Il Tribunale di Roma ha negato a Dell’Utri, in buona sostanza, il diritto di farsi curare un tumore.
Il pretesto che però, potrà fare la spola sotto scorta tra la cella e la clinica per i trattamenti kemioterapici è un’odiosa beffa che si aggiunge al danno e che conferma la malafede.
La realtà è ancora più spaventosa. Alla condanna per un reato che non esiste se non nelle costruzioni fantasiose della prepotenza giudiziaria si è aggiunta la “conseguenziale” pena accessoria, in realtà più grave e spietata della principale (7 anni di reclusione): la perdita dell’identità umana. Dell’Utri è un “nemico” nel senso dato alla parola dal linguaggio inquisitoriale cattolico. “Il nemico” è il Diavolo. I “nemici” sono i “colpevoli”, anzi, anche gli indiziati. Sono “parte del nemico” della diabolicità. Sono peccato e colpa. Non più uomini.
Il diavolo, la “colpevolezza”, la mafiosità non si perdonano perché non c’è più l’uomo da perdonare, ma solo il mafioso. La colpa, la mafia, la diabolicità non hanno tumori, non hanno umanità, né sono “decaduti”.
Gli Avvocati di Dell’Utri, che si sono battuti egregiamente perché gli fosse riconosciuto il diritto di uomo gravemente malato, hanno forse sbagliato argomenti. Hanno invocato la Costituzione, le Convenzioni Europee, i diritti umani. E la ragione.
Avrebbero dovuto prendere atto subito che nel caso, in nome della lotta antimafia, erano applicabili rescritti e diplomi della Inquisizione di Spagna. Il “maleus maleficarum”, gli insegnamenti dei Padri Domenicani su come infliggere la tortura,
Siamo tornati alla Santa Inquisizione.
Mauro Mellini