“Basta con questo Sostituto Procuratore della Repubblica! Il titolare dov’è?” – chiedeva Benigni.
Benigni, senza volerlo, metteva il dito nella piaga, facendo però confusione tra Sostituto e “sostituito” (nonchè titolare in pectore), senza considerare – almeno in questo caso – che il sostituito è un Procuratore Generale (Marcello Viola) e che, stando al Tar e al Consiglio di Stato, sarebbe stato indebitamente “sostituito” da un abusivo , così dicono almeno tre sentenze, tutte favorevoli a Viola.
A stabilirlo in prima battuta, il Tar Lazio che aveva accolto i ricorsi di Marcello Viola e Francesco Lo Voi contro la nomina di Michele Prestipino Giarritta alla carica di Procuratore di Roma, dopo che il “caso Palamara” aveva silurato Viola, nonostante questi fosse stato parte offesa rispetto alle “macchinazioni o aspirazioni di altri”, e nonostante il consigliere Spina del Csm, intercettato con Palamara, definisse Viola come “l’unico non ricattabile”.
Sorvoliamo su cosa intendesse dire lo Spina, poiché allusioni di questo genere portano dritto dritto sulle panche di un tribunale, costringendo a dichiarare a mari e monti la fiducia nella magistratura.
Già, perché i poveri mortali devono non soltanto fidarsi, ma anche proclamarlo ai quattro venti, mentre il plotone li accompagna al muro – magari innocenti – con la vana speranza che un giudice umano s’impietosisca e gli renda salva la vita.
Ma come ci si può fidare della magistratura, quando i primi a non fidarsi sono proprio i magistrati?
Eh sì, perché è stato proprio l’organo supremo della magistratura (Csm) a non accettare il verdetto del Tribunale Amministrativo che aveva dato ragione a Viola annullando la decisione del Csm del 4 marzo 2020, che di fatto gli aveva sottratto la nomina a Procuratore di Roma, escludendo poi il suo nome dalla terna dei candidati, finendo con il nominare Michele Prestipino Giarritta.
Per il Csm, evidentemente, il giudicato di un Tribunale Amministrativo vale tanto quanto un oroscopo online.
Del resto i precedenti non mancano, come quando nel 2014 venne nominato a capo della Procura di Palermo l’attuale Procuratore Lo Voi.
Anche in quel caso, il Tar diede ragione ai ricorrenti visto che Lo Voi non aveva mai avuto incarichi direttivi a differenza dei colleghi Sergio Lari e Guido Lo Forte, che avevano inoltre più titoli e più anzianità, fin quando Lo Voi non ottenne una vittoria al Consiglio di Stato, dove presidente della sezione c’era Riccardo Virgilio – amico del Procuratore Pignatone – finito coinvolto nell’inchiesta sulle sentenze pilotate, dalla quale emersero i rapporti professionali tra alcuni indagati e il fratello dello stesso Pignatone, e Giudice relatore ed estensore era Nicola Russo, arrestato due volte per corruzione in atti giudiziari.
In quel caso, per il Csm, evidentemente il Consiglio di Stato non aveva fatto alcuna invasione di campo…
L’attuale vicenda della nomina del Procuratore di Roma, ha già visto esprimersi il Consiglio di Stato, che nel mese di maggio aveva confermato la sentenza del TAR Lazio sul ricorso proposto da Marcello Viola, dichiarando illegittima la nomina di Michele Prestipino Giarritta.
Prestipino – difeso dal Prof. Massimo Luciani e dagli avvocati Chirulli e D’Andrea – aveva proposto ricorso in Cassazione e uno per revocazione al Consiglio di Stato, chiedendo inoltre, nelle more della definizione dei ricorsi, di sospendere le sentenze.
Il Consiglio di Stato, ha accolto invece le tesi dei legali di Viola – gli avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia – rigettando le domande cautelari proposte da Prestipino.
Una pronuncia che obbligherà il Csm a riattivare il procedimento per la nomina del Procuratore della Repubblica di Roma.
Finita la guerra?
Quando si parla di giustizia, quella che riguarda i magistrati, la non giudicabilità del giudice, di norma insindacabile, diventa pari a zero, con buona pace del rispetto delle sentenze, del non sottrarsi alla giustizia e non metterla in discussione, e l’organo supremo, alla maniera del Marchese del Grillo, fa valere l’io so io e voi… con quel che segue.
“La legge è uguale per tutti – diceva Andreotti – tranne che per loro. Forse perché nei tribunali ce l’hanno scritto alle spalle e fanno fatica a girarsi”.
Chissà che questa volta il Csm – visto che la fiducia nella magistratura ha toccato il suo minimo storico – non decida di girarsi a leggere dietro, ponendo fine a questa Guerra delle Rose che certamente non giova all’immagine della magistratura tutta.
Gian J. Morici
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