59 missili Tomahawk lanciati nella notte di giovedì 7 aprile dai cacciatorpedinieri USS Porter e USS Ross nel Mediterraneo hanno colpito l’aeroporto militare de Shayrat vicino ad Homs. E’ la risposta di Donald Trump all’attacco di tre giorni fa all’attacco chimico contro Khan Cheikhoun che ha ucciso almeno 80 civili tra i quali 27 bambini.
La base è stata completamente distrutta e si tratterebbe quella dalla quale sono decollati gli aerei siriani che hanno colpito Khan Cheikhoun.
Trump è passato a questo attacco mirato dopo aver dichiarato che più “linee rosse” sono state superate. Ha prima avvertito il presidente russo Putin ed il Pentagono ha fatto sapere che si tratta di un attacco punitivo e non l’inizio di una campagna militare in Siria.
Putin ha già condannato l’attacco su uno stato sovrano ma bisogna dire che si trova ora in una posizione difficile dopo tutti i suoi veto alle risoluzioni ONU. Tra l’altro Trump ha chiamato tutti i paesi civili ad unirsi a lui sul caso Siria. L’ONU sino ad oggi si è limitata a discutere e ha abbandonato la Siria agli operatori umantari.
Non si tratta di un’operazione massiccia per destituire Bashar Al-Assad ma ci saranno sicuramente delle conseguenze dopo anni di sofferenza del popolo siriano. Fino ad ora gli USA non hanno mai dichiarato che bisogna rovesciare Assad ma che dovrebbe andarsene al termine di una transizione politica.
Trump ha avvertito le maggiori potenze dell’attacco senza però chiedere il “permesso”. Il Presidente americano ha dato il tono ma non è neppure passato dal Congresso USA che potrebbe eventualmente essere aggirato tramite le Leggi speciali solo per una risposta pronta ad una minaccia diretta agli Stati Uniti.
Quello che succederà nei prossimi giorni è nelle mani dei membri dell’ONU che da anni fanno tentativi diplomatici che non portano nessun risultato a quella che è detta “la più grande crisi umanitaria della nostra era”.
Trump è uscito dall’isolazionismo che ci si aspettava chiamando all’azione anche altre nazioni civilizzate. Ha dichiarato che la sua priorità resta l’eliminazione dell’Isis ma questa prova di forza potrebbe forse sbloccare una situazione di impasse diplomatica e di riunioni infinite che durano da anni mentre 7 milioni di siriani sono morti più quelli che fuggono dal questo paese martoriato in primis dal proprio capo.
Luisa Pace