Se vivesse ai nostri giorni lo scrittore francese Achille Tournier, avrebbe modo di rendersi conto di quanta verità e, al contempo, quanto torto era contenuto nella frase “Che grande uomo politico sarebbe stato Giuda!” riportata nel suo “Autumn Thoughts” di quel lontano 1888.
Andiamo con ordine, seppur inverso, partendo dal torto. Se c’è un traditore (e ce n’è più di uno) nell’offensiva turca contro le milizie curde nel Nord-Est della Siria, questi è il presidente americano Donald Trump. Un doppio traditore, visto che oltre a tradire i curdi, alleati nella lotta all’Isis, ritirando le forze americane dal confine turco-siriano oltre a tradire l’alleato che ha combattuto sul terreno, più di ogni altro, ha tradito gli stessi Stati Uniti, lasciando alla Russia il controllo totale della regione, costringendo i curdi a un’alleanza con il presidente siriano Assad e creando un clima di sfiducia verso gli U.S.A. che va ben oltre il risentimento del popolo curdo per il tradimento subito. Questo non fa del moderno Giuda il grande uomo politico di cui scriveva Achille Tournier, tutt’altro.
Tralasciando le mezze figure – o figuri – dei politici europei, anch’essi traditori ma indegni persino di baciare i piedi dell’Iscariota, dobbiamo soffermarci su un’altra figura, quella che conferma la visione di Tournier sul grande uomo politico: Vladimir Putin!
Anche a Putin si può imputare il doppio tradimento, sia quello dei curdi che quello dei siriani, e forse triplo, quando arriverà il momento opportuno e tirerà il guinzaglio a Erdogan.
Vladimir Putin, pronto ad allarmare l’Europa sul pericolo di terroristi che fuggiti dalle prigioni curde potrebbero approdare nel nostro continente, era stato avvertito telefonicamente da Erdogan dell’inizio dell’operazione. Mosca ha una grande influenza sulla Turchia che dipende per il 60% del suo fabbisogno dal gas russo, che ha acquistato – unico paese NATO a farlo – dai russi il proprio sistema missilistico di difesa antiaerea S-400, che vedrà la nascita della sua prima centrale nucleare realizzata da un’azienda russa (Rosatom) con un finanziamento di 400 milioni di dollari da parte di una banca russa (Sberbank). Il Cremlino, dunque, se solo avesse voluto, aveva più di uno strumento per ricondurre il presidente turco a più miti consigli, come del resto aveva già fatto quando in pieno conflitto siriano, dopo l’abbattimento di un proprio caccia da parte dei turchi, strinse gli attributi a Erdogan utilizzando come arma di ricatto il gas e il completamento del gasdotto Turkish Stream.
Mentre il mondo si delizia delle minacce di Trump di distruggere l’economia turca dinanzi un’offensiva contro i curdi e il Consiglio dell’UE invita la Turchia a porre fine alle ostilità unilaterali, che minacciano la lotta contro lo Stato islamico, Putin porta avanti quella strategia che fa di lui sì un traditore ma anche un grande uomo politico.
Ai curdi, che con il patrocinio americano speravano di ottenere uno spazio autonomo all’interno della Siria, non è rimasta altra soluzione che un’alleanza con Assad a condizioni meno favorevoli e più incerte di quelle proposte in passato dal presidente siriano.
Un’occasione per Mosca, per far pagare al popolo curdo la propria avversione al regime di Bashar al-Assad e il loro ruolo favorevole all’influenza americana nella regione, ignorando in passato i negoziati con Mosca.
La possibile opzione russa dell’interruzione dei rapporti con la Turchia, in favore dei curdi, ex alleati degli Stati Uniti, strategicamente non conviene al Cremlino, che con un colpo solo si libera della presenza americana nella regione e si apre le porte a un’azione militare contro un’opposizione siriana armata filo-occidentale, vicina alle posizioni di Ankara, che ha la sua roccaforte a Idlib, nelle vicinanze della base aerea russa.
In questa prospettiva, Putin metterebbe a segno un altro punto, togliendo dal fianco di Assad la spina che gli duole, e mettendo Erdogan nella condizioni di non poter far altro che lamentare un attacco militare in uno stato sovrano, dopo che le sue truppe si sono macchiate dello stesso crimine.
Potranno solo blaterare parole di condanna – così come oggi fanno l’Europa, gli Stati Uniti e la Russia nei confronti della Turchia – lasciando che la popolazione civile continui a essere vittima di ulteriori bombardamenti.
Di fatto Mosca sta offrendo i cittadini siriani (anche i curdi lo sono) al tritacarne di Erdogan, in attesa che quest’ultimo s’impantani nella regione, aprendo lo spazio all’offensiva russa su Idlib. E Damasco? Un altro tradimento, visto che i siriani vorrebbero la liberazione del loro paese da parte di tutte le truppe straniere ma che in questo momento si vedono costretti a fronteggiare le forze turche e domani la presenza russa. Erdogan, sarà la chiusura del cerchio, quando il Cremlino, ottenuti i risultati sperati, pur mantenendo un buon rapporto con la Turchia, tirerà il guinzaglio.
Putin, Giuda? Come scrisse Tournier, “grande uomo politico!”
E gli americani? Il loro Giuda, cercherà di salvare la faccia facendo la voce grossa, condannando ciò che lui stesso ha consentito ledendo l’immagine di un paese e i rapporti di fiducia da parte delle altre nazioni. Senza dimenticare il costo delle migliaia di vite umane e la restituzione di migliaia di terroristi alle milizie jihadiste. No, Trump non è il grande uomo politico, giuda sì, ma un giuda piccino,minuscolo, che perde anche i suoi trenta denari.
Gian J. Morici