Truffa, corruzione, riciclaggio, inquinamento ambientale, associazione a delinquere, per arrivare al già ipotizzato “assumificio” con l’elargizione di posti di lavoro in cambio di favori alla “Girgenti Acque”, la società che gestisce il servizio idrico e fognario in molti comuni della provincia di Agrigento.
Queste le ipotesi di reato contenute nel provvedimento della proroga delle indagini preliminari firmato dal procuratore capo Luigi Patronaggio e dai sostituti Salvatore Vella, Alessandra Russo e Paola Vetro, vede indagati politici, amministratori, avvocati e giornalisti. Personaggi eccellenti, come nel caso del Prefetto di Agrigento, Nicola Diomede, al quale il provvedimento è stato notificato in Prefettura, dove Carabinieri e Guardia di Finanza hanno effettuato perquisizioni.
Tra i nomi degli indagati, Angelo Alfano – padre dell’attuale ministro degli esteri – gli ex presidenti della Regione Raffaele Lombardo e Angelo Capodicasa, l’ex presidente della Provincia Eugenio D’Orsi, gli ex deputati regionali Giovanni Panepinto e Enzo Fontana, il deputato regionale Riccardo Gallo Afflitto, l’ex presidente del Cga Raffaele De Lipsis, l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate di Agrigento Pasquale Leto, l’ex direttore dell’Inps Gerlando Piro, il presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella.
A distanza di una settimana dalla perquisizione degli uffici dell’Hidortecne (amministrata da Pietro Arnone), e di “Girgenti Acque, presieduta da Marco Campione (entrambi risultano indagati) l’elenco si arricchisce di nuovi nomi, compreso quelli dei giornalisti Lelio Castaldo e Franco Castaldo.
Una maxi inchiesta che ipotizza un’associazione a delinquere legata anche ad assunzioni a “Girgenti Acque“. Secondo i pm, infatti, molti degli indagati avrebbero beneficiato di assunzioni, per loro o per i propri familiari, da parte di “Girgenti Acque” in cambio di favori.
Un terremoto giudiziario che a differenza dei tanti che spesso assurgono all’onore delle cronache giudiziarie e che vedono coinvolti politici e imprenditori, in questo caso, oltre a figure istituzionali di primo piano, vede coinvolti anche rappresentanti del mondo dell’informazione.
L’iscrizione di giornalisti al registro degli indagati, per fatti diversi dai reati più comuni ai quali vanno incontro gli operatori del mondo dell’informazione (come nel caso di denunzie per diffamazione a mezzo stampa) rischia di mettere in dubbio la credibilità di taluni media e getta ombre sulla loro capacità di plasmare l’opinione pubblica secondo interessi personali o in risposta ai desiderata di chi ne condiziona la libertà di informazione.
Non si può infatti sottovalutare il ruolo fondamentale che la stampa dovrebbe avere nel servire l’interesse pubblico: il watchdog, giornalismo del cane da guardia, visto come strumento di democrazia. La futura esistenza dei media liberi, come è noto, oggi è motivo di preoccupazione per molti. Leggi liberticide, monopolio dell’informazione, controllo dei media grazie all’affidamento delle pubblicità istituzionali rimesso alla discrezionalità del politico di turno, forme più o meno censorie nei riguardi della stampa più ‘scomoda’, sembravano aver già dato il colpo di grazia alla macilenta credibilità della stampa.
Se alla non imparzialità dell’informazione, alla politicizzazione di talune testate e di alcuni giornalisti, alla mancanza di pluralismo dell’informazione e alla dipendenza degli editori da potentati economici o politici, si dovessero aggiungere quelli che fino ad oggi erano aspetti che riguardavano più altre categorie che non il mondo del giornalismo, ci troveremmo dinanzi la più grave distorsione del concetto di libertà di stampa, con soggetti che per interessi personali avrebbero messo a servizio la loro penna, lasciando che Agrigento vivesse ancora nel periodo giurassico dell’informazione.
Sarà comunque la magistratura a dissipare le ombre che si addensano su parte della stampa agrigentina, nella speranza che nel più breve tempo possibile venga comunque fatta chiarezza sull’eventuale ruolo che i giornalisti indagati avrebbero avuto in quella che appare come un’organizzazione tentacolare che avrebbe condizionato vari settori della società.
Gian J. Morici
Silvio D’Auria