Alessia Filippazzo è nata il 7 luglio del 1991 ad Agrigento.
Una giovane imprenditrice, il cui futuro, fino a un paio di anni addietro, sembrava destinato a un percorso ben diverso da quello attuale.
“Ho ottenuto il diploma di maturità classica – afferma Alessia – e mi sono iscritta al corso di laurea in Filosofia all’Università degli Studi di Palermo. Lì ho conseguito sia la laurea triennale nel 2015 sia la magistrale nel 2017. Nello stesso anno mi sono trasferita a Bergamo con Danilo (adesso mio marito), dove ho trascorso due anni non molto piacevoli lavorando come insegnante. Nel 2019 mi sono trasferita nella meravigliosa Siviglia per iniziare il percorso di Dottorato di Ricerca in Filosofia.
Il mio sogno era quello di diventare insegnante universitaria e dedicare tutta la mia vita allo studio”.
Cosa ti ha fatto cambiare idea?
“Pian piano qualcosa ha cominciato a cambiare. Iniziai a notare che i professori universitari trascorrevano tutto il loro tempo e dedicavano tutte le loro energie alla ricerca dei giusti punteggi per le valutazioni finali. I loro articoli – e quindi il loro studio – erano dedicati alle tematiche di moda del momento, privi di qualsiasi spessore intellettuale ma ricchi di finissime tecniche di ‘copia-e-incolla’ latenti. Il tutto subdolamente guarnito da amicizie di convenienza e relazioni ruffiane che potessero garantire la pubblicazione dei loro lavori in riviste di categorie superiori. Insomma, per farla breve, mi sentivo poco stimolata e non riuscivo più ad immaginare il mio futuro in quel mondo.
È in questo contesto che comincia a bussare un altro piccolo – vecchio – sogno nel cassetto, un progetto a cui pensavo da tempo e che speravo di poter realizzare come secondo lavoro. Questo sogno ha preso il sopravvento durante una crisi che ho attraversato nei mesi di isolamento del primo periodo pandemico.
Ho riflettuto tanto, ho fatto qualche conto, ho studiato aziende agricole già avviate, poi ne ho parlato con Danilo, che non mi ha appoggiata subito. ‘Sei perfetta per la ricerca – mi ha detto – la tua intelligenza verrebbe sprecata’. Gli ho spiegato il mio punto di vista, gli ho raccontato che mi era venuta meno la voglia e che con essa erano sparite anche le idee.
Ha capito e ha appoggiato la mia pazzia.
Possiamo dunque dire che la tua ‘pazzia’ nasce da un sogno ‘antico’? Ma cosa lega una giovane studiosa al mondo della campagna, da cosa nasce quel sogno? “Comincio dal principio: sono nata nello stesso giorno in cui è nato mio nonno, lo stesso nonno con cui condivido la passione per la natura e per gli ulivi. Una ‘radice’, dunque, c’era già. La mia passione che mi riportava a quella di mio nonno”.
Una ‘radice’ che lega la tua scelta alla comune passione con tuo nonno per la natura e gli olivi…
“No, solo questo credo sia un po’ riduttivo, visto che le radici di questo mio sogno sono assai più profonde. Non è un caso se lo scorso mese di ottobre ho deciso di avviare l’azienda agricola ‘Radica’ per valorizzare ciò che appartiene alla nostra famiglia da generazioni e realizzare un sogno condiviso da tempo. Il nome ‘Radica’, parola siciliana che significa ‘radice’, è stato scelto per rievocare il legame con il territorio e con le tradizioni del passato.
Un legame che risale ai nonni dei miei nonni, quando cominciarono a coltivare alberi di ulivo, fin quando alla fine del 1800 le loro storie, insieme alle loro fatiche, furono consegnate ai miei nonni, Anna Maria e Lillo”.
La tua famiglia come ha accolto la tua scelta di abbandonare la ricerca, l’insegnamento… il mondo accademico…?
“I miei genitori hanno compreso subito le mie motivazioni, mentre mio nonno non avrebbe scommesso un solo euro su di me.
Si è dovuto ricredere quando l’anno scorso mi sono impegnata con tutta me stessa e gli ho mostrato tutta la passione e l’impegno di cui sono capace…”
Torniamo a ‘Radica’, alle tue radici. Se è pur vero che il settore olivicolo italiano è un importante protagonista a livello internazionale, la cui produzione è pari al 15% di quella mondiale, è altrettanto vero che il numero di aziende presenti sul territorio nazionale finisce con il generare una concorrenza spietata. Questo non porta ad un abbassamento dei livelli qualitativi del prodotto?
“La produzione italiana, nonostante tutto, mantiene livelli qualitativi molto alti, tanto che l’Italia è tra i primi paesi esportatori al mondo”.
