Governo deplorevole. Maggioranza trogloditica. Opposizione evanescente. Dibattito (scrivo dopo quello a Senato) sfuggente.
Sì. Sfuggente. Pare che dopo che strappi alle regole, buffonate mediatiche, mediazioni strane, hanno portato alla costituzione del governo che non chiamerò governo Conte, ma, dato che Conte poco conta “cosiddetto governo Conte”, un generale sospiro di sollievo si stia elevando.
Non per il governo fatto, ma per le nuove elezioni da non fare.
Il dibattito parlamentare, di fronte all’occupazione del potere da parte del populismo becero, avrebbe dovuto, almeno, darci il segno di sussulti di una moralità, di un rispetto della ragione, delle ragioni, della storia offesi ed oppressi.
Come non riandare al dibattito per la fiducia al governo Mussolini dopo la marcia su Roma ed a Modigliani che grida, a Mussolini che dichiara che “avrebbe potuto fare di quell’aula sorda e grigia un bivacco per le sue camicie nere” il suo disperato “Viva il Parlamento”?
Un grido rimasto isolato che esprime tutta la coscienza di una libertà compromessa e vilipesa.
Non vorrei dire che è mancato al Senato (e mancherà oggi alle Camere) qualcuno che gridi il “Viva il Parlamento”,
Si ribella, però all’insistere sul parallelismo delle situazioni la mia estrema volontà, il mio credo nella libertà, nella ragione e nelle libere istituzioni. E un po’ di credito alla scaramanzia.
C’è nell’aria un pericoloso senso di “adattamento” di molti “moderati” che ne fanno un comodo rifugio nella speranza dell’”impratichirsi” delle “matricole” della nuova maggioranza con gli insegnamenti della realtà del governare.
E’ questo il pericolo più grave che corre la democrazia nel nostro Paese.
Non si tratta tanto della classica corsa a salire sul carro del vincitore, quanto una tendenza alla fuga dalla realtà che è propria del “partito degli incerti”.
Gli “incerti” non sono solo una componente dei dati statistici dei sondaggi di opinione. Sono una delle “opinioni” più nette e sempre presenti. Berlusconi li chiamerebbe “i moderati”. Ma gli “incerti” non sono affatto “moderati”. Si incazzano perché il loro non capire non gli consente di scegliere e ne fanno colpa agli altri, al potere, ai partiti. In fondo i Cinquestelle sono anch’essi la folla degli “incerti” che per anni ed anni avevano finito per votare D.C. (o P.C.I.) e poi, sempre nell’incertezza avevano votato Berlusconi o, forse, Bossi o Fini.
Cominciando ad incazzarsi per doverlo fare.
Oggi, come in tutti i momenti in cui una forza politica si impone con prepotenza, gli incerti, avendo costituito il loro partito, sono di meno. Ma sono, in proporzione, molti nelle residue opposizioni. E si comportano da veri “incerti”: adattandosi e sperando.
Aria di “adattamento” nel dibattito al Senato. Non credo che oggi alle Camere andrà diversamente. Anche perché ben pochi avranno il privilegio di parlare.
Nel grigiore non dell’Aula, ma degli interventi dei Senatori di ieri uno è in qualche modo emerso per decisione.
Non ha toccato gli aspetti propriamente politico-morali (si fa per dire) di maggioranza e governo, la svolta penosa di una politica che cede agli impulsi dei frequentatori abituali dei bar di periferia. E la figura del Senatore che ha pronunziato quel discorso non è, credo non solo per me, delle più simpatiche. Ma Mario Monti, Senatore a Via ed ex presidente del Consiglio ha, almeno, evitato ogni ambiguità, ogni previsione di un “adattamento” alla bestialità del governo gialloverde (colori della muffa) e del famigerato “contratto”. Una critica durissima, con una previsione infausta di tutta la politica economico-finanziaria.
A Modigliani che aveva gridato alla protervia minacciosa di Mussolini “Viva il Parlamento”, il grido che salvava l’anima della democrazia morente, Ennio De Nicola (che poi è stato il primo Presidente della Repubblica Italiana) fece il richiamo: “Onorevole Modigliani, lasci parlare il Presidente del Consiglio” (!!!???).
A Mario Monti che contesta al Governo gialloverde le sue rovinose caratteristiche di un’esca per gli allocchi, “Il Giornale” di Berlusconi, per la penna di Sallusti riserva una velata ironia, un rimprovero di esagerazione, un invito a non essere così pessimista.
Il mio pessimismo è stato, purtroppo molto rafforzato dal tono di quell’articolo.
Da tempo Berlusconi confonde “moderati” (categoria già preoccupante) con gli “incerti”. Ed i suoi sembra agiscano in conseguenza.
Mauro Mellini