Recensione a cura di Anonimo B. M. Veneziano
Ѐ sempre una bella notizia l’ingresso di un nuovo autore nell’ampio, variegato e combattivo mondo del thriller. Notizia ancor più bella quando l’autore è italiano.
Carlo Bianchi ha tutte le carte in regola per ritagliarsi uno spazio importante nella narrativa poliziesca e “Bloody Facebook”, il suo romanzo d’esordio, ne costituisce un buon biglietto da visita.
Thriller si è detto e thriller è: suspense, eccitazione, coinvolgimento del lettore, colpi di scena; non ci si lasci ingannare dal numero (non eccessivo) di pagine: il “manico” di uno scrittore sta anche, se non soprattutto, nel saper comunicare l’essenziale, sfrondando tutto ciò che appesantirebbe il racconto e, di conseguenza, la lettura.
Bianchi è bravo. In una trama già di per sé ben congegnata a livello di intreccio e di fabula, inserisce quegli elementi che il lettore non può non gradire: l’ironia e un pizzico di sesso; in poche parole…James, anzi, Federico Bond, arte italiana e spionaggio russo che si mescolano al meglio (e solo chi si avventurerà tra i capitoli del romanzo in oggetto potrà capire i riferimenti appena citati…).
Non solo Ian Fleming, però: “Bloody Facebook” è tecnologia (e Bianchi dimostra di essere al passo con i tempi, tra social network, droni e sofisticati strumenti di spionaggio), mitologia e…etologia: alzi la mano chi sa cos’è (o chi è) “Atropo”!
Dalle Parche alle farfalle Bianchi dimostra di saperne una più del Diavolo; Diavolo che non insegnerà a fare i coperchi eppure, anche qui, la coda ce l’ha messa e tenuta.
Ma “Bloody Facebook” è molto di più.
“…Essere umani concepiti che a loro volta, dopo altri due, tre, quattro decenni avrebbero concepito per errore o per amore. Cicli di generazioni viventi o sopravviventi in un mondo che non è mai stato sufficiente e soddisfacente per tutti e mai lo sarà. Per questo motivo probabilmente il Dio creatore si è sempre dilettato a piazzare e togliere dal mondo persone con uno spietato gioco di roulette della ortuna, senza distinzione di età, sesso, stato sociale, colore della pelle. Il tutto per un suo disegno che avrebbe uno scopo, un progetto misterioso…”
Ѐ amore paterno, è desiderio di veder crescere e affermarsi i propri figli.
Ѐ vendetta nei confronti di chi infrange malamente i sogni di una famiglia.
“…ognuno di noi è il suo proprio diavolo, e noi facciamo di questo mondo il nostro inferno…”
Bianchi non si fa mancare nulla, nemmeno una citazione dotta (Oscar Wilde), per esprimere il dolore di una perdita e descrivere il male che alberga in ognuno di noi.
Ѐ (forse) per questo che, procedendo nella lettura, nel lettore cresce l’affetto per Atropo, cattivo con una morale.
E che dire dei tradimenti, più o meno velati, che serpeggiano lungo tutto il libro? Piccoli colpi di genio di un autore capace.
Bianchi è bravo anche per come imposta la struttura del suo racconto: l’uso di capitoli corti, alternati per quanto riguarda le vicende dei vari protagonisti, denota il possesso della giusta tecnica per tenere avvinto il lettore, senza cali di tensione e di ritmo.
Anche il finale è in linea con il corpo dell’Opera: nessuna caduta, nessun precipizio. Se ai più può apparire sdolcinato, persino scontato, in realtà è ben collegato agli accadimenti in precedenza descritti e non è così prevedibile come si potrebbe pensare.
Come a tutti gli autori emergenti, se non, addirittura, di più rispetto ad altri, a Carlo Bianchi va data una chance. Chance che deve tradursi sia nel seguire l’Autore nelle sue pagine social, sia, soprattutto, nel leggere e apprezzare quel piccolo – grande gioiello che risponde al nome di “Bloody Facebook”.
Buona lettura.