Renzi ha annunziato ciò che oramai da tempo veniva dato per probabile e poi per certo: se ne va dal P.D.
Conte, ricevuta la telefonata d’addio, si è detto allibito. Ed è naturale che lo sia.
La “manovra” dell’ex premier (quello del tentativo di rifilarci la più ridicola Costituzione. Non dimentichiamolo mai.) si andava profilando già da qualche tempo. E così pure una “nuova alleanza” del P.D. con i Cinquestelle.
Ma non si può dire che si tratti di una scissione determinata dallo sdegno per l’alleanza con i seguaci del Buffone.
Del resto ad uscire dai “si dice” e dalle chiacchiere Renzi ha voluto farlo solo a governo del tutto completato.
Si scinde, ma non si spiega.
Se questo sia il primo passo verso la formazione di un nuovo partito non lo si può giurare, ma sembra proprio certo. Del resto, Renzi ha avuto per la testa sin da quando era lui il premier far del P.D. “il partito della Nazione”.
La batosta secca rimediata con il referendum sulla malaugurata riforma costituzionale ha fortunatamente smorzato le ambizioni del giovanotto toscano. Disse che si sarebbe ritirato dalla politica. Col cavolo! Ce lo abbiamo e ce lo avremo tra i piedi ancora per chi sa quanto tempo.
Non posso dire di sentire l’angoscia della mancanza di qualche più chiara spiegazione di cotanto armeggiare e del gesto, oggi compiuto da Renzi. Strano gesto per più versi e soprattutto, per il momento (a conclusione della crisi) da lui promosso.
Ne ho solo una certa curiosità.
E, fin da ora e per quel che ne posso sapere, non credo che ne potremo trarre qualcosa di meno che funesto per la già paurosa situazione politica del Paese.
Ai compagni che lascia, interdetti ma, credo, non troppo angustiati, l’augurio di vivere al meglio una occasione che almeno per loro mi sembra debba considerarsi positiva.
Mauro Mellini
17.09.2019