Dicono che Giulio Cesare, eseguendosi la congiura di Catilina, avesse stabilito che il complotto sarebbe iniziato al momento in cui – con gesto formale volto ai senatori – si fosse tolto la toga dalle spalle.
Sull’equivoco di questo gesto, il futuro dictator di Roma si salvò dall’accusa di essere un cospiratore ben venti anni prima che, un’altra cospirazione, lo trafiggesse con numerose coltellate.
Insomma, sembra che togliersi e mettersi la toga sulle spalle, in alcune circostanze, possa salvarti la vita…
Così deve avere pensato un magistrato che – secondo fonti investigative mai smentite – si sarebbe trovato all’interno di un club di una città del nord Italia dove girava (dicono, ma io non ci credo…) tanta coca.
Proprio per questo motivo gli agenti di polizia vi avevano fatto irruzione, ma – con sommo stupore – avevano trovato tanti clienti travestiti da animali.
Uno tra loro, però, non solo aveva assunto i panni della volpe, ma aveva ben due code (due!) che – inequivocamente – pendevano senza essere cucite all’abito carnevalesco.
Si può pensare, a questo punto, che gli agenti abbiano posto attenzione alle due code di volpe a ragione del possibile maltrattamento ai danni di questi animali.
È più semplice, però, pensare che gli agenti abbiano invitato la volpe con due code a smascherarsi perchè, solo in questo modo, sarebbe stato possibile effettuare l’individuazione del soggetto nascosto in quelle silvestri sembianze.
L’invitato – ma non possiamo credere che ciò sia veramente accaduto ai giorni nostri – avrebbe (il condizionale è d’obbligo) manifestato la fatidica risposta: “Lei non sa chi sono io!”.
Non sappiamo cosa, a questa vetusta esclamazione, la polizia abbia risposto.
Supponiamo che abbia solo continuato a fare il suo dovere individuando l’uomo e riconoscendolo come un alto esponente di un ufficio giudiziario.
La questione potrebbe essere giudicata in termini squisitamente privati e, addirittura, valutarsi quale fosse una grave violazione della privacy da parte della polizia.
È giusto, infatti, che nel tempo libero ciascuno possa fare ciò che più gli aggrada e mettersi, in quel posto, tutte le code che vuole.
Ma qui il problema ha diversa natura.
Sembra (ma questa circostanza mi rifiuto di credere e non la ritengo possibile) che il volpino avesse un rilevante incarico rappresentativo in seno ad una importante associazione di categoria.
La questione, quindi, è quella se il “vizio privato in pubblica virtù” possa essere accettato nel sistema del voto rappresentativo.
Sicuramente non può esserlo da chi riveste ruoli pubblici istituzionali ed è chiamato a giudicare (magari penalmente) le altrui condotte.
Bene, anzi, male.
Dato che ancora attendiamo di conoscere chi fosse questo eletto che la mattina indossava la toga e la sera se ne spogliava per vestire – astutamente – i panni di una volpe a due code…
Lorenzo Matassa
P.S. Spero solo, da convinto animalista, che le code di volpe fossero di materiale sintetico…