Ne ha dato notizia il giornalista Luca Fazzo nell’articolo pubblicato dal Giornale, dal titolo “ «Quel porco di Creazzo» Adesso il Csm indaga sul #Metoo dei giudici”, narrando delle presunte avances di Giuseppe Creazzo, procuratore della Repubblica a Firenze, nei confronti della pm di Palermo Alessia Sinatra.
Due magistrati di spicco di Unicost, la stessa corrente di Luca Palamara.
Della chat tra Palamara e Alessia Sinatra ne avevamo scritto subito dopo che il giornale “La Verità”, nell’articolo dal titolo “Online le chat delle ‘signore’ dell’Antimafia”, ne aveva pubblicato alcuni stralci.
Quello che saltava immediatamente agli occhi, gli insulti indirizzati dalla Sinatra al procuratore di Firenze. Un “porco” ripetuto troppe volte perché potesse essere ricondotto a semplici questioni di natura professionale. Quando una donna dà del porco a un uomo, il più delle volte è riferito all’attribuzione di una condotta volgare, rozza, e spesso relativa ad aspetti di natura sessuale.
Infatti, anche il questo caso, la molla che fa scattare la sequela degli insulti è sempre la stessa: il sesso!
La chat tra la Sinatra e Palamara finisce alla Procura generale della Cassazione perché valuti le espressioni violente usate contro Creazzo. All’origine degli insulti pare vi sia un incontro in ascensore avvenuto cinque anni fa in un albergo di Roma, quando Creazzo avrebbe fatto delle avance alla Sinatra manifestando un trasporto inammissibile verso la collega.
La Sinatra, dinanzi la Procura generale della Cassazione che l’ha interrogata, conferma tutto. Il fascicolo approda dunque alla Prima commissione del Csm, che ha il compito di valutare la compatibilità dei magistrati con la funzione che ricoprono o il territorio in cui operano. Secondo quanto riportato nell’articolo di Luca Fazzo, il fascicolo contiene il provvedimento di archiviazione di un procedimento penale aperto a carico di Creazzo.
“Perché il fascicolo a carico di Creazzo viene archiviato?” – si chiede il giornalista, che avanza due ipotesi: “o l’accusa si è rivelata inconsistente, o la presunta vittima ha scelto di non sporgere querela. Ma l’archiviazione dell’indagine penale non chiude la pratica davanti al Csm. Perché, querela o non querela, se i fatti sono avvenuti non si può fare finta di niente”.
Pare comunque che la Sinatra non abbia a suo tempo sporto alcuna querela e che l’episodio dell’ascensore venga fuori soltanto a seguito della chat con Palamara. Una scelta inaspettata da parte della magistrato che si è sempre battuta in difesa delle fasce più deboli, in contrapposizione a quella della giudice del Tribunale di Roma, Paola Di Nicola, che ha anche scritto un libro con il quale denuncia le pratiche sessiste e il linguaggio adoperato nel mondo della magistratura.
Creazzo, com’è ovvio, nega ogni addebito, ma sarebbero state sufficienti le dichiarazioni rese dalla Sinatra ai sostituti procuratori generali della Cassazione perché il fascicolo venisse inviato al Csm?
Le chat tra la Sinatra e Palamara rivelano anche l’insistenza della prima perché Creazzo non venisse votato come procuratore di Roma. Ed è proprio la nomina del procuratore di Roma il nocciolo della questione. Non v’è dubbio infatti che la fuga di notizie delle indagini della Procura di Perugia sul Palamaragate fu provvidenziale per bloccare la nomina di Marcello Viola, procuratore generale di Firenze, che il 23 maggio 2019 aveva ottenuto dalla V Commissione del Csm quattro voti favorevoli per la nomina a capo della procura capitolina, contro un voto favorevole per Francesco Lo Voi e uno per Giuseppe Creazzo, nonostante a carico di Viola non emergesse nulla di rilevante e lo stesso sarebbe stato parte lesa dei giochi che venivano messi in atto per nominare il successore dell’uscente Giuseppe Pignatone.
A far avviare una nuova inchiesta da parte della Procura di Firenze (competente per le indagini sui magistrati di Perugia), in merito alla fuga di notizie che permisero a Repubblica e Corriere di fare lo scoop che il 29 maggio rivelò le trame per la nomina del nuovo procuratore di Roma, è stato lo stesso Palamara il quale due mesi fa ha presentato un esposto, visto che quanto pubblicato dai due giornali rientrava tra le notizie coperte dal segreto istruttorio.
Chi girò le notizie alla stampa? Ha un bel da dire il Procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, che ha chiesto al Csm di aprire una “pratica a tutela” dei magistrati della sua città, visto che quelle notizie coperte da segreto istruttorio potevano essere in possesso soltanto dei magistrati inquirenti e della Guardia di Finanza che indagava sul caso.
