Dall’ospedale parigino dal quale non può muoversi per le gravi ferite riportate durante l’attacco al “Carrousel du Louvre” il 3 febbraio scorso, il presunto terrorista che aveva cercato di entrare nel centro commerciale sottostante al Museo ha ammesso di essere egiziano e di chiamarsi Abdallah el-Hamahmy. Ha anche dichiarato che aveva l’intenzione di attaccare un “simbolo della Francia” anche per farne cadere l’economia e di volersela prendere con i dipinti. Nei due famosi zaini, le uniche armi trovate sembrano infatti delle bombolette spray di vernice. Intendeva anche vendicare il popolo siriano. Si è detto “fervente pacifista” e secondo gli inquirenti i machete con i quali si è scagliato sui militari non erano affilati…
Gli inquirenti sono perplessi in merito a talune dichiarazioni anche perché il “pacifico aggressore” pare abbia avuto scambi di comunicazioni con sostenitori dell’Isis.
A questo punto è legittimo chiedersi se il pacifico egiziano non sia confuso dai farmaci e