Ambasciata di Polonia e Ucei insieme per commemorare la più grande rivolta degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale.
75 anni fa, il 19 aprile 1943, nel ghetto di Varsavia gli ebrei iniziavano una disperata rivolta contro la cosiddetta “soluzione finale” che le SS dovevano attuare secondo gli ordini di Himmler.
Fu la prima rivolta in una città nell’Europa occupata, la più grande rivolta degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale e anche la prima in cui un gruppo di ebrei si difendeva in modo organizzato.
Gli ebrei combattenti attaccarono, con le rudimentali armi disponibili, le truppe tedesche del comandante Sammern-Frankenegg entrate nel ghetto della capitale polacca per deportarne la popolazione.
I tedeschi alla loro prima incursione nel ghetto si dovettero ritirare, fra di loro ci furono morti e feriti. Dopo il primo fallimento, il comando delle truppe tedesche passò a Jurgen Stropp. Fu lui, dopo quasi un mese, il 16 maggio 1943, a soffocare nel sangue la rivolta. Le truppe tedesche rasero al suolo le case e la Grande Sinagoga di Varsavia e uccisero i sopravvissuti.
Durante i combattimenti persero la vita circa 7.000 ebrei ed ulteriori 6.000 morirono bruciati nelle case in fiamme o soffocati all’interno dei bunker sotterranei. I rimanenti 50.000 abitanti vennero deportati presso diversi campi di sterminio, per la maggior parte nel campo di Treblinka. Il rapporto finale stilato da Jürgen Stroop il 16 maggio 1943, riportava:«180 ebrei, banditi e subumani sono stati distrutti. Il quartiere ebreo di Varsavia non esiste più. L’azione principale è stata terminata alle ore 20:15 con la distruzione della sinagoga di Varsavia… Il numero totale degli ebrei eliminati è di 56.065, includendo sia gli ebrei catturati che quelli del quale lo sterminio può essere provato. »
L’insurrezione del Ghetto mostrò a tutto il mondo che le vittoriose armate hitleriane non erano affatto tali, e che alcune centinaia di uomini potevano tenere in scacco l’esercito tedesco e infliggergli consistenti perdite.
In occasione del 75° anniversario di questo storico evento, uno dei più cruciali e significativi della Seconda guerra mondiale, l’Ambasciata di Polonia e l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane organizzano una cerimonia commemorativa che si svolgerà il 20 aprile 2018 nei giardini della sede diplomatica polacca a Roma.
All’evento saranno presenti i rappresentanti della comunità ebraica e polacca, delle autorità italiane e del mondo diplomatico. Prenderanno parola la chargé d’affaires Marta Zielinska-Sliwka e la presidente dell’UCEI Noemi Di Segni.
Ogni ospite al suo arrivo riceverà un narciso giallo, in segno di adesione alla campagna educativa e informativa “Narciso” promossa dal Museo della Storia degli Ebrei Polacchi “POLIN” e quest’anno alla sua sesta edizione, quando oltre 1500 volontari offrono ai passanti di Varsavia un narciso di carta, simbolo della memoria della rivolta. A questa azione civica aderiscono scuole, biblioteche e istituzioni di tutta la Polonia.
Ma perché il narciso?
Uno dei sopravvissuti alla rivolta del ghetto fu Marek Edelman, ultimo comandante dello ŻOB (Żydowska Organizacja Bojowa – Organizzazione ebraica di combattimento; in yiddish ייִדישע קאַמף אָרגאַניזאַציע / Yiddishe Kampf Organizatzie), movimento di resistenza ebraica durante la Seconda guerra mondiale che ebbe la propria sede nel ghetto di Varsavia. La ŻOB era formata principalmente da giovani appartenenti ai movimenti giovanili sionisti di sinistra ed ebbe un ruolo centrale durante l’insurrezione del ghetto di Varsavia. Dopo la liquidazione del ghetto alcuni appartenenti alla ŻOB parteciparono, insieme alla resistenza polacca, alla rivolta di Varsavia (1 agosto-3 ottobre 1944).
Ogni 19 aprile, nell’anniversario dell’insurrezione, Marek Edelman deponeva un mazzo di fiori gialli sotto il monumento agli Eroi del Ghetto a Varsavia. Il narciso divenne così simbolo di rispetto e di memoria della rivolta. La campagna organizzata dal museo POLIN dal 2013 ha per fine la diffusione di questo simbolo e della conoscenza storica relativa all’insurrezione del ghetto.