A raccontare come l’iniziativa di Cantone si riferiva all’attività del Riformista, è il suo direttore, Piero Sansonetti, che con un video editoriale ha spiegato come gli articoli del giornalista Paolo Comi abbiano alcuni aspetti di ciò che non funziona nel Palamaragate: i Whatsapp arrivati al Csm con un anno di ritardo, dopo che erano state fatte molte nomine e questi nomi non sono arrivati al Csm; gli sms che non sono stati scaricati nel fascicolo (aspetto del quale non ha notizia neppure Palamara); la scoperta che il trojan nel cellulare di Palamara che funzionava tutte le sere dalle 19 in poi, una sola sera non ha funzionato quando Palamara è stato a cena con Pignatone e altri magistrati importanti per discutere della nomina a nuovo procuratore di Roma.
“Da chi fu spento e come? – chiede Sansonetti – Noi abbiamo detto da chi fu spento e come fu spento e provato che fu spento intenzionalmente intralciando le indagini”.
La “pratica a tutela” dei magistrati può imbavagliare la stampa? E ammesso che possa farlo con la stampa, potrà ottenere lo stesso risultato con l’inchiesta avviata dalla Procura di Firenze volta a far chiarezza su quella fuga di notizie che mutò l’esito della nomina del procuratore di Roma?
Oltre a Viola, a concorrere alla nomina della procura capitolina erano lo stesso Creazzo e il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi. Tanto Viola, quanto Creazzo e Lo Voi, hanno presentato ricorso verso la nomina di Michele Prestipino. Pertanto Creazzo dovrà astenersi da questa nuova indagine della Procura di Firenze che potrebbe portare a sviluppi clamorosi che possano spiegare quella fuga ad orologeria di notizie che non erano neppure pervenute ancora al Csm, e che dunque sarebbero da attribuire a magistrati dalla procura di Perugia, o agli investigatori della Guardia di Finanza.
Tutto il nocciolo della questione, dunque, da qualsiasi parte la si guardi, è da ricercare in quella nomina a capo della Procura di Roma, al cui vertice il nome di Marcello Viola era evidentemente poco gradito. Infatti, Pignatone, dopo essere andato in pensione, secondo Palamara avrebbe voluto come suo successore Francesco Lo Voi, il cui posto a Palermo avrebbe dovuto prenderlo Michele Prestipino.
Poi le cose andarono diversamente e Viola rischiò di diventare procuratore di Roma. Solo i provvidenziali scoop di Repubblica e Corriere riuscirono a impedire che Viola venisse confermato nel ruolo che il 23 maggio 2019 aveva ottenuto dalla V Commissione del Csm, consegnando a Michele Prestipino la poltrona capitolina e lasciando Lo Voi a Palermo. Poco male per Pignatone, visto che l’uno o l’altro rappresentavano la continuità al suo regno.
Delle simpatie di Pignatone, in ogni caso, lo sapevamo già dalle intercettazioni effettuate a carico di Palamara, quando questi avrebbe lasciato intendere che tra i segreti che custodiva c’era la nomina a procuratore di Palermo e l’interessamento di Pignatone affinchè fosse nominato Francesco Lo Voi. Infatti, nel corso dell’intercettazione del 18 maggio 2019, quando l’ex membro del Csm Luigi Spina chiede a Palamara se Pignatone fosse ricattabile (strani colloqui e domande tra magistrati che dovrebbero amministrare giustizia), Palamara risponde: “Andiamo avanti a un’altra storia… Lo Voi lo fa Pignatone… il ricorso di Lo Forte c’è pure Pignatone in mezzo… vabbè è meglio che non ti racconto…”.
Coperte le due capitali italiane della giustizia (Roma e Palermo) una delle poche spine nel fianco di chi ha tratto insegnamento dal “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa (Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi) resta Caltanissetta. Eh sì, perché Caltanissetta ha un ruolo fondamentale nello scacchiere giudiziario, e non soltanto siciliano, visto che proprio Caltanissetta è competente per le indagini sui magistrati di Palermo.
C’è da giurarci che il prossimo scontro sarà quello per la sede nissena, centro di importati inchieste su questioni di malaffare (es. caso Saguto) ma anche di mafia. Perché se è pur vero che è Palermo a detenere lo scettro dell’antimafia per eccellenza, è altrettanto vero che le indagini che coinvolgono i magistrati nelle stragi di mafia nel palermitano, sono competenza di Caltanissetta.
Sarebbe dunque poco opportuno che a Caltanissetta si insediasse un magistrato proveniente da Palermo, ma tant’è, e considerato quanto finora emerso dal Palamaregate, non ci sarebbe affatto da meravigliarsi se le ragioni di opportunità dovessero passare in secondo – se non in terzo – piano, rispetto al posizionamento di pedine e dame in una scacchiera che al classico bianco e nero ha aggiunto le invisibili cinquanta sfumature di grigio.
E se mi permettete una piccola disgressione, dinanzi lo specchio anch’io mi dico: «Eh caro! Chi è il pazzo di noi due? Eh lo so: io dico TU! e tu col dito indichi me. Va là che, a tu per tu, ci conosciamo bene noi due. Il guaio è che, come ti vedo io, gli altri non ti vedono… Tu per gli altri diventi un fantasma! Eppure, vedi questi pazzi? Senza badare al fantasma che portano con sé, in sé stessi, vanno correndo, pieni di curiosità, dietro il fantasma altrui! e credono che sia una cosa diversa.»
Così è (se vi pare)! Tratto dalla novella “La signora Frola e il signor Ponza, suo genero” di Luigi Pirandello.
Gain J. Morici
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