di Simona Mazza
Cos’è l’amianto
L’amianto è il nome dato ad una serie di minerali che si trovano naturalmente nell’ambiente come fasci di fibre, che possono essere separati in fili sottili e resistenti per l’uso in applicazioni commerciali e industriali. Queste fibre sono resistenti al calore, al fuoco e alle sostanze chimiche e non conducono elettricità. Per queste ragioni, l’amianto è stato ampiamente usato in molti settori.
Chimicamente, i minerali di amianto sono composti di silicati, nel senso che contengono atomi di silicio e ossigeno nella loro struttura molecolare.
Quali sono i rischi per la salute derivanti dall’esposizione all’amianto?
Le persone possono essere esposte all’amianto nel loro posto di lavoro, nelle loro comunità o nelle loro case. Se i prodotti contenenti amianto si deteriorano, piccole fibre di amianto vengono rilasciate nell’aria. Quando vengono respirate, le fibre di amianto possono restare intrappolate nei polmoni e rimanere lì per molto tempo. Nel tempo, queste fibre possono accumularsi e causare cicatrici e infiammazioni, che possono influire sulla respirazione e portare a seri problemi di salute.
Amianto e tumori
L’amianto è stato classificato come noto cancerogeno per l’uomo: vi sono infatti prove sufficienti del fatto che l’amianto causi il mesotelioma (un tumore relativamente raro delle membrane sottili che rivestono il torace e l’addome), e tumori del polmone, della laringe e dell’ovaio. Sebbene raro, il mesotelioma è la forma più comune di cancro associata all’esposizione all’amianto.
Altre forme di tumore legate all’amianto sono quelle dello stomaco, della faringe e del colon-retto.
L’esposizione all’amianto può anche aumentare il rischio di asbestosi (una condizione infiammatoria che colpisce i polmoni che può causare respiro affannoso, tosse e danni polmonari permanenti) e altri disturbi polmonari e pleurici non maligni, incluse placche pleuriche (alterazioni delle membrane che circondano il polmone) , ispessimento pleurico e versamenti pleurici benigni (raccolte anormali di fluido tra i sottili strati di tessuto che rivestono i polmoni e la parete della cavità toracica). Sebbene le placche pleuriche non siano precursori del cancro del polmone, le evidenze suggeriscono che le persone con malattia pleurica causate dall’esposizione all’amianto possono essere ad aumentato rischio di cancro del polmone.
Risarcimento contributivo
I lavoratori esposti alle fibre killer hanno diritto ai benefici contributivi (benefici contributivi amianto e risarcimento danni) e al risarcimento danni esposizione, se la loro esposizione è stata maggiore di 10 anni a una concentrazione più elevata delle 100 ff/l (articolo 13 comma 8 Legge 257/1992), oppure se hanno contratto una patologia, anche minima (compresi gli ispessimenti pleurici e le placche pleuriche, quasi sempre presenti).
Al di là del grado invalidante, hanno in ogni caso diritto a ottenere i benefici contributivi per esposizione amianto (benefici contributivi amianto e risarcimento danni) sulla base dell’art. 13 comma 7 L. 257/1992, sempre validi per il prepensionamento e sempre con il coefficiente 1,5, senza necessità di domanda all’INAIL e di prova della soglia delle 100 ff/l e senza decadenza nel caso di mancato deposito della domanda all’INAIL.
Leggi su benefici contributivi amianto art. 13 comma 7 Legge 257/1992
Risarcimento anche senza patologia
La rivalutazione contributiva per coloro che siano rimasti esposti all’amianto (non ammalati di patologie amianto) con concentrazioni pari o superiori alle 100 ff/ll nella media delle otto ore lavorative per oltre 10 anni, ex art. 13 comma 8 legge 257/92, è riconosciuta indipendentemente dalla diagnosi di malattia asbesto correlata, ‘in funzione compensativa dell’obiettiva pericolosità dell’attività lavorativa spiegata’ (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza n. 4913 del 2001 ed ex multis).
Danni da amianto: risarcimenti, rendite e benefici contributivi
Benefici contributivi risarcimento danni esposizione: direttive comunitarie
Con il richiamo alle norme di cui agli artt. 24 e 31 del D.L.vo 277/91, con il quale nel nostro Paese è stata recepita la direttiva 477/83/CEE, quanto oggetto di condanna da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella decisione del 13.12.90, che ha posto la procedura di infrazione n. 240 del 1989 promossa di ufficio dalla Commissione Europea a carico della Repubblica Italiana, la quale non aveva adottato le norme imposte in sede comunitaria per la tutela dei lavoratori esposti all’amianto, e che dunque ha determinato un ingiusto pregiudizio (portato anche dal concomitante inadempimento delle norme costituzionali e fermo restando che il mancato, o il non tempestivo e puntuale recepimento delle direttive comunitarie, come in questo caso, è fonte di responsabilità), che perciò stesso deve essere integralmente risarcito, e che lo è parzialmente con le disposizioni dettate con l’art. 13 comma 8 legge 257/92, con la quale è stata adottata (Cass. Sent. 4913/2001).
Corte Costituzionale, divieto di discriminazione –
La Corte Costituzionale, con la Sentenza n. 127 del 2002, intervenendo per chiarire le norme di cui all’art. 13 comma 8 legge 257/92, ha stabilito che nel riconoscimento del diritto non è ammessa alcuna selezione che si fondi sulla titolarità del rapporto e sulla categoria merceologica, in quanto ha una funzione compensativa dell’obiettiva pericolosità dell’attività svolta per via della presenza di amianto nell’ambiente lavorativo.
