Si chiama Tap, il suo nome sta per “Trans Adriatic Pipeline”.
Parliamo di un gasdotto di circa 4mila chilometri, che partendo dal Caspio, (da Baku in Azerbaigian) passando per la Georgia, la Turchia, la Grecia si arresterà a pochi passi dalla spiaggia di San Foca in Puglia.
L’opera faraonica, (il cui costo si aggira sui 45 miliardi di lire) è stata pensata per distribuire in tutta Europa il metano proveniente dai paesi dell’Ex Unione Sovietica, fuori dalla grazia di Putin e con il benestare di Washington.
Come dicevamo, la tratta finale della “Rete adriatica” proposta nel 2004 dalla SNAM (Società Nazionale Metanodotti), approderà in Puglia, nei pressi di un campo d’ulivi secolari e, dopo un percorso di circa 50 chilometri, dovrebbe collegarsi al metanodotto SNAM della rete nazionale del gas, presso Brindisi.
Davanti allo spauracchio della devastazione ambientale, nel corso degli anni la popolazione italiana si è attivata innescando una serie di proteste, finché il Tar del Lazio non ha bloccatol’estirpazione dei primi 200 olivi (su un totale di circa 2.000).
I dubbi sulla “bontà” dell’operazione sono tanti e per tali motivi lanciamo il guanto a chi ha voce in capitolo, politico o tecnico che sia, affinché possa fare luce sulla spinosa situazione.
Come prima cosa convince poco (e non vogliamo essere tacciati di essere i soliti bigotti giustizialisti) il fatto che a capo della EGL Produzione italiana, (controllata da gruppo svizzero Axpo) società responsabile del progetto per la parte italiana, vi sia un manager in affari con le cosche, che avrebbe intascato un milione di euro per dare inizio ai lavori.
E non è il solo. Tra gli altri galantuomini, protagonisti dell’inchiesta dei Panama (il nome di un fascicolo riservato digitalizzato composto da 11,5 milioni di documenti confidenziali creato dalla Mossack Fonseca, uno studio legale panamense, che fornisce informazioni dettagliate su oltre 214.000 società offshore, includendo le identità degli azionisti e dei manager fonte Wikipedia), ci sono alcuni oligarchi azerbaigiani e georgiani, diversi magnati russi vicini a Putin, Erdogan e Aliyev.
Parecchie altre domande balenano nella nostra mente:
Chi ha scelto il tracciato?
Perché la gestione è stata affidata ad un consorzio privato svizzero?
Perché il gasdotto dovrebbe passare tra spiagge e oliveti, anziché in zone già industrializzate, forse si conta di espropriare a basso costo, trovando scarsa opposizione sul territorio?
Come si può convincere l’opinione pubblica circa debite valutazione sui rischi ambientali, per la salute e sismici, vista la vicinanza con le faglie attive che attraversa (Sulmona, L’Aquila, Amatrice, Cascia, Norcia, Colfiorito)?
Dopotutto, anche in questo caso abbiamo avuto prova che lo Stato ha interesse esclusivamente di proteggere le lobbie del mercato.
Basti pensare che il progetto, prima di essere valutato e approvato, è stato suddiviso in 5 tronconi: Massafra-Biccari (194 Km), Biccari-Campochiaro (70 Km), Sulmona-Foligno (167 Km), Foligno-Sestino (114 Km), Sestino-Minerbio (142 Km).
Per ognuno di tali tronconi son state richieste altrettante Valutazioni di Impatto Ambientale, che hanno dato, guarda caso, parere positivo, con tanto di carte bollate alla mano , attestanti che non vi sia alcun impatto ambientale…
Eppure il modello energetico basato sulle fonti fossili è dannoso su diversi livelli: da un lato causa fortissimi impatti territoriali, dall’altro è tra le principali cause dei cambiamenti climatici.
Come si può fermare il progetto evitando le sanzioni?
Il Gasdotto Snam verrebbe realizzato anche se il TAP dovesse “saltare”?
Il gas del Gasdotto Snam e del Tap viene dall’Azerbaigian. Ufficialmente, si tratta di un modo per rendere l’Europa indipendente dal metano russo?
Ci sono alternative valide per evitare la materializzazione diprogetti mortiferi figli del capitalismo più cinico e bislacco?
O meglio c’è modo di ricorrere ad un modello energetico rinnovabile e decentrato, con consenta una sana riconversione ecologica, che favorisca il trasporto sostenibile, l’agroecologia, il consumo critico e condiviso?
In attesa della risposta di qualche autorevole politico vi invitiamo alla riflessione.
Simona Mazza