Ho provato a riscrivere la pagina PRECARIO su Wikipedia, la libera enciclopedia per la quale scrivo, ma basta entrare nella pagina per comprendere tutte le mie perplessità a distinguerlo dal lavoro nero.
Il dramma dell’incertezza, la violenza della precarietà che colpisce i diritti e la stessa dignità dei lavoratori, può essere definito come un rapporto di lavoro in un ambiente di mafia. Proviamo ad immaginare la precarietà all’infinito, quando con qualche gioco delle tre carte, manipolati dalla stessa legge si è precari a tempo indeterminato. Proviamo ad immaginare i cambi di funzionari generali alla provincia, di direttori generali, alle asl, di segretari generali ai comuni,di presidenti etc ai quali si devono presentare I LAVORATORI PRECARI per subire l’esame di lavoro per continuare ad essere sfruttati e vessati.
La precarietà del lavoro marcia a tappe forzate verso lo schiavismo e le leggi che da trent’anni l’hanno autorizzata, incentivata, diffusa, hanno la stessa portata sociale e morale di quelle che nell’800 disciplinavano l’Asiento. ( il termine asiento in origine indicava qualsiasi accordo stipulato tra il sovrano spagnolo ed un privato cittadino, un contratto per l’importazione di schiavi neri nelle colonie spagnole in condizioni di monopolio)
Non si dice forse da trenta anni che le leggi sulla precarietà servono a far emergere il lavoro nero? Questo del resto sostengono tutte le istituzioni della Unione Europea, per le quali la merce lavoro non deve essere sottoposta a vincoli e controlli che ne impediscano la libera concorrenza. Se c’è disoccupazione è perché il lavoro costa troppo, bisogna che la concorrenza tra le persone ne abbassi il prezzo fino a che le imprese non trovino conveniente assumere. È la filosofia liberista della riduzione del costo del lavoro che dagli anni 80 ha ispirato tutte le leggi e tutti gli interventi sul mercato del lavoro delle istituzione europee e dei governi italiani.
Negli anni 70 il contratto di assunzione era tempo indeterminato con l’articolo 18, salvo eccezioni che erano davvero tali. Il collocamento allora era pubblico e numerico, cioè le imprese dovevano assumere seguendo le liste pubbliche di chi cercava occupazione, non servivano curriculum o altro. E la pubblica amministrazione non era sottoposta ai vincoli massacranti del fiscal compact e ai conseguenti tagli al personale stabile, sostituito dall’appalto e dal lavoro precario. Poi, tutto è cambiato, nel nome del mercato, della modernità, dell’Europa, questo sistema semplice, giusto e anche efficiente è stato metodicamente smantellato da tutti i governi, senza distinzioni di colore, con la il silenzio di Cgil Cisl Uil. Un silenzio storicamente granitico.
Oggi il collocamento è un affare delle agenzie interinali,una volta vietate come caporalato, i rapporti di lavoro precari sono una quarantina e lo stesso contratto a tempo indeterminato è una finta, visto che grazie al jobsact i nuovi assunti possono essere licenziati in qualsiasi momento,
e se un sindaco di qualsiasi città o paesino di provincia, si azzarda a regolarizzare i dipendenti del suo comune, apriti cielo tutti addosso, per non parlare del rischio di finire in tribunale.
Oggi si può essere assunti in Ungheria,in Romania,in Polonia,in Slovenia, con paghe del posto, grazie alla Unione Europea e alle sentenze della sua Corte di Giustizia nel nome della libertà di mercato. E le leggi sicuritarie, anti migranti e anti poveri, come la Bossi Fini e il decreto Minniti, sono una tecnologica riedizione delle misure contro il vagabondaggio degli albori del capitalismo, che avevano la funzione di imporre il lavoro forzato e semi-gratuito in fabbrica. Basta leggere i pensieri di filosofi ed economisti quali Marx-Weber- Commons- Fisher-Modigliani
Oggi è dilagato il precariato, ma contrariamente alle giustificazioni ufficiali la disoccupazione è esplosa e il lavoro nero continua a espandersi. I devastatori del diritto però non hanno fallito, perché alla fine hanno realizzato esattamente ciò che volevano, riportare le lavoratrici e i lavoratori nella condizione di soggezione degli schiavi. Il sistema di lavoro fondato sulla precarietà è prima di tutto una organizzazione violenta e criminale dello sfruttamento e della schiavizzazione delle persone.
