Le esplosioni di gioia e le manifestazioni di orgoglio dei Pentastelluti e Leghisti per avere raggiunto l’accordo per aumentare il già preoccupante deficit dei bilanci pubblici per elargire il “reddito di cittadinanza”, hanno in sé qualcosa di macabro: come l’esultanza di uno che si vuol suicidare per aver trovato una rivoltella.
Io non sono uno specialista di bilanci (compreso quello mio personale) né di “stime” in base alle quali ogni bilancio di previsione deve essere redatto.
Sono però più che convinto che di tutta questa menata sia stato, volutamente, trascurato il dato essenziale: questo “reddito di cittadinanza” a chi lo danno?
Per chi versiamo i “piccioli” pescati nel fondo oscuro del deficit, cioè nelle tasche di tutti noi, ricchi e poveri?
E già! Perché si fa presto a “stimare” che i poveri in canna, i privi di un reddito qualsiasi siano nel nostro Paese tot centinaia di migliaia o milioni di persone!!
Potete scommetterci che, una volta che si dovrà “accreditare” questo “dono” di Salvini-Di Maio (Conte sì e no ci metterà il fiocco tricolore sul pacchetto) scoppierà il putiferio. E’ più facile sentenziare statistiche e criteri statistici che definire diritti, condizioni, circostanze necessarie o escludenti delle norme da distribuire.
Se si trattasse di fare l’elemosina per assicurarci un posto in Paradiso, non saremmo noi a rispondere al Padreterno dell’inganno di chi fosse venuto a stendere la mano avendo bigliettoni sotto il mattone o, magari in una banca svizzera. Ma qui non si tratta di “elemosina”, ma di diritti. Né è di sollievo la considerazione che chi ci ingannasse sulla sua “assenza di reddito” è lui che andrà all’Inferno né diminuirà i nostri titoli per andare in Paradiso.
Mi è venuto, ad esempio, un dubbio. Tanto per escludere vere e proprie truffe ed inganni: Frati e Monache, pur appartenenti ad Ordini possessori di aree fabbricabili e gestori di imprese lucrose, sono però privi di “stipendio”. La stessa Corte di Cassazione ha stabilito che non acquistano diritto di sorta (salvo quelli spirituali, esigibili nell’al di là) nei confronti degli Ordini di appartenenza. Essi sono “poveri” in assoluto, per voti fatti e diritti riconosciuti.
Pagheremo al “Provinciale” dei Padri Gesuiti o alla Superiora delle Orsoline il reddito di cittadinanza?
E quanto ci costerà il contenzioso che inevitabilmente si aprirà su questo pomposo e poco chiaro termine?
Non sorgeranno associazioni per “estendere” il reddito di cittadinanza a categorie, quali, che so, i figli dei ricconi in quanto in lite con i genitori?
Cavilli, mi direbbero sicuramente al Bar dello Sport. Già. Ma cavilli che costeranno milioni di euro.
E percentuali ulteriori di deficit.
Ne riparleremo quando sarà nota la normativa per la distribuzione del “reddito di cittadinanza”. Speriamo ci sia chi, allora, saprà fare i conti della spesa (e del contenzioso).
Mauro Mellini