Saranno rimasti delusi quanti avrebbero voluto assistere alla condanna di Carola Rackete, la Capitana della Sea-Watch 3, accusata di resistenza e violenza a nave da guerra.
Dopo la richiesta da parte della Procura di una misura cautelare meno pesante degli arresti domiciliari, ovvero il divieto di dimora ad Agrigento, il Gip, Alessandra Vella, non ha convalidato l’arresto, derubricando il tutto al reato di resistenza a pubblico ufficiale, giustificato dalla scriminante dell’avere agito nell’adempimento di un dovere.
Il Gip ha ritenuto inoltre che la scelta di dirigere verso il porto di Lampedusa non sia stata strumentale in quanto i porti libici e tunisini non sarebbero porti sicuri.
La Libia è infatti un paese sconvolto da una guerra, dove i detenuti sono tenuti illegalmente in condizioni allucinanti e dove quanti vengono lì riportati rischierebbero la vita, mentre la Tunisia non è in grado di garantire il rispetto dei diritti umani dei migranti.
In molti avevano sostenuto, compreso il ministro Salvini, che la Capitana della nave avrebbe potuto dirigersi anche in Olanda, visto che per oltre due settimane era rimasta al largo di Lampedusa. Evidentemente, chi sosteneva questo, ha dimostrato di sconoscere completamente le leggi, visto che la convenzione di Amburgo del 1979, alla quale l’Italia ha aderito, oltre all’obbligo di soccorso in mare prevede che le persone recuperate debbano essere fatte sbarcare nel più vicino “porto sicuro”, che in questo caso, così come spesso accade, è rappresentato da quello di Lampedusa.
Purtroppo, in molti non sanno che i trattati internazionali hanno una valenza superiore alle leggi di un singolo Stato, che non possono essere in violazione di quelle internazionali. A volte non lo sanno neppure i ministri… Un capitolo a parte meriterebbe la cosiddetta “nave da guerra”, ma forse è il caso di stendere un velo e pregare che d’ora innanzi la nostra classe politica faccia valere le ragioni degli italiani – che certamente ne hanno tante – nelle sedi opportune, anziché disertare tutte le riunioni, salvo poi lamentare quello che accade.
Salvini annuncia di aver disposto un provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale per Carola Rackete, senza considerare, anche in questo caso, che per motivi di giustizia non si può negare a nessuno il diritto di partecipare alle udienze e di difendersi in tribunale. La Rackete è infatti ancora indagata per l’eventuale favoreggiamento all’immigrazione, tant’è che già l’autorità giudiziaria si era espressa negando il nullaosta.
Questo scontro, per ragioni politiche, che ha visto governo e opposizione guardare soltanto a piccoli interessi di bottega, non ha giovato a nessuno e avrebbe potuto seriamente mettere a rischio l’incolumità di tante persone, dai militari impegnati sulle motovedette agli stessi migranti.
Resta da sperare che, una volta capita la lezione, si vogliano evitare i teatrini dell’assurdo, le leggi promulgate a colpi di tweet e di selfie e che entrambi le “fazioni in lotta” comprendano che i problemi dell’Italia devono trovare soluzione grazie ad accordi bilaterali, alla partecipazione agli incontri europei e alla capacità e alla forza di far valere le proprie ragioni. Tutto il resto è noia… o tifoseria degna degli stadi di calcio, ma che non può appartenere al mondo politico di un paese serio…
Gian J. Morici
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