Stamane, sabato 12 gennaio ho avuto modo di ascoltare un dibattito in televisione, mi pare (l’avevo preso al volo) che fosse “La 7”, sulla “vexata quaestio” della linea Lione-Torino (SI’ TAV–NO TAV).
Non sono un esperto di problemi di trasporti internazionali, ma credo di non essere disinformato sul problema vero: quello della vera natura del partito NO TAV e dei 5 Stelle, che sembra legato a tutto ciò che sa di pregiudizi per illuministi.
A dibattere c’erano tutti i “NO TAV”, salvo Chiamparino, intervenuto solo nella una seconda parte della trasmissione.
Devo dire che il difetto delle proporzioni pro e contro non era solo numerico, anche se Chiamparino è stato capace di sfoderare alcune considerazioni tutt’altro che banali.
La confusione è ben presto (cioè all’apparire di Chiamparino) passata dall’opera in sé alla proposta di far decidere (chi?) con un referendum.
Dico subito che, ignorante come sono del problema di trasporti internazionali, sento però la capacità ed il dovere di affermare un principio più generale: la discussione sulla necessità di un’opera pubblica e sul criterio delle valutazioni costi-utilità, sono cose che vanno fatte prima di cominciare i lavori e non quando questi siano iniziati e sia iniziata a considerare quell’opera tale da sopperire a certe necessità e, pertanto, ad escluderne altre.
Questo voler rimettere ad un referendum tra i Piemontesi o, magari tra quelli che Salvini chiama(va) Padani, oppure tra tutti gli Italiani, a parte l’assurdità nel nostro secolo di decidere su infrastrutture essenziali con referendum e ciò ad opera già iniziata, è una balordaggine delle peggiori.
Pensate un po’. Se qualcuno oggi, in base ad un calcolo fatto da qualche ragioniere o anche da uno storico “materialista” dell’utilità-costi dell’Unità d’Italia, calcolo che concluda per un eccesso di costi rispetto ai benefici, dovessimo “sospendere” l’Unità del nostro Paese richiamando gli Austriaci, i Duchi e Granduchi, il Papa-Re, Ferdinando e Franceschiello etc. etc.
Del resto, guarda caso, nel calcolo suddetto commissionato ad alcuni suoi amici dal Ministro Toninelli, simbolo dell’intelligenza e della cultura di questo governo, mancava proprio il calcolo dei costi per le penali che lo Stato dovrebbe alle Imprese appaltatrici di punto in bianco invitate a sospendere i lavori, mandare a casa oltre un centinaio di operai ed andarsene con le pive nel sacco.
La storia della linea Lione-Torino (e più in generale della Tav subalpina) va avanti dal 1995 tra inaugurazione dei lavori, sospensione, ripresa.
Quando ero Deputato provai ad indurre alcuni colleghi, più esperti di me in materia, a proporre un censimento delle opere pubbliche rimaste sospese, per lo più per esaurimento dei finanziamenti. Trovai orecchie di mercanti.
Nel corso degli anni, del resto sono sopravvenute ulteriori ragioni che, più che di “utilità” dovrebbero definirsi di necessità. Le linee ferroviarie transalpine risalgono all’epoca di Cavour che ne aveva valutato con acume l’utilità (tra l’altro ad esse fu dovuta la vittoria sull’Austria nel 1859, consentendo un rapido accorrere dell’esercito francese di Napoleone III prima che l’Austria potesse schiacciare ed invadere il Piemonte). Ma quelle linee sono oramai obsolete. E pericolose (lo ha ricordato Chiamparino un po’ troppo di sfuggita) e tra una diecina d’anni al massimo dovranno essere chiuse. Addio trasporti su rotaia da e verso la Francia.
Non sono malato della cultura del sospetto. Ma non mi meraviglierei che a monte dell’assurdo movimento NO TAV si debba ritrovare qualche gioco d’interessi di imprese di trasporti su gomma. Non mi sembra di poterne sostenere la probabilità.
Ma non è certo un pettegolezzo gratuito quello che afferma esser stata una ben organizzata congiura genovese quella che, facendo fuori Necci, bloccò il rinnovamento della rete ferroviaria dalla Calabria a Napoli ed oltre, indispensabile per utilizzare il vantaggio geografico dei porti della Sicilia e del Sud (Gioia Tauro è un grande porto per containers in gran parte inutilizzato per difetto di servizi ferroviari collegati necessari).
Auguri a quanti si battono per le ragioni della ragione. Battaglia, di questi tempi, sempre difficilissima.
Mauro Mellini