Selezionare tra gli esposti all’amianto, per un periodo di oltre 10 anni, a concentrazioni oltre la soglia delle 100 ff/ll nella media delle otto ore lavorative, per escluderne una vasta platea (ferrovieri, militari, etc.) solo perché non erano dipendenti di imprese che producevano prodotti in amianto o lo lavorassero direttamente, non risponde allo spirito e allo “scopo della norma (che)… è quello di indennizzare i lavoratori che hanno una aspettativa di vita inferiore rispetto a quelli non esposti all’amianto” (Corte di Appello di Perugia, Sezione Lavoro, Sentenza n. 441 del 2008) cosicché anche la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la Sentenza 19.01.2007 n. 1179, riferendosi ai marittimi, ha dettato un principio di diritto di portata generale: “ciò che rileva per il diritto alla rivalutazione contributiva è la sussistenza di un rischio morbigeno (qualificato) e dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’esposizione all’amianto, e non pure la soggettività dell’ente – FS, poste casse marittime, IPSEMA o INAIL – che gestisce l’assicurazione” e ciò anche perché nel nostro Paese molte aziende di Stato hanno utilizzato l’amianto e perché gli enti pubblici non hanno dato applicazione al disposto di cui all’art. 32 della Costituzione e, pur consapevoli del fatto che il minerale determinasse danni alla salute e all’ambiente (come dimostra l’inserimento dell’asbestosi nelle tabelle delle malattie professionali utilizzate dall’Inail per l’erogazione delle prestazioni assicurative fin con la legge 455 del 1943), ne hanno permesso un sempre maggior utilizzo, con un apice di ingerenza negli anni ’70 ed ’80, quando già se ne conosceva anche la natura di cancerogeno.
Solo con l’arrivo della condanna in ambito europeo sono stati adottati (con il D.L.vo 277/91) limiti di soglia, ed è vietato l’impiego e la lavorazione dell’amianto (con la legge 257/92), e quindi contraddice il disposto dell’art. 38, anche come proiezione delle norme di cui all’art. 32 (per la funzione preventiva) nonché il principio di eguaglianza e i criteri di razionalità della interpretazione e applicazione oltre che del venire in essere della disposizione legislativa, secondo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale in relazione all’art. 3, e soprattutto contraria alla tutela del lavoro e dei principi di solidarietà e dignità che si trovano scolpiti nelle norme di cui agli artt. 35 e 36 della Costituzione, anche perché tutto ciò poteva essere evitato, e molte vite umane potevano essere salvate.
Riduzione del beneficio e decadenza
L’art. 13 comma 8 della legge 257/92 nella sua originaria formulazione riconosceva il diritto alla rivalutazione della posizione previdenziale con il coefficiente 1,5 utile per maturare anticipatamente il diritto a pensione e ove percepita a vedersene maggiorato l’importo delle prestazioni.
Con l’art. 47, comma 1, del D.L. 269/03, convertito con legge 326 del 23.11.2003, il Legislatore è intervenuto per ridurre il coefficiente moltiplicatore ad 1,25, applicabile ai soli fini della determinazione dell’importo delle prestazioni pensionistiche e non più utile per maturare anticipatamente il diritto di accesso alle prestazioni previdenziali:
“A decorrere dal 1° ottobre 2003, il coefficiente stabilito dall’articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e’ ridotto da 1,5 a 1,25. Con la stessa decorrenza, il predetto coefficiente moltiplicatore si applica ai soli fini della determinazione dell’importo delle prestazioni pensionistiche e non della maturazione del diritto di accesso alle medesime”.
Con il successivo 5° comma, il legislatore ha stabilito che gli aventi diritto avessero l’onere di inoltrare domanda di certificazione di esposizione all’Inail, chiamata a rendere un parere tecnico attraverso le CONTARP regionali, e a rilasciare la certificazione, nel termine di 6 mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale:
“I lavoratori che intendano ottenere il riconoscimento dei benefici contributivi di cui al comma 1, compresi quelli a cui è stata rilasciata certificazione dall’INAIL prima del 1° ottobre 2003, devono presentare domanda alla sede INAIL di residenza entro 180 giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale di cui al comma 6, a pena di decadenza del diritto agli stessi benefici contributivi”, che veniva alla luce con D.M. del 27.10.04, adottato dal Ministro del lavoro di concerto con il Ministero delle finanze, e con il quale si stabiliva che “La domanda di certificazione dell’esposizione all’amianto, predisposta secondo lo schema di cui all’allegato 1, deve essere presentata alla sede INAIL entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, a pena di decadenza dal diritto ai benefici contributivi pensionistici di cui all’art. 2, comma 1. Per data di presentazione della domanda si intende la data di arrivo alla sede INAIL o la data del timbro postale di invio nel caso di raccomandata”. (art. 3, comma 2, del D.M. 27.10.2004).
Si può decadere dal diritto per effetto del mancato o non tempestivo deposito della domanda all’Inail entro il 15.06.2005, soltanto nei casi in cui trova applicazione la fattispecie, così come modificata per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 47 della legge 326/03.
Nessuna decadenza, invece, può essere comminata (per il mancato deposito della domanda all’Inail) nei casi in cui trovi applicazione la precedente e più favorevole normativa dettata dalla originaria formulazione dell’art. 13 comma 8 della legge 257/92, così come stabilito dal successivo comma 6 bis dell’art. 47 della legge 326/03 e dell’art. 3 comma 132 della legge 350/03.
Per approfondire sui benefici contributivi e sul risarcimento danni esposizione consulta:
https://www.osservatorioamianto.com/invalidita-civile/
https://www.osservatorioamianto.com/