di Simona Mazza
La nostra epoca è caratterizzata da una forte componente egocentrica e spesso ci lasciamo prendere la mano dalla frenesia di apparire, quasi a voler rivendicare una frase cara all’artista Andy Warhol, “in futuro tutti saranno famosi per 15 minuti”.
C’è chi lo fa per narcisismo, chi per gloria, chi per cavalcare l’onda mediatica e farsi largo a colpi bassi e spallate, c’è chi lo fa per battere cassa.
È esempio di narcisismo testé citato, il comportamento di un discutibile pentito di mafia che si è auto impacchettato delle verità storiche, al fine di speculare su una tragedia di portata nazionale, cosa che tra l’altro gli è riuscita alla perfezione.
Non farò il suo nome, innanzitutto perché non ricerco il consenso, (anche io sono stata gabbata, in qualità di giornalista di inchiesta dal personaggio in questione), in secondo luogo perché non soffro di egocentrismo, anzi mi interessa troncare ogni discussione futura sul suo discutibile operato e sui suoi satelliti, infine non mi va di fare ulteriore pubblicità gratuita a quest’uomo e all’orda di finti pentiti sfornati da certi apparati deviati dello Stato.
A me interessa focalizzare l’attenzione sul fenomeno stesso del pentitismo e sulle sue conseguenze, una su tutte, quella che più aborro, è data dall’escalation di violenza di neo giudici, assurti a tale ruolo sui social, che si ergono a tuttologi ed untori.
Il mio dissenso non basterà a smontare il tentativo o meglio la tentazione di fare clamore, dare addosso da tutti le parti ed innescare pericolose micce, confutando ragioni e metodi, anche perché da qualche anno è aperta polemica tra le fazioni opposte.
Personalmente aborro ogni forma di violenza, poiché ritengo sia la forma più subdola dell’autoritarismo.
Per tali motivi preferisco relegare la vicenda all’interpretazione del momento storico in cui essa è nata e voglio sopratutto invitare ad una riflessione circa il clamore mediatico, almeno sui social: o si fa in maniera ragionata, altrimenti non solo non aiuta la ricerca, ma spesso santifica, sponsorizza e indirizza gli sforzi in direzione opposta e contraria.
A fronte di tutto ciò, occorre quindi ricostruire brevemente la storia del “pentito” dall’inizio per inquadrarla bene, anche negli sviluppi successivi, sia giudiziari sia mediatici.
La storia
La storia è quella di un “pentito” di mafia che ha sfruttato la morte di un noto magistrato (che seguiva il suo caso e che lo aiutava per pura carità cristiana), per tentare un recupero “democratico” e “legalitario” della sua immagine.
L’obiettivo era quello di estorcere consensi (e non solo quelli) e tirare a campa….
Per oltre 20 anni il pentito si è creato così l’immagine del santino buono per tutti, appoggiato dai familiari del magistrato, ma l’avarizia e la voglia di protagonismo hanno prevalso sulla razionalità ed oggi le sue furberie sono state smascherate.
Tuttavia, se per anni il suo personaggio è stato funzionale ad una operazione di appropriazione ed accumulazione da parte dei settori “antimafiosi” delle classi dominanti: magistrati, preti-manager, giornalisti, che con l’antimafia hanno fatto carriera ed alcuni hanno costruito enormi fortune, dall’altro emerge un inquietante sospetto, vale a dire che l’uomo sia stato assoldato per depistare.
Da chi?
L’ipotesi è che Mafia ed Istituzioni corrotte abbiamo concorso in questo delicato processo.
Tale processo era stato spiegato dettagliatamente dal pentito ma non si era compreso a fondo il suo ruolo di uomo tuttora ammanicato con i vertici mafiosi, anche se i sospetti (almeno personalmente) mi erano venuti in un paio di inquietanti occasioni.
Il ruolo dello Stato
Lo Stato ha spesso patteggiato con le organizzazioni criminali di stampo mafioso e con parte consistente delle classi dirigenti, di grande importanza, ed il pentitismo, che trasforma degli assassini in pecorelle smarrite da recuperare, ha giocato un ruolo prezioso, non tanto a favore della verità, quanto del suo stesso insabbiamento.
Ma questa è una mia opinione.
Spesso i pentiti sono stati costrutti a tavolino e quello del personaggio in cui si parla nell’articolo, sembra un esempio perfetto di tale costruzione.
Nel frattempo l’opinione pubblica si è spaccata in due tra sostenitori e detrattori, senza che sia siano cercato di capire da dove abbia origine e chi abbia voluto lo spirito predatorio e di appropriazione di un pentito inaffidabile, guarda caso, nel paese in cui proliferano i pentiti.
A tal proposito mi viene in mente il giurista Cesare Beccaria, che oltre due secoli e mezzo fa parlava della impunità che alcuni Tribunali offrivano al complice di un grave delitto che farà il nome dei suoi sodali.
Beccaria sosteneva che gli svantaggi sarebbero di gran lunga più significativi dei vantaggi: infatti, sollecitare la delazione, pur fra scellerati, significa da un lato autorizzare il tradimento e, dall’altro, manifestare la debolezza della legge, “che implora l’aiuto di chi l’offende”.
Questa posizione dovrebbe essere ragionata da quanti, per eccessiva superficialità e spregiudicatezza sono soliti far ricorso allo strumento della delazione legalizzata, come si trattasse di una innocente strategia di politica criminale.
Beccaria sosteneva: “Ma invano tormento me stesso per distruggere il rimorso che sento autorizzando le sacrosante leggi, il monumento della pubblica confidenza, la base della morale umana, al tradimento e alla dissimulazione”.
A questo punto è legittimo porsi degli interrogativi che non sono esclusivamente di carattere etico, ma anche di carattere giuridico, (che i giuristi nostrani fingono di non conoscere)…
Il pentitismo viene infatti di solito difeso con il tipico ragionamento del fine che giustifica i mezzi, di sapore machiavellico.
A noi piacerebbe sapere quali sono i fini…
Simona Mazza
IO so solo che: LO STATO E’ LA TESTA, I CARABINIERI IL BRACCIO DESTRO, LA MAFIA IL BRACCIO SINISTRO. Questo da quando abbiamo perso la Guerra…….domani…..e’ la ricorrenza di ?????
Non condivido assolutamente questa affermazione e ritengo sarebbe doveroso conoscere i fatti prima di esternare una qualsiasi opinione. I pentiti, quelli veri, sono un valido strumento per condurre le indagini, senza dimenticare che nessuno di loro è da santificare. Tutt’altro…
Per quanto riguarda la cd “trattativa” – sempre che realmente ci fu nei termini in cui se ne è detto – alla quale evidentemente lei fa riferimento, vorrei che mi dicesse quali benefici ne ottenne “cosa nostra”. Potrei invece elencarle tutti gli arresti compiuti dai C.C. condannati, sia prima che dopo la “trattativa”. Se realmente avvenne, e se il risultato fu quello di arrestare mafiosi del calibro di Riina, Siino, Brusca e gli altri, senza concedere l’abolizione del 41bis e dell’ergastolo, dovrei dedurne che furono idioti i mafiosi, visto che in ultimo sarebbero stati truffati da chi fece il proprio dovere…
Evidentemente in Italia, chi fa il proprio dovere e agisce nell’interesse del Paese, va punito…
Gian J. Morici