“Il pazzo è un sognatore sveglio”. Questa frase, attribuita a Sigmund Freud, non ci dice però che genere di sogni sia in grado di partorire la mente del presidente americano Donald Trump. Né, tantomeno in che misura i suoi sogni non rappresentino l’incubo di buona parte dell’umanità.
Per definirlo un folle – non un sognatore sveglio – e sottoporlo, come un qualsiasi altro normale cittadino di una nazione civile, a trattamento sanitario obbligatorio, sarebbe sufficiente un’analisi del tweet postato dopo aver dichiarato l’allontanamento delle truppe americane dal confine turco-siriano.
“Come ho affermato con forza precedentemente, e adesso lo ripeto, se la Turchia farà qualcosa che, nella mia grande e impareggiabile saggezza, ritengo superi i limiti, distruggerò totalmente e annienterò l’economia della Turchia”.
Quale uomo sano di mente avrebbe scritto di sé stesso facendo riferimento alla propria grande e impareggiabile saggezza? Parole che rassegnano un delirio di onnipotenza e una carica narcisistica patologica che – se presente nell’uomo comune suscita reazioni diverse, che vanno dall’ilarità irrefrenabile all’allontanamento del soggetto – pronunciate da un presidente degli Stati Unititi, non possono non fare paura per le conseguenze che scelte folli potrebbero avere, non soltanto per il popolo che governa.
Trump, sempre più vicino a un processo di impeachment a seguito del Russiagate (lo scandalo delle interferenze russe nelle elezioni presidenziali americane del 2016) sembra aver perso anche il minimo barlume della ragione. Impegnato nella caccia a presunte spie, di assai presunti complotti che vedrebbero anche l’Italia coinvolta nell’operazione mirata a screditare (se mai ce ne fosse bisogno con un presidente de(l)genere) la sua persona di “grande e impareggiabile saggezza”, ha deciso di ritirare le truppe statunitensi dal nord della Siria, lasciando spazio alla Turchia per invadere il territorio siriano controllato dai curdi e regolare i conti in sospeso con i combattenti curdi insorti, che ha sempre considerato terroristi.
Una scelta che oltre a confermare il declino della potenza americana in Medio Oriente e nel mondo, mette a rischio non soltanto la popolazione di quell’aerea, ma anche la sicurezza dei paesi occidentali. Lasciare alla Turchia la responsabilità sul destino dei jihadisti dello Stato Islamico catturati ed attualmente detenuti dalle forze di difesa siriane a guida curda (un totale di 12000 uomini) potrebbe significare il rilascio di migliaia di estremisti che andrebbero nuovamente ad ingrossare le fila del terrorismo islamico.
Senza considerare, come riportato da Repubblica, che tra le stesse milizie mobilitate da Erdogan contro i curdi, hanno trovato spazio anche fuoriusciti di Al Qaeda.
La follia di Trump nel dare il benservito ai curdi – sostenendo che “hanno combattuto con noi, ma sono stati pagati enormi quantità di denaro e attrezzature per farlo” e che per gli Stati Uniti è giunto il momento “di uscire da queste ridicole guerre senza fine, molte delle quali tribali, e portare i nostri soldati a casa” – lasciando a Turchia, Europa, Siria, Iran, Iraq, Russia e curdi l’onere di affrontare la situazione e che è ora responsabilità della Turchia occuparsi dei prigionieri dell’ISIS, rappresenta una minaccia per tutti.
Secondo il presidente turco Erdogan, il suo paese provvederebbe alla costruzione di villaggi e città (oltre 200.000 alloggi abitativi) in un’aerea che estenderebbe la sovranità turca oltre i confini internazionali riconosciuti nel 1923.
Un piano che altererebbe l’equilibrio demografico allontanando dalla regioni i curdi per sostituirli con rifugiati siriani alleati del governo turco.
Mentre la leadership curda tratta con Damasco per garantirsi uno spazio di autonomia nella Siria nordorientale, la decisione di Trump, nel creare un enorme vuoto di potere in Siria, lascia ampio spazio agli interessi nella regione da parte della Russia, della Turchia e dell’Iran, palesando il declino socio-economico e della politica estera di quella che già da oggi forse non è più la prima potenza militare ed economica al mondo. A far le spese della politica di Trump, saranno le popolazioni curde, arabe, assire, turkmene, armene, yazide e circasse che vivono nella regione.
L’erroneo convincimento che l’Isis sia stato sconfitto – mentre in realtà ha solo modificato i propri assetti espandendo le proprie basi in Afghanistan e tornando a prendere il controllo di alcune aree dell’Africa occidentale, grazie ai legami con formazioni paramilitari di jihadisti locali – ha spinto il governo degli Stati Uniti ad alleggerire la propria presenza in Siria, con la conseguenza di lasciare altro spazio ai terroristi islamici che non aspettavano occasione migliore.
Se non si trattasse di Donald Trump, potrebbe sorgerci il dubbio di una manovra per venir fuori dal rapporto con la Turchia che dai tempi della guerra fredda è stato il bastione statunitense in Medio Oriente, mentre oggi rappresenta un alleato di Putin, geo-politicamente molto più importante di tanti altri stati alleati della NATO, lasciando ai russi il farsi carico dei problemi della regione e il farsi carico delle necessità, anche militari, di Erdogan. Ma si tratta di Trump…
L’America di oggi, governata da un presidente come Trump, non è più in grado di recuperare economicamente e politicamente i danni causati dalle guerre che l’hanno vista impegnata nei decenni successivi alla disfatta dell’Unione Sovietica, né di poter affrontare il confronto con la crescita di nuove potenze come la Cina e l’India, che economicamente rappresentano la più grande incognita nel futuro degli Stati Uniti.
Gian J. Morici
Matto da legare.