Strage in Marina. Arriva una sentenza storica per le vittime del dovere.
Il Tribunale di Roma condanna il Ministero della Difesa ed equipara le vittime a quelle del dovere, del terrorismo e della criminalità.
Come sempre, dietro a questi successi stratosferici, si cela la scaltrezza e la maestria di un grande professionista, l’Avv. Ezio Bonanni, Presidente Ona, che ai microfoni di Rai News, ha parlato della condizione delle vittime dell’amianto in Marina Militare.
In particolare, Bonanni si è soffermato sul riconoscimento ottenuto dai familiari di Antonello Serru, morto per mesotelioma pleurico sinistro a causa dell’esposizione professionale avvenuta mentre svolgeva il suo lavoro nella Marina Militare.
Dopo una battaglia durata ben 17 anni, che ha visto la vittoria grazie all’avvocato Ezio Bonanni, la vedova e l’orfana di Serru dovranno essere risarciti dalla Marina, fatto di per sé storico, non solo perché difficilmente si riescono ad ottenere siffatti riconoscimenti dai cosiddetti “poteri forti”, ma soprattutto poiché si tratta di un’ammissione di colpa senza precedenti, una vittoria ideologica di chi non intende calare le braghe davanti a niente e nessuno.
L’augurio è che che questa sentenza, pronunciata dal giudice del lavoro Ottavio Picozzi, funga da apripista e da monito per chi continua a trincerarsi dietro il negaziosmo più becero.
L’Avvocato Ezio Bonanni, legale dei famigliari di Serru Antonello ha tuonato “Assurdo dover ricorrere al giudice che un ostinato atteggiamento di chiusura costringa le vittime ad agire per il riconoscimento dei loro diritti, tanto più per le vittime dell’amianto in Marina Militare”.
Chi era Serru
L’Avvocato Bonanni spiega “Era militare di leva a partire dall’inizio del 1969 fino alla fine del 1970”, trascorsi in Marina Militare , “abbiamo scoperto che nella base di Luni, (Stazione marittima elicotteri di Sarzana-Luni, una delle tre basi aeree della Marina Militare n.d.r) dove ha prestato servizio, sia le strutture che gli elicotteri e altre istallazioni hanno determinato la sua esposizione a polveri e fibre di amianto, che a distanza poi di circa 30 anni nel 2001, ne hanno provocato una morte tra atroci dolori all’eta di 55 anni”.
“L’amianto fu utilizzato nelle istallazioni della Marina Militare anche a terra”-prosegue il Presidente ONA “era anche presente nelle stesse pale degli elicotteri, nei sistemi d’arma, ma anche nei sistemi che venivano utilizzati per pulire le armi e in ogni caso era così ubiquitariamente utilizzato da determinare una forte esposizione, tanto è vero che ci sono in Marina Militare 570 casi di mesotelioma censiti dal Renam (Registro Nazionale dei mesotermi)”.
Insomma una questione di soldi?
L’avvocato Bonanni spiega bene anche la questione del fondo per le vittime dell’amianto in Marina Militare “ il fondo già c’è, in base all’articolo 20 della legge 183 2010. Il problema è che l’amministrazione militare in più
occasioni rigetta le richieste di indennizzo e costringe le vedove e gli orfani ad una condizione paradossale di dover fare causa allo Stato”.
Occorre precisare che ciò accade solo perché lo vuole riconoscere solo in alcuni casi, “mentre ad altri, specie per i militari di leva, non lo riconosce” conclude il legale.
La figlia della vittima racconta
“Mio padre ha respirato amianto all’interno dei locali della marina militare – racconta la figlia della vittima -. Le navi, i macchinari e le stesse cuccette dove dormiva, erano in amianto. Mio padre era esposto all’amianto ventiquattrore ore su ventiquattro. Non esiste risarcimento che possa restituirmi il suo amore. L’amore non si compra e non si vende. Il danno ormai è stato fatto e mio padre non c’è più”.
La soddisfazione del Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto
Entusiasta il Presidente dell’Osservatorio nazionale Amianto e legale delle parti civili, Ezio Bonanni: “E’ una sentenza storica di un giudizio nel quale è stato accertato, come per altre migliaia di militari, che la vittima aveva svolto compiti operativi con esposizione a polveri e fibre di amianto in assenza totale di cautele, tra cui l’aspirazione delle polveri, o la dotazione di maschere protettive. Questa condanna arriva dopo l’inspiegabile assoluzione due giorni fa nel processo Marina bis “perché il fatto non sussiste”, di otto ammiragli della Marina Militare imputati a Padova in netto contrasto, tra l’altro, con gli ultimi arresti
giurisprudenziali della Suprema Corte di Cassazione che nel primo filone del processo contro i vertici della Marina Militare (che vede al suo centro i medesimi imputati), con la sentenza emessa dalla III sezione nel novembre 2018 ha annullato la sentenza assolutoria emessa dalla Corte d’Appello di Venezia” con rinvio per nuovo giudizio. C’è da chiedersi perché, alla luce delle continue vittorie in sede civile, le vittime siano ancora costrette a far causa allo Stato perché vengano riconosciuti i loro diritti. Continuiamo ad assistere ad un ostinato atteggiamento di chiusura dei vertici della Marina Militare”.
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