Riceviamo e pubblichiamo il pezzo scritto per il thing-tank “Ama Nutri Cresci”.
Di questi tempi sono sempre più frequenti i bollettini di guerra. Così impegnati e preoccupati dagli attacchi terroristici dell’ISIS, ci dimentichiamo spesso del resto del mondo. In questi giorni ho quindi voluto cercare notizie e tenermi sempre aggiornata riguardo la drammatica situazione in Venezuela. Tra i quotidiani bollettini di morte e repressione, sono venuta così a conoscenza dell’arresto di Wuilly Arteaga, il violinista simbolo della protesta contro la deriva dittatoriale del presidente Maduro.
Già ferito il 22 luglio da un proiettile di gomma sparato dalla Guardia nazionale, è stato arrestato ed è oggi in carcere in attesa del processo, dal momento che la famiglia non può pagare la cauzione.
La lettura della storia esemplare di questo giovane ha fatto nascere spontanei in me una serie di interrogativi:
W V.E.R.D.I. è tornato attuale? Se è tornato il binomio musica-impegno sociale, la musica è ancora oggi portatrice di valori etici e morali? La musica è filosofia?
Ho voluto cercare risposte parlandone con una giovane violinista Camilla Dioli, da poco entrata nella prestigiosissima Onci (orchestra Nazionale Sinfonica dei Conservatori Italiani). La scelta di approfondire con lei tali tematiche non è casuale: anche Camilla, come il violinista venezuelano, ha deciso di impegnarsi anche con il violino su temi sociali, tra cui anche la violenza sulle donne, partecipando alla prossima Giornata internazionale Onu per l’eliminazione contro la violenza sulle donne.
Camilla mi ha fatto notare come “la Musica non può esser fatta dalle macchine, dai robot: è sì scienza e tecnica, ma anche passione, senza la quale la musica non esiste“. Da filosofa, amante della matematica, non posso dimenticare che il primo tentativo di scala musicale pare lo si debba al prediletto filosofo-matematico Pitagora che impiegando un monocordo e le proprietà delle frazioni crea la prima scala musicale “teorizzata”: pur risultando puramente “formale”, sebbene “quadrata” dal punto di vista numerico dei rapporti tra le varie note che la compongono; all’orecchio risulta essere alquanto sgradevole.
Non riesco a sorvolare sul fatto che da filosofa abbia studiato in paesi, quali la Gran Bretagna, ove la filosofia della musica viene spesso portata in palmo di mano, a differenza della conservatrice Italia che insiste sempre sulle medesime polverose materie, alcune poco accattivanti. Ebbene sì, per chi non lo sapesse esiste un’ampia branca della filosofia che studia la musica. Ma cosa si studia in filosofia della musica? In estrema sintesi: le questioni discriminanti circa la natura e il valore della musica e l’esperienza che gli esseri umani ne traggono, o sono in grado di trarne. E per di più la filosofia della musica presuppone la conoscenza di sé, di chi ci sta di fronte e a fianco.
Del resto, come mi ricorda Camilla Dioli: “Il mio amore per la musica è iniziato da bambina quando cantavo tutte le canzoni di Fabrizio De Andrè. Dopo anni, sotto la sua guida del Maestro Fabrizio Ragazzi, in una corsa sfrenata, ho appreso l’arte del violino e mi sono immersa nell’esperienza orchestrale. La musica, nello specifico infatti è suonare insieme. Al bando l’egoismo: importante è sentire le voci di tutti gli strumenti sovrapporsi fino a formare l’armonia.”
Il semplice e non scontato pensiero di non voler esser un primo violino a tutti i costi, mi ricorda come la buona musica e filosofia della musica rimangano composte socraticamente di dialogo. In modo che ho già avuto modo di accennare: a chi, pure non violinista o filosofo, può non interessare lo studio delle questioni fondamentali della natura, del valore della musica e dell’esperienza? Come ogni “filosofia di” presuppone “la conoscenza di”, e qui il fatto che sia specializzata in filosofia della conoscenza mi soccorre. Ma, a differenza di altre “filosofie di”, la filosofia della musica deve considerare, da un lato che i musicisti, specie coloro che praticano musica classica, il violino nello specifico, strumento difficile e poderoso, possiedono un forte background comune, il quale si manifesta nella cultura musicale e concertistica, dall’altro lato che la musica, specie non classica, gioca un ruolo significativo nelle vite comuni di molti uomini e donne fino dall’inizio della nostra umanità.
Da filosofa mi interessa capire cos’è la musica, non solo quella classica, imprescindibili Bach e Mozart, ma anche Bowie, Fabrizio De Andrè, De Gregori e i Placebo. Capire cos’è la musica è un’occasione per approfondire l’essenza stessa dell’uomo: quell’incontro tra tecnica e passione. Quanto più mi intriga è del resto indagare la relazione tra musica ed emozioni del musicista nonché dell’uditore, congiuntamente al valore che queste emozioni giocano nelle nostre vite, poiché ritengo che, benché il concetto di emozione sia difficile da catturare, non vi sia altro nella nostra esistenza psichica di più considerevole, per qualità e significato, delle emozioni stesse: conferiscono senso alla nostra vita e al suo termine. Non per nulla filosofi (e non solo) del calibro di Aristotele, Cartesio, Hobbes, Hume, Platone, Spinoza dedicano teorie sostanziose alle emozioni. Allora perché non partire dalla filosofia del violino e della musica per indagare meglio le emozioni umane?
Nicla Vassallo, 2 agosto 2017