Non essendo parte in causa non mi si potrà opporre che non è lecito disporre della pelle dell’orso prima di averlo preso. Né ho il timore di risultare tra qualche giorno cattivo profeta, perché profeta non sono e quindi non posso essere né buono né cattivo.
Parlo quindi di quello che sta per accadere in Sicilia. Anzi di quella parte di ciò che accadrà con le elezioni regionali che è già accaduto.
Intanto una cosa è certa: Crocetta se ne va.
Se ne va non rimpianto da nessuno, con una sgangherata sceneggiata, quella delle liste presentate accuratamente fuori termine per tentar di evitare di essere formalmente scacciato a pedate dagli elettori. Un espediente degno del personaggio.
Che sia stato il peggiore Presidente che la Regione Sicilia abbia avuto sono pochi in Sicilia ed altrove a dubitarlo, anche se il concorso a quel primato è affollato e variegato. Certo è stato il più pittoresco, addirittura caricaturale.
Caricatura di una “diversità rivoluzionaria” balorda ed arrogante. Caricatura che, peraltro, segna di sé un’epoca: quella dei profeti di sé stessi che ha fatto seguito alla categoria dei cattivi profeti di cattive ideologie che ci ha afflitto in precedenza. Profeti di sé stessi ce ne sono stati altri ed altri ce ne sono e ce ne saranno. Non si può confidare nel fatto che siano sicuramente meno micidiali dei profeti delle cattive ideologie.
Dire Crocetta significa, in Sicilia, anche parlare del futuro: di un futuro difficile che attende il suo ed i suoi successori. Futuro di lavoro per rimediare ai guasti delle sue baggianate. Augurandosi che vogliano e sappiano farlo, almeno quel tanto che è possibile.
Pare che il successore sarà Musumeci. Auguri. Ma questa è una previsione che ci scodellano i sondaggi. La dò così come la ricevo.
Quello che, invece, è certo, è che la voragine, il caos lasciato da Crocetta è clamoroso, più di quanto siano impegnati un po’ tutti, a proclamarlo.
Ma c’è un aspetto del futuro già attuale della Sicilia che mi pare debba essere discusso fin da oggi. Troppo poco se ne parla nella campagna elettorale e questo preoccupa per ciò che riguarda proprio la volontà, oltre che la capacità, dei successori di farvi fronte.
La Sicilia è oggi in balia di una nuova mafia: la mafia dell’Antimafia, che opprime, violenta e sfrutta la gente, i Siciliani, anziché i mafiosi.
In balia di un potere, quello del Partito dei Magistrati, che si è assicurato, esercitando spregiudicamente e con iattanza, il potere, intanto, di vita e di morte dei governi dell’Isola e della sua classe politica, che non è certo tutta da buttare. Il caso Cuffaro, quale che fosse il giudizio sul ruolo ed il valore del personaggio, resta ed incombe sulla Sicilia per quella condanna inferta in forza di una c, di una u, e di una o, ricavati da una comunque non troppo significativa intercettazione ambientale in casa di una terza persona.
Se, dunque, sarà Musumeci a raccogliere la pesante eredità di Crocetta (significativamente fatto salvo anche dalle “curiosità investigative” pericolose dei P.M. dell’Isola) dovrà fin dal primo giorno fare i conti con questo potere del Partito dei Magistrati, con gli umori della scheggia impazzita oltranzista ed apertamente komeinista di tale partito, con il suo potere di veto e, sostanzialmente, di “licenziamento” di ogni amministrazione. Dovrei aggiungere di ogni amministrazione non “allineata”. Ma questo è implicito.
Detto questo, non certo per minacciare, ma per incoraggiare (se è possibile) chi dovrà governare la Sicilia, occorre ricordare la cosa più importante: la rabbia dei Siciliani contro le angherie della mafia dell’antimafia, delle depredazioni “di prevenzione”, dello sfruttamento da parte di “industriali antimafia”, dei “munnizzari”, ed imprenditori d’altre attività in concessione e rabbia che l’intimidazione ipocritamente antimafiosa comincia a non poter più reprimere. Sarebbe meglio che esplodesse. E’ difficile, obiettivamente, che possa farlo con il voto, se non punendo, come è già, in parte, nei fatti, i rappresentanti politici che più smaccatamente hanno goduto nella parte di parassiti di quel sistema. Se un’esplosione non vi sarà e la rabbia ripiegherà su sé stessa produrrà il peggio per tutti: un’insanabile solco, una contrapposizione tra la gente e chi la rappresenta ed il governo. La mafia è nata così.
Se non vorrà affrontare questa battaglia, il Centrodestra pur vincitore il 5 novembre, sarà, in conclusione, perdente.
Mauro Mellini