I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Vicenza hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il locale Tribunale per l’importo di oltre 4,2 milioni di euro, in relazione al reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte sul conto di due amministratori di una società vicentina, avente una cospicua parte della clientela rappresentata, tramite appalti, da Enti pubblici o da società riconducibili al settore pubblico, e per l’ulteriore cifra di oltre 1,7 milioni di euro in capo a tre amministratori della stessa impresa, due dei quali già attinti dalla precedente misura, in relazione al delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale.
L’operazione di polizia economico-finanziaria trae origine dalla metodologia operativa “Dimenticatoio”, basata sull’utilizzo dell’informatica operativa per l’individuazione degli indici di rischio economico-finanziario e finalizzata al contrasto del fenomeno rilevato, in numerosi casi di frode fiscale, per il quale gli amministratori e/o titolari di quote di società con rilevanti debiti tributari provvedono a cedere le proprie quote a soggetti “nullatenenti”, a far nominare una “testa di legno” quale nuovo amministratore e, soprattutto, a trasferire la propria sede legale dalla provincia berica in un’altra, spesso in una grande città metropolitana, al fine di evitare o attenuare il rischio in capo agli ideatori della frode, ossia i reali beneficiari del profitto illecito da evasione fiscale, di incorrere in controlli erariali.
In particolare, le indagini in materia fallimentare svolte dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, coordinati dalla Procura della Repubblica di Vicenza, avevano portato a rilevare che l’attivo patrimoniale della predetta azienda, nel corso del 2014, era stato fraudolentemente trasferito ad un’altra impresa, riconducibile ai primi due amministratori citati, mediante una strumentale operazione di scissione societaria avvenuta in pieno stato di dissesto della società – all’epoca già indebitata verso l’Erario per oltre 6 milioni di euro e successivamente dichiarata fallita nel 2016 – così svuotandola delle risorse necessarie per rientrare dall’ingente debito verso l’Amministrazione finanziaria, individuabili nel valore dell’attivo societario illecitamente trasferito di oltre 4,2 milioni di euro.
Nel contempo, dalle investigazioni è emersa la responsabilità dei due predetti amministratori, unitamente ad un terzo, per la distrazione di liquidità, pari al citato importo di oltre 1,7 milioni di euro, nel periodo antecedente al fallimento, in danno del ceto creditorio. Nel caso di specie, l’operazione di scissione si è rivelata volutamente depauperatoria ed idonea ad ostacolare l’attività di riscossione coattiva da parte del Fisco, nonché di tutti gli altri creditori sociali i quali, nell’intento di recuperare le somme dovute, si trovano a dover ricercare i beni trasferiti e la società beneficiaria degli stessi, con il rischio di lungaggini ed eventualità della prescrizione del debito, tenendo presente che la nuova “good company” indagata ha poi cambiato numerose sedi e denominazioni.
L’intento distrattivo e fraudolento dell’intera operazione di scissione appare, altresì, esser avvalorato dal fatto che, dall’anno 2012 la società esposta con l’Erario ha trasferito più volte la propria sede legale tra le province di Vicenza, Roma e Cosenza, al fine di sfuggire ai controlli fiscali essendo più facile farlo in città metropolitane ove si contano molte più “partite IVA” rispetto a quelle operanti in territori di provincia. La ricostruzione investigativa effettuata, condivisa dal G.I.P. presso il locale Tribunale, ha portato all’emissione dei menzionati provvedimenti magistratuali, in esecuzione dei quali i militari hanno sottoposto a sequestro, nel complesso, disponibilità finanziarie e quote societarie nei confronti di T.M., 52enne di Roma, D.V.M., 47enne di San Giovanni in Persiceto (BO) e G.M., 60enne di Roma, amministratori della fallita, per un totale di oltre 117.000 euro, nonché beni immobili in capo al predetto T.M., costituiti da un’abitazione ed una pertinenza ubicati a Villaga (VI), per un valore di circa 290.000 euro.
Tali immobili erano stati simulatamente alienati, nel 2013, in favore del coniuge con lo scopo di evitare l’apprensione patrimoniale degli stessi da parte dell’Amministrazione finanziaria; tuttavia, le investigazioni ne hanno dimostrato la piena riconducibilità all’indagato. L’operazione di polizia economico-finanziaria del Corpo svolta si inquadra nella costante azione di contrasto alle diverse forme di criminalità economica ed è stata sviluppata trasversalmente, facendo leva sulle peculiari funzioni di polizia giudiziaria, tributaria e valutaria, nella prospettiva di assicurare all’Erario ed ai creditori, attraverso il sequestro preventivo eseguito, il soddisfacimento delle legittime pretese creditorie.