In questo contesto, cosa ti poni come obiettivo?
“Nonostante la dimensione della mia azienda, quello mio è un obiettivo molto ambizioso, non mi pongo, infatti, come traguardo la quantità del prodotto, bensì la sua qualità, diversificando in meglio la produzione della mia azienda rispetto l’attuale mercato, nella speranza di portarla ad essere una piccola eccellenza del settore.
Purtroppo, in molte piccole aziende il problema vero è l’approssimazione che ruota attorno al mondo della campagna, la non curanza o le tecniche e le mentalità ancora troppo antiche che chi mi sta attorno fatica a lasciar andare. Ogni giornata è una guerra, una lotta continua per far sì che le cose vengano fatte bene”.
In cosa si vuol distinguere la tua offerta rispetto al mercato?
“Partiamo dalla selezione delle piante di olivo. Il nostro olio extravergine d’oliva è una miscela di quattro varietà differenti tipiche del nostro territorio: Biancolilla, Cerasuola, Coratina, Nocellara del Belice.
Ognuna di queste varietà ha delle caratteristiche specifiche che le rendono uniche.
Oli dalle diverse intensità del sapore fruttato dai differenti sentori e retrogusti, il cui prodotto finale è un olio dal colore giallo oro con intensi riflessi verdi, che possiede un sapore fruttato medio, con punte di amaro e piccante. Nel complesso equilibrato nel gusto e perfetto sia per la cottura che a crudo”.
Potremmo dunque dire che il segreto sta nella scelta delle varietà delle piante…
“Assolutamente no.
Le piante sono la prima ‘radice’ del nostro olio, ma che senza la cura della terra e degli alberi di ulivo non ci consegnerebbero quel prodotto che spero diventi un’eccellenza degli oli extravergini d’oliva italiani.
La raccolta delle nostre olive avviene manualmente senza l’utilizzo invasivo di strumenti meccanici che rischiano di danneggiare gli alberi e i loro frutti. Questa precisa scelta aziendale permette la selezione delle olive migliori e lo scarto di quelle deteriorate, mantenendo inoltre intatte le proprietà fisico-chimiche dell’oliva e dell’olio.
Per raggiungere però il risultato che ci siamo posti come obiettivo, è necessario stare attenti anche ai tempi e i metodi di molitura (molitura giornaliera), così da evitare che il frutto si deteriori e invecchi rapidamente, e i metodi di estrazione.
Per il nostro olio abbiamo scelto l’estrazione a freddo, un processo che consente di estrarre l’olio extravergine d’oliva mantenendone inalterate le caratteristiche organolettiche grazie ad un controllo costante della temperatura che non deve superare i 27°C.
Per completare i processi di oleificazione, prima che un ‘Olio Extravergine Radica’ arrivi sulla tavola, manca un ultimo passaggio: la decantazione!
Anche in questo caso abbiamo scelto una decantazione naturale che non faccia ricorso ad alcun processo meccanico di filtrazione che lo esporrebbe all’aria e quindi all’ossidazione.
Si tratta di un antico metodo di separazione dell’olio dagli eccessi di acqua vegetale e dai minuscoli frammenti di olive che si depositano sul fondo dei silos, ma che continuano a rilasciare odori e sapori all’olio lì contenuto, garantendone la preservazione delle proprietà e degli aromi dell’olio appena estratto”.
Nessun ripensamento in merito alla scelta che hai fatto?
“No, posso assicurartelo. Ho aperto l’azienda e so che è solo l’inizio, che ho tanta tanta strada da fare e la fatica è enorme, ma allo sforzo fisico ci si abitua e una bella dormita basta a ristorare il corpo stanco e i muscoli doloranti.
Nei momenti più difficili, mi guardo intorno. Guardo le colline che scendono verso il mare, i miei alberi, i loro frutti.
Penso ai nonni dei miei nonni, alle loro fatiche consegnate ai miei nonni, e so di non poter più fare a meno di custodire quelle fatiche che rappresentano la radice (Radica) vera del nostro olio, che non è un semplice prodotto di consumo, ma il sapore, l’odore e l’immagine della nostra terra, la Sicilia, che sa ancora mantenere vive le infinite narrazioni e radici che l’hanno plasmata”.
La Sicilia è anche questo, la capacità di mettersi in gioco, di rinnovare e rinnovarsi in uno scenario frutto di secoli d’interazione tra l’uomo e la natura, senza dimenticare le proprie radici.
Diceva Coco Chanel che una donna dovrebbe essere due cose: chi e cosa vuole.
Alessia Filippazzo di quest’insegnamento ne ha fatto tesoro.