La riforma dell’articolo 18 ha portato ad un clima peggiore nelle fabbriche e negli uffici. Dove si avrà sempre più timore a chiedere aumenti, a rifiutare gli straordinari, a protestare. Non c’è alternativa, la scelta oggi è tra condurre una vita di stenti, tra un lavoretto malpagato e l’altro, tra periodi di disoccupazione folli, senza stabilità o certezze, oppure scegliere di rompere il silenzio, l’isolamento, organizzarsi per lottare e riconquistare in prima persona la possibilità di decidere sulla propria vita.
L’abbandono dei giovani, completamente lasciati a se stessi e senza la possibilità di costruirsi un futuro, costituisce senza dubbio uno dei tratti più inquietanti dell’attuale società capitalistica occidentale. Varie sono le responsabilità dietro a una situazione così drammatica, che vede oggi il dilagare di occupazioni precarie prive di sicurezza sociale e individuale. In primo luogo quella di governi come l’attuale e quelli che l’hanno preceduto, composti da ministri le cui politiche sciagurate hanno ingigantito la precarietà sopprimendo il futuro di milioni di giovani.
Pochi mesi fa la USB ha indetto lo sciopero dei precari pubblici e una manifestazione a Roma sotto il ministero, manifestazione ben riuscita nonostante gli ostacoli posti dalla polizia. L’8 marzo è stata la volta degli ex LSU-ATA. Quei lavoratori utilizzati nel famigerato progetto “scuole belle” (stendo un velo pietoso sulle frasi dette dall’allora sottosegretario al MIUR Davide Faraone).
Il quale,a proposito di precari, oggi dice: “Le scuse e i motivi, veri o presunti, di rinvio sono finiti. La Regione siciliana può e deve procedere alla stabilizzazione dei precari che sono utilmente collocati nel bacino. Non si può aspettare più e ci sono, ormai, tutti gli strumenti normativi ed economici per procedere”. Che strana cosa è la politica! Faraone ha dimenticato di avere consegnato alle cooperative di ogni colore e specie, gli lsu-ata.
Il “suo”governo ha appena suonato la fanfara per qualche striminzito numero di disoccupazione in meno esaltando le riforme del mercato del lavoro che avrebbero permesso questo clamoroso risultato. Per questo, dopo aver abolito i voucher per evitare il referendum, stanno pensando di sostituirli con il contratto a chiamata, quello per cui si deve essere sempre a disposizione gratuita dell’azienda, in attesa di essere convocati per poche e sottopagate ore di lavoro.
Sulla stabilizzazione dei precari siciliani, il Presidente Crocetta ha più volte dichiarato: “Abbiamo inserito un paracadute con la possibilità per i precari che non vogliono attendere l’assunzione nei Comuni con la possibilità per loro di essere assunti dalla Resais e poi assegnati nello stesso Comune dove hanno sempre lavorato”.Ed ancora: “La nostra stabilizzazione non prevede alcun onere aggiuntivo per i Comuni e inoltre prevediamo incentivi per la fuoriuscita dai bacini con cinque anni di stipendio garantiti. Diamo inoltre il diritto di maternità, ferie e malattie anche ai 6 mila Asu”.
Dichiarazioni che hanno suscitato stizza del poliedrico e instancabile Gianni Savoca,dell’ USB Coordinamento Nazionale.
“È vero che le cicale cantano, caro Crocetta, ma è un canto che viene da un altro mondo, è lo stridore di una invisibile sega che sta tagliando le fondamenta del lavoro di questa Sicilia,la dignità di tanti giovani e disperati precari.
Il puzzo di questa scelta dal sapore elettorale è nell’aria. Larga parte della vecchia e della nuova politica non ha alcun interesse a stabilizzare i precari che lavorano da anni nelle pubbliche amministrazioni siciliane,è più logico tenerli in bilico,fino alla fine. Non è più tempo di combattere la precarietà solo nel nome delle convenienze economiche, ma in quello della libertà e dei diritti fondamentali della persona,in nome del popolo,della democrazia.
A questo proposito voglio ricordare una frase dello scrittore Leonardo Sciascia “Il popolo, la democrazia […] sono belle invenzioni: cose inventate a tavolino, da gente che sa mettere una parola in culo all’altra e tutte le parole nel culo dell’umanità.”
Aldo Mucci