire Putin, è il mostro che abbiamo allevato noi negli ultimi decenni, grazie agli interessi politici, economici, personali e non, di chi ha fatto finta di non capire quali fossero le ambizioni del dittatore.
Oggi ci lamentiamo per l’aumento del costo del carburante, del gas, del ricatto russo di chiudere i rubinetti all’Occidente.
Ma chi aveva scelto, in maniera scellerata, di aderire al progetto del gasdotto South Stream, preferendolo al Nabucco che venne poi abbandonato?
Chi avrebbe voluto una centrale nucleare Gazprom in Italia?
Chi anche di recente intratteneva discutibili rapporti con il Cremlino?
Chi ci ha consegnato sotto il tallone di Putin?
Viviamo una guerra già preannunciata da anni.
Una guerra resa inevitabile, con tutte le sue conseguenze che oggi ci fanno paura, i cui sviluppi saranno quelli che nel 2014 aveva anticipato Robert Hörnquist, Console Onorario della Moldavia a Göteborg, nel corso dell’intervista rilasciata a Marie-Jeanne Atanasia per “La Valle dei Templi”, il quale senza mezzi termini prospettava l’invasione dell’Ucraina e successivamente quella di altre nazioni ex U.R.S.S.
Un’operazione pianificata quantomeno dal 2008, con il nome in codice Becha.
Soltanto adesso si inizia a parlare del progetto di Putin del 2008, che era già conosciuto nel mondo delle intelligence occidentali e, purtroppo, ignorato da un’intera classe politica europea inadeguata, quando non corrotta, incapace di comprendere i grossi rischi ai quali hanno esposto tutti i paesi occidentali.
Oggi non c’è solo la paura dell’evento bellico in sé, della terza guerra mondiale o meno, c’è la paura della fame, della miseria, delle restrizioni economiche alle quali ci porteranno le sanzioni applicate alla Russia a seguito dell’invasione dell’Ucraina.
Le sanzioni fanno male.
Lo fanno alle economie di tutti i paesi, compreso il nostro.
Chi pensa che le sole sanzioni applicate agli oligarchi russi siano la soluzione a questa guerra si sbaglia.
Le sanzioni non mirano a colpire i Paperoni di Mosca.
Poche decine o centinaia di milioni di dollari sottratti agli uomini del cerchio magico di Putin, non li ridurranno certamente sul lastrico.
Lo stesso Putin, se anche perdesse qualche miliardo di dollari, non cambierebbe certamente il proprio tenore di vita.
Possiamo illuderci che la perdita di cinque, dieci o venti miliardi di dollari, porterebbe Putin a dover chiedere l’elemosina sulla Piazza Rossa?
Non accadrebbe neppure se perdesse cento miliardi di dollari, visto che le sue ricchezze vengono stimate in 200 miliardi di dollari.
Se questa è la realtà che riguarda i super-ricchi russi, ben diversa è però quella dell’economia reale del paese.
Senza voler fare i moralisti e chiederci da dove provengano le sue ricchezze e quelle del suo cerchio magico, in un paese in cui il reddito medio pro capite della popolazione nel 2017 di 31.475 rubli al mese (circa $ 540), proviamo a chiederci come i russi vivranno la prossima e imminente crisi economica che può far ripiombare la Federazione Russa al periodo peggiore che visse l’U.R.S.S. quando persino i generali si videro pagati gli stipendi con broccoli e fiammiferi.
Non v’è dubbio, infatti, che le sanzioni economiche applicate alla Russia non ridurranno in miseria gli oligarchi russi – i quali comunque non sprizzano felicità da tutti i pori – ma ben diversa è la situazione di chi si troverà a vivere le quotidiane difficoltà di dover mettere insieme il pranzo con la cena.
Difficoltà che ci accomunano ai nostri fratelli russi, ucraini, tedeschi o francesi che siano, portati sul baratro delle privazioni e di una miseria che non conoscevamo dai tempi della seconda guerra mondiale.
Sotto questo profilo, la popolazione russa si divide in due categorie:
- Gli anziani nostalgici
- Le nuove generazioni
I meno preoccupati, sono gli anziani, i nostalgici dell’ex Unione Sovietica meno occidentalizzati, più abituati ai sacrifici, meno esigenti.
Il discorso è completamente diverso quando si parla di giovani, tant’è che sono proprio loro quelli che a migliaia protestano contro questa guerra, facendosi quotidianamente arrestare dalla sbirraglia di Putin.
Chiedendo a un anziano russo cosa pensa della guerra (da non nominare nel paese di Putin, pena il carcere) e della crisi economica, non è difficile sentirsi rispondere che durante il periodo dell’Unione Sovietica non avevano nulla, e che quindi nulla hanno da perdere e non hanno alcun timore.
Nella fascia della popolazione più giovane che non ha conosciuto la fame e la miseria, o comunque di chi ha conosciuto soltanto gli ultimi anni dell’U.R.S.S., l’accettazione di uno stato di polizia così rigido come non avveniva da decenni, le restrizioni economiche, il dover rinunciare a tutto ciò che hanno i loro coetanei occidentali, risulta inaccettabile.
Del resto, se resuscitasse mio nonno e dovessi a lui raccontare della rinuncia a internet, al telefonino, all’auto o alla moto, difficilmente potrebbe comprendere ciò di cui parlo.
Nato alla fine del ‘800, aveva conosciuto le due grandi guerre e tutto ciò che avevano rappresentato.
Ai suoi tempi non c’erano internet e neppure i telefonini.
Provate invece a chiedere ai vostri figli di fare simili rinunce.
La protesta sarebbe immediata.
Proviamo adesso ad immaginare i giovani russi pronti pure a dover fare i conti con la fame…
L’Unione Sovietica finì immediatamente dopo l’Afghanistan, le decine di migliaia di soldati russi morti o uccisi, la crisi economica.
La guerra in Ucraina in pochi giorni sta mietendo tra i soldati russi un numero di vittime tali che nell’arco di qualche settimana ancora finiranno con il superare quelle dell’Afghanistan nel corso di dieci anni di guerra, oltre alle migliaia di civili ucraini, bombardati con armamenti termobarici e, forse, già soggetti ad attacchi chimici.
Putin è terrorizzato dal fatto che il popolo russo venga a conoscenza di quello che sta accadendo, tant’è che ha isolato il paese bloccando l’uso dei social network, costringendo alla chiusura gli organi stampa indipendenti, spegnendo internet, impedendo il rientro delle salme dei soldati che vengono cremati sul posto per impedire forti reazioni dinanzi la vista di migliaia di bare.
Bare che contengono i corpi di giovanissimi soldati, coetanei di coloro i quali in Russia protestano contro questa guerra.
Alle difficoltà economiche delle sanzioni, delle spese per affrontare la guerra in Ucraina, si aggiungono quelle che da anni i russi sostengono in Siria, senza essere riusciti neppure a garantire ad Assad il territorio dell’intero paese, che a breve, dopo lo spostamento di milizie deal territorio siriano a quello ucraino, vedrà il riacutizzarsi di conflitti interni ed esterni.
Siamo certi che i giovani russi vogliano tornare a vivere come vivevano i loro genitori e i loro nonni ai tempi dell’Unione Sovietica?
Se Roma piange (anche per colpa sua), Mosca non ride.
Gian J. Morici