Quando un nuovo anno è appena iniziato, tutti ci auguriamo di mettere alle spalle i vecchi problemi, per affrontare più serenamente le nuove sfide dell’anno in corso. Il 2017 è cominciato da poco, ma niente è cambiato rispetto all’anno precedente.
Putin, il nemico tanto acclamato dall’Occidente, è stato affiancato da non molto da un altro nemico ancora più pericoloso, tale Donald Trump, nuovo presidente americano. Accendiamo la televisione, e in tanti Tg vediamo scorrere le immagini di cortei contro Trump, in qualche città americana o in diverse parti nel mondo. Le prime pagine dei quotidiani sono dedicate ormai con frequenza alle decisioni del Presidente americano, qualsiasi esse siano. E poi ancora il caso Raggi, la Brexit, o il ritorno in campo di Berlusconi.
Ma c’è poi qualcos’altro, di cui si parla sempre troppo poco. Accanto ad alcune notizie certe volte davvero tragiche, c’è anche un’altra situazione davvero drammatica, in una parte del mondo non lontana da noi, che porta ogni giorno vittime, dolore, e distruzione: la Siria, dove è in atto da tanto tempo ormai una estenuante battaglia tra l’Isis e il regime di Assad, aiutato nel conflitto dal supporto militare di Putin. Nonostante ciò, il nemico integralista continua a conquistare villaggi, a torturare prigionieri, a schiavizzare le donne, non risparmiando nessuno, neanche i bambini.
L’Occidente è sempre più assente davanti a questo scempio, lasciando sola la Russia come unico vero partner militare di Assad nell’aspro confronto con tale nemico. Anche il nuovo presidente americano Trump muove passi molto timidi sulla questione Siria, non esponendosi per ora completamente. Sono diversi oramai, i territori conquistati o ripresi dalle truppe del Califfato: Raqqa, il distretto di Sharqat e Mosul in Iraq, solo per citarne alcuni, tutti nelle mani dei sanguinari seguaci dell’Isis. Nelle scorse settimane inoltre, nella quasi indifferenza generale, e nel ristretto rilievo dato da diversi mass – media occidentali, l’Isis ha pian piano riconquistato anche la città di Palmira, conosciuta in tutto il mondo per l’importantissimo sito archeologico di origine romana (antico regno della misteriosa e leggendaria regina Zenobia), meta di turisti da ogni parte del globo fino a pochi anni fa. Si, perché adesso tutto questo immenso e preziosissimo tesoro archeologico (dichiarato dall’Unesco nel 1980 Patrimonio Storico dell’Umanità) potrebbe a breve davvero scomparire del tutto, e non esistere mai più.
Le immagini satellitari di poche settimane fa riportate dall’agenzia statunitense Digital Globe, hanno evidenziato la distruzione in tale sito della facciata esterna del Teatro Romano e dell’importantissimo Tetrapilo (antichissimo monumento a sei colonne), tutto ad opera dell’Isis (notizia confermata anche dall’agenzia di stampa ufficiale siriana “Sana”), che considera sacrileghi tutti i templi religiosi romani e cristiani e le statue, in quanto reputati simboli dell’idolatria pagana (per lo stesso motivo i talebani, nei primi anni 2000, avevano barbaramente distrutto le statue di Buddha di Bamiyan, in Afghanistan, altro patrimonio archeologico mondiale, andato miseramente distrutto nell’indifferenza e nell’immobilità generale delle grandi potenze mondiali).
Diverso tempo fa, in tutto il corso del 2015, tale sito era già stato teatro di devastazioni da parte dei guerrieri dell’Isis, che avevano fatto saltare in aria diversi importanti monumenti di tale patrimonio storico con potenti cariche esplosive (intorno al 23 Agosto di quell’anno, venne letteralmente ridotta a pezzi una delle strutture più antiche, il Tempio di Baalshamin; non meno scalpore aveva suscitato subito dopo la distruzione, intorno alla fine di quel mese, dello storico Tempio di Bel o Baal, di cui rimane ora solo l’ingresso; poco dopo, nel mese di Ottobre, fu quasi totalmente distrutto anche l’Arco di Trionfo, altro rinomato monumento storico di tale sito, ora ridotto a un mucchio di macerie); riconquistato in seguito dalle forze siriane, a inizio 2016, con il fondamentale supporto dei bombardieri russi (non americani, s’intende), era stato in seguito destinato ad un completo progetto di restauro e ristrutturazione.
Ora, caduto di nuovo in mano ai terroristi, rischia di nuovo di scomparire. L’Occidente sembra non preoccuparsi troppo di ciò, è tutt’ora troppo impegnato nelle sue continue polemiche con Trump, ma nel frattempo il patrimonio storico di Palmira rischia di scomparire.
Per adesso è ancora lì. Ma per quanto ancora?
Graziano Dipace