La Camera Civile di Agrigento aderisce alla marcia silenziosa del 3 novembre per dare atto alla Comunità Ecclesiale Agrigentina di volere dare voce ad una città martoriata dalla indifferenza della burocrazia e dei poteri tutti.
Il problema che ha investito la collina su cui poggia la Cattedrale, non è certo della Comunità Ecclesiale agrigentina ma della collettività tutta. Ipotizzare che la soluzione sia chiudere Via XXV Aprile, arteria di rilevante importanza per collegarsi a Via Imera, Via Dante, Monserrato e Villaseta e a tutti i paesi di quel versante è di una gravità inaudita.
L’eventuale crollo e distruzione della Cattedrale offende non solo la Città, ma la culturale che è mondiale per costituire quel monumento la stratificazione di tante culture, testimonianze di tante epoche a partire dal lontano 1087 quando fu avviata la costruzione.
La distruzione di monumenti può essere addebitabile all’opera criminale dell’uomo, come è avvento di recente a Palmira ed in altri siti, ma può anche essere opera dell’incuria.
I primi sono comportamenti commissivi, voluti. Di non minore gravità è provocare la distruzione di monumenti per comportamenti commissivi. Ciò per non fare ciò che chi ha la funzione, il compito, l’obbligo di fare non fa.
Lo spessore “criminale” è equivalente, anzi è di maggiore gravità perché si pensa che la propria inerzia colpevole non sia rilevata, non determini lo stesso clamore mediatico.
La Comunità Ecclesiale ha avuto il pregio di dare a tali gravi comportamenti omissivi la risonanza che merita con l’avere organizzato questa marcia silenziosa, che invece deve trovare la voce nella partecipazione ed il risalto nella stampa e nelle televisioni, si spera non solo locale e ciò dipende dal giornalismo che deve fasi carico di non fare restare la notizia a livello locale.
Partendo da questa osservazione, questa Camera Civile di Agrigento invia alla Comunità Ecclesiale Agrigentina e per la stessa al Cardinale Francesco Montenegro, Ordinario Diocesano, e alla stampa, questa lettera con la quale manifesta la propria adesione, morale, all’iniziativa con ciò volendo difendere i valori della cultura che non sono solo della Città, ma del mondo. Il non impedire ciò che la burocrazia, le autorità competenti ed i vertici politici avevano ed anno il dovere di impedire equivale a cagionarli, è il nostro codice penale che lo prevede.
Speriamo che alla marcia partecipino solo i cittadini comuni e quanti anche se facenti pare di associazioni, o ordini non hanno per la funzione od il ruolo il dovere – potere di intervenire, di fare.
Chi ha un ruolo, deve chiudersi nel proprio ufficio, non fare nessuna passarella, e fare e dare alla Comunità agrigentina e alla cultura mondiale il risultato che il lavoro è stato cantierizzato con data vicina e certa della conclusione dei lavori.
Chi ha responsabilità e ruolo non può dire che il compito è di altri o che la burocrazia blocca o che gli ingranaggi sono tali da non far risolvere i problemi perché sono in quei posti per fare, con tutte le azioni utili anche giudiziarie, per dare risultati.
Si legge sull’’Amico del Popolo “6 anni di promesse non mantenute” al che ci si chiede e allora “Tu” che ci fai in quell’ufficio, in quel ruolo in quella “autorevole” funzione.
L’incuria è divenuta una regola, che dire del c.d. “Viadotto Petrusa” del “Ponte Morandi” e della strada per Palermo?.
Il Presidente della Camera Civile
Avv. Antonino Maria Cremona