Genova nuovamente ferita a morte dall’immobilismo ventennale di uno sviluppo che procede solo a macchia di leopardo e ad una velocità assai ridotta forse anche a causa della totale mancanza di possibilità di creare la necessaria attrattività nei confronti delle economie private “forti” che abbiamo attrattiva far ripartire quella ristrutturazione urbana che ha subito un violento ristagnamento nell’ultimo ventennio.
Alle porte dell’avvio dei cantieri della Gronda di Ponente previste per l’imminente 2019 ed all’indomani dell’annuncio dell’attuale Governo circa l’avvio dell’annullamento delle autorizzazioni ad avviare la Gronda stessa, il crollo del Ponte Morandi crea una “voragine” viabilistica tra quello che c’è stato sino ad oggi e quello che avrebbe dovuto esserci a partire dall’immediato domani con l’ovvia conseguenza della più che probabile ricaduta in quell’ormai consolidato, o forse forzato, stato di agonia della città e del suo territorio.
Guardo allibita ed attonita le immagini che mi giungono dai social e dai telegiornali e sento nell’anima un’angoscia che va molto al di sopra di quell’angoscia che si può provare in maniera naturale per tutte le vittime di questo grave incidente e per le loro famiglie ed infatti piano piano si fa strada nella mia mente uno strano pensiero: “il Ponte Morandi si è coscientemente suicidato”.
Le emozioni inconsce che sento in effetti sono qualcosa di molto diverso da quello che le immagini mi portano a sentire a livello immediato ma conscio e solo dopo alcune ore mi ritrovo a fissare incredula la sede di quel tratto di ponte che è oramai adagiato al terreno e pian piano mi rendo conto del fatto che il ponte, nel suicidarsi, dà l’impressione di aver coscientemente scelto un tratto del se stesso che potesse essere il meno dannoso possibile sia in termini di vite umane che in termini di danni alle cose; incredula, controllo meglio la follia di un pensiero che passa attraverso un’emozione amara e mi rendo conto che invece è proprio così. Infatti se il ponte avesse deciso di far crollare una sola capata precedente od una sola campata successiva ecco fatto che sarebbero rimasti coinvolti anche degli edifici abitativi dei Via Enrico Porro e di Via Walter Fillak che invece li ha miracolosamente salvati o dall’altro lato avrebbe coinvolta un sistema viabile molto frequentato.
Ovviamente tutto dipende dalla scelta che ha fatto il Ponte circa la dinamica del suicidio, il fatto infatti che il Ponte abbia scelto di suicidarsi facendosi cedere la pila sul Via Argine Polcevera ha permesso al ponte di fare il minor danno possibile in fatto di vite umane ma anche in fatto di danni antropici.
A questo punto mi capita spontaneamente di porre attenzione all’ora del suicidio, ma anche al giorno del suicidio stesso, ed infine anche alle condizioni meteo per il miglior momento del suicidio.
Fortunatamente il Ponte ha deciso di suicidarsi nell’ora più prossima a quella della pausa pranzo in modo tale per cui sia sopra al Ponte stesso che nelle strade sottostanti c’era sicuramente il minor numero di persone possibili, cosa che con le condizioni meteo si è ulteriormente mitigata. Mentre per quanto riguarda la data, è ovvio che essendo nel giorno antecedente al ferragosto la stragrande maggioranza delle persone sarebbe oramai “fuggita” verso la propria giornata di vacanza extra e quindi la presenza di persone ne sarebbe stata ulteriormente mitigata.
Certo è anche vero che Ponte sembra anche aver scelto la direzione di implosione della propria pila ma anche la corretta direzione dell’abbattimento al suolo di quella parte di pila che avrebbe potuto casualmente restare in piedi come si vede molto chiaramente nel video amatoriale pubblicato nei social.
Certo è vero che il pensiero prima di tutto va alle vittime ed alle loro famiglie, ma è anche vero che non si può non pensare alla catastrofe viabilistica del prossimo decennio ed alla conseguente catastrofe del mercato immobiliare e quindi vien da pensare: “Caro Ponte, hai deciso di suicidarti quando hai saputo che il Govero ha annunciato l’annullamento della costruzione della Gronda di Ponente ?”.
Luisa Pace
Genova per me è come una madre. È dove ho imparato a vivere. Mi ha partorito e allevato fino al compimento del trentacinquesimo anno di età: e non è poco, anzi, forse è quasi tutto. Oggi a me pare che Genova abbia la faccia di tutti i poveri diavoli che ho conosciuto nei suoi carruggi, gli esclusi che avrei poi ritrovato in Sardegna, le graziose di via del Campo. I fiori che sbocciano dal letame(Fabrizio De Andrè)
Ciao Genova,ancora una volta ferita al cuore.