Leggo in uno dei soliti articoli di “Antimafia 2000” del Guru Bongiovanni (il frontecrociato) (22.4.2018) che l’ex Presidente della Sezione Fallimentare (ahi! ahi!) del Tribunale di Vicenza, il magistrato Antonio Mirenda, in un’intervista rilasciata in occasione della presentazione di un suo libro (dal titolo inequivoco: “Palazzo di ingiustizia…”) ha affermato che il C.S.M. oramai è venuto meno alle sue funzioni istituzionali e costituzionali, poiché “non vi siedono soggetti distaccati ma faziosi che promuovono i sodali e abbattono i nemici, utilizzando metodi mafiosi”.
La dichiarazione, che pare non sia stata respinta con pari fermezza da tutte le correnti dell’Associazione Magistrati (ad es. proprio da quella che fa capo a Davigo…) ha indotto un ex componente laico del C.S.M., parlamentare di F.I. a chiedere al Ministro della Giustizia di esercitare contro il magistrato in questione l’azione disciplinare.
L’espressione usata dal dott. Mirenda è in realtà inconsueta nelle polemiche interne alla magistratura. Ma non altrettanto nel linguaggio usato da un certo gruppo di magistrati quando si riferiscono ad altri organi e personaggi delle Istituzioni dello Stato. La stessa “Antimafia 2000” è zeppa di tali aggressive espressioni e conclusioni.
Più o meno allo stesso tempo, il “Cittadino di Cento Città”, il magistrato più costoso del mondo, Nino Di Matteo, parlando della “sua” sentenza di Palermo si è scagliato contro l’Associazione Nazionale Magistrati e contro il C.S.M. (non contento del fatto che quest’ultimo lo abbia dichiarato vincitore di concorso perché “condannato a morte” da Totò Riina…) che non avrebbero “difeso” il processo della Trattativa.
E’ inutile entrare nel merito di queste baggianate. Non si cava il sangue dalle rape ed ogni limone dà il succo che contiene.
Ma sembra proprio che anche nel Partito dei Magistrati serpeggi l’insofferenza, lo spirito litigioso, la tendenza alle contrapposizioni ed agli scismi.
Dovremmo rallegrarcene? Dovrebbero rallegrarsene i partiti in lizza per la formazione del Governo?
Non credo che questo reciproco azzannarsi di magistrati comunque impegnati a travalicare i limiti delle loro funzioni e del ruolo costituzionale della giurisdizione possa preludere alla fine della devianza della magistratura e della giustizia.
Anzitutto va rilevato che l’insofferenza, il ribellismo, sono espressi da quelli tra i magistrati che vorrebbero che il debordare della cosiddetta “giustizia” fosse più netto ed aggressivo, che invocano che i pochi paletti oramai residuati attorno alle loro malefatte vengano abbattuti.
In secondo luogo la maggioranza dei magistrati, i “moderati” (ahi! ahi!) sono ben decisi a difendere e coltivare a fondo il debordare complessivo e compatto della magistratura e non danno segno di adeguate reazioni alle stoltezze ed alle velleità eversive manifeste dei loro colleghi “estremisti”.
Intanto il minuetto delle consultazioni, degli incarichi esplorativi, dei “preincarichi”, il via vai con il Quirinale continua. Si è parlato mai di giustizia? Di eversione giudiziaria?
Ci mancherebbe altro! Nessuno pare che senta da quell’orecchio!
Mauro Mellini