Andrà in onda domani, domenica 22 dicembre, il terzo servizio de “Le Iene” che mira a ricostruire il cosiddetto “cerchio magico” che secondo la Procura di Caltanissetta gravitava intorno a Silvana Saguto, ex presidente della Sezione Misure di Prevenzione del tribunale di Palermo.
La puntata andata in onda l’8 dicembre, ha offerto un quadro all’armante e desolante, a prescindere dall’esito processuale, di come la giustizia, più che amministrata, sia stata gestita da un “sistema” (così lo ha definito la Saguto) che non può che generare sconcerto e paura.
Quanto emerso dal servizio televisivo, aveva indotto Pietro Cavallotti, la cui famiglia di imprenditori si vide confiscati i beni (nonostante fossero stati assolti) a seguito di un’accusa di mafia, a scrivere un post sul suo profilo Facebook rivolgendosi direttamente all’ex magistrato.
Ma quanti sono i Cavallotti in Italia? È ancora una volta Pietro che, con un ulteriore post sulla sua pagina, ci racconta l’ennesima storia di “beni confiscati a persone assolte”:
“L’altra sera mi fermo per fare benzina – scrive Pietro Cavallotti – Il distributore era in posizione strategica anche se si vedeva che era tenuto male. Scendo dalla macchina e mi avvicino ad un benzinaio infreddolito e avvolto nella penombra. Teneva lo scaldacollo fin sopra il mento e il cappellino fin sopra gli occhi.
Gli chiedo se posso usare la scheda carburante. L’app che avevo scaricato sullo smartphone mi diceva che in quel distributore la carta si poteva usare.
A questo punto, imbarazzato mi risponde: “no! Non funziona. Siamo in amministrazione giudiziaria!”, lasciando intendere che è del tutto normale che nelle aziende confiscate non funzioni niente. Allora, facendo finta di non sapere, gli rispondo: “Congratulazioni, finalmente avete qualcuno che rispetta i vostri diritti. Lavorate per lo Stato e non potete fallire”.
Per evitare che si lanciasse contro di me, mi levo il cappuccio e mi faccio riconoscere. “Ti ho visto a Le Iene” esclama. Mi stringe la mano con entrambe le mani, quasi a voler rafforzare il senso di stima e di solidarietà e, come un fiume in piena, mi comincia a raccontare tutte le peripezie e gli abusi subiti durante l’amministrazione giudiziaria, nella speranza di un conforto o di una soluzione a dei problemi difficili.
Mi ricorda che prima del sequestro la macchine facevano la fila per fare rifornimento mentre adesso è tutto in decadimento. Lavora 11 ore al giorno ma viene pagato come se lavorasse la metà, percependo poche centinaia di euro con una moglie e dei bambini da sfamare. L’amministrazione giudiziaria preferisce il self service, ma il benzinaio tutti i pomeriggi, anche se non viene pagato, va sul posto di lavoro perché sa che, se l’attività dovesse chiudere, perderebbe anche quei pochi spiccioli. D’altronde, l’amministratore giudiziario gli aveva detto che, se non gli andava bene così, se ne poteva andare. Certo, in una città così ricca di opportunità come Palermo perdere il posto di lavoro non è un dramma, soprattutto per chi ha una famiglia da mantenere.
Mi racconta che l’amministratore giudiziario è diventato uno dei più ricchi di Palermo, prende incarichi ovunque, nonostante i pessimi risultati ottenuti.
Molti minuti dopo, lo esorto a non mollare, riprendo possesso della mia mano e me ne vado.
La morale della favola è che ho fatto rifornimento in un distributore che si trovava cento metri più avanti, preferendo la concorrenza non perché l’altro distributore era in mano allo Stato (la “legalità”!), ma perché semplicemente offriva il servizio.
Ogni giorno padri di famiglia vengono mortificati, mentre altri professionisti si arricchiscono sulle spalle e con il sangue dei lavoratori, senza dovere dare conto a nessuno, se non al giudice che lo ha nominato e di cui si fida ciecamente. Si fanno fallire le aziende per incapacità, incuria e disinteresse. E, chiusa un’azienda, se ne sequestra un’altra.
Perdiamo tutti, tranne alcuni colletti bianchi.
P.S. la persona a cui avevano confiscato la pompa era stata assolta in sede penale dall’accusa di mafia. Ma questa è un’altra storia. La stampa continua a parlare di confische alla “mafia”. Farebbe un altro effetto parlare di ‘beni confiscati a persone assolte’.
Quale mafia stiamo combattendo?”
Da parte nostra, nessun commento. Anche se qualche domanda non possiamo fare a meno di porla: Il cosiddetto “cerchio magico” della Saguto, è lo stesso dei nomi riportati nella sua agenda in cui ha dichiarato che metteva i biglietti con i quali gli venivano segnalati – anche da parte di colleghi magistrati – gli amministratori giudiziari da nominare?
Conosceremo mai nomi, ruoli e richieste?
Una giustizia a due binari: da una parte l’ex magistrato Saguto che dice a “Le Iene” che dovrebbero chiedere scusa nel caso in cui venisse assolta, dall’altra quella di chi, seppure assolto, ha subito la confisca dei beni senza che nessuno sentisse neppure il dovere di scusarsi…
Gian J. Morici