Come previsto, gli effetti economici della pandemia si stanno facendo sentire pesantemente.
A pagarne il prezzo più alto sono sopratutto quelle categorie di lavoratori che già prima della crisi vivevano una condizione di difficoltà e incertezza che si aggiunge a decenni di riforme fatta sulla loro pelle.
Il decreto “Cura Italia”
Per arginare la situazione, il 17 marzo è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il DL “Cura Italia”, dopo che l’UE ha avallato il Governo Conte la possibilità di fare interventi di spesa pubblica straordinaria non prevista nel DEF (Documento di Economia e Finanza).
Purtroppo questo decreto non può garantire aiuti se non ad una parte di categorie di lavoratori, lasciando a bocca asciutta milioni di precari appartenenti alle categorie contrattuali più disparate che necessitano di tutele economiche.
Una cifra insufficiente
La cifra, come ha puntualizzato anche il Presidente del Consiglio Conte, è “insufficiente”.
Poche ore fa il Senato ha votato la fiducia al decreto stanziando 25 miliardi per far fronte all’emergenza, con 142 si, 99 no, 4 astenuti.
Per quanto riguarda gli aspetti lavorativi, prevede la cassa integrazione per i dipendenti e 600 euro per gli autonomi, co-co-co, lavoratori stagionali e quelli del turismo.
Sempre per tutelare chi si trova in crisi, è confermata la sospensione del pagamento di tasse e rate dei mutui, il rinvio del pagamento della RC auto, la sospensione degli sfratti e delle procedure di pignoramento della casa.
Come detto, all’interno del variegato mondo di lavoratori, non c’è spazio per gli “invisibili”, ovvero quelle categorie che lavorano in situazioni di precarietà e sfruttamento.
Non solo, questo provvedimento lascia fuori gran parte dei lavoratori agricoli e lavoratori domestici.
Per i lavoratori normati dunque si prevedono cassa integrazione e fondi integrativi; per i precari, le partite IVA e i parasubordinati non ci saranno coperture, tranne qualche briciola. Chi non lavora non ha alcun reddito.
Un premio ridicolo
Per i dipendenti che invece si recheranno nel luogo di lavoro (con reddito inferiore a 40.000 euro) il “Cura Italia” ha previsto un “premio” di 100 euro “da rapportare al numero di giorni di lavoro svolti nella propria sede di lavoro nel predetto mese”, ossia marzo. Ovvero, meno di 5 euro al giorno per andare a lavorare mettendo a repentaglio la propria salute.
Merita attenzione una categoria preziosa, esclusa dal decreto, quella delle educatrici di asilo nido e degli insegnanti con contratti a chiamata giornaliera.
A seguire ne riportiamo l’appello.
Oggetto : emergenza sanitaria covid 19, decreto cura italia.
“A causa dell’emergenza coronavirus sono molti i lavoratori rimasti senza stipendio, come le educatrici di asilo nido e le insegnanti della scuola dell’ infanzia di Roma Capitale con contratti a chiamata giornalieri.
In seguito all’entrata in vigore del decreto “CURA ITALIA” molte figure professionali (come appunto educatrici e insegnanti), sono rimaste escluse da ogni tipo di sostegno economico; l’ unica prospettiva possibile è quella della richiesta del SUSSIDIO DI DISOCCUPAZIONE NASPI. Purtroppo, in seguito alla chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, siamo rimaste a casa senza lavoro nel periodo più florido che ci permetteva di accumulare giorni lavorati i quali sarebbero serviti ad accedere alla NASPI durante la chiusura estiva delle scuole. Ma purtroppo non tutte sono riuscite ad accumulare i giorni necessari per poterla richiedere, rimanendo pertanto escluse da ogni tipo di sostegno a proprio favore.
Noi che ogni giorno aiutiamo a coprire le assenze e vi sosteniamo costantemente con il nostro lavoro per offrire un servizio di qualità all’utenza, a nostra volta ci piacerebbe essere sostenute in questo momento cosi difficile e delicato per tutti noi, chiedendo un intervento specifico per la nostra categoria attraverso un provvedimento economico mirato a sostegno del reddito.
Le educatrici e le insegnanti supplenti di ROMA CAPITALE.“