Aveva fatto capire che lui, benché impegnato in quel frenetico accaparramento di cittadinanze onorarie ed, anzi, proprio per trarne il giusto profitto, un “passaggio” in politica avrebbe anche potuto farlo. Ma, intendiamoci, per fare quello che sa far tanto bene, per occuparsi di giustizia. Ministro della Giustizia.
Quello che Di Matteo vuole non può essergli negato. Perché è stato condannato a morte dalla mafia. E negare ad uno che è stato condannato a morte dalla mafia e nemmeno segretamente, ma con tanto di dichiarazione opportunamente intercettata del Capo dei Capi, è un atto di indicibile nequizia, una forma di concorso esterno e quasi interno alla mafia.
Fatto il governo, benché targato Cinquestelle, (cioè quelli che le cittadinanze onorarie da conferirgli le imponevano nei Consigli Comunali), di un ministero a Di Matteo non se ne è manco parlato.
Fatto però il governo, si è cominciato a sussurrare che Di Matteo, in un modo o nell’altro, sarebbe stato chiamato a Via Arenula.
C’erano da fare i Sottosegretari.
Intendiamoci, per un Di Matteo (condannato a morte dalla mafia) quel “sotto” non va.
Il Cittadino di Cento Città è tale, si è affannato a farsi proclamare tale per essere sopra e non sotto.
Forse è per questo che, resi noti i nomi dei Sottosegretari (in verità tutti un po’ più “sotto” il livello del pensabile) non c’era quello di Di Matteo.
Inoltre qualcuno deve avergli spiegato che, una volta al governo (benché “sotto”) non avrebbe potuto più occuparsi del processo della “Trattativa Stato-Mafia”.
Resta però un’altra possibilità del Cittadino di Cento Città di trasferirsi a Via Arenula. Si sa che i funzionari talvolta, anzi molto spesso, hanno più potere dei “politici”, anche se “occasionali” e “tecnici” (termine con il quale li si distinguono da quelli che delle faccende del ministero non ne capiscono proprio un cavolo).
Si era parlato giorni fa della direzione del Dipartimento carceri. Che pare sia, ha tutti i posti riservati a magistrati fuori ruolo, il più ambito.
Quello è un incarico che ancora potrebbe soddisfare il gusto della “mobilità” del Nostro (che è un condannato a morte dalla mafia e deve essere soddisfatto).
Chi sa. Per ora anche la tifoseria “antimafia” non scalpita. Forse Di Matteo signorilmente ha rinunciato ad un altro “scatto in carriera”. Magari ha capito che con questo governo è meglio far finta di non conoscerlo.
Magari l’aria che tira tra ministri e ministeri non gli sembra la migliore.
Ma, forse, c’è un grosso intoppo per l’”utilizzazione” del “condannato a morte dalla mafia”, del “Cittadino di Cento Città”, da parte di quello che veniva dato per il suo partito, il grillismo Cinquestelle.
C’è la questione dell’auto superblindata e della scorta.
Pare che una clausola “riservata” del “contratto di governo” imponga a Ministri, ai Sottosegretari e, di conseguenza, funzionari ministeriali, di andare a piedi o in taxi. Salvini è andato l’altro giorno dal Senato a Palazzo Chigi a piedi.
Di Matteo ha la macchina superblindata, con dispositivo di neutralizzazione dei telecomandi di eventuali bombe. Una macchina che costa un occhio della testa (dei cittadini). E che io mi domando sempre come faccia ad usarla andando “di quà e di là per tutta la città” come Compare Alfio della Cavalleria Rusticana. E poi, la scorta più numerosa di quella di Mattarella.
Il Ministro Bonafede (un cognome) della Giustizia dovrà andare a piedi o in bicicletta da Via Arenula al Parlamento.
Il capo del Dipartimento carceri andrà a prendere il caffè al Bar di Sant’Eustachio con macchina blindata e tanto di scorta?
Vedete quale difficoltà deve affrontare questo Governo?
Forse è meglio che Di Matteo, almeno per un po’, non gliene ponga delle altre.
Mauro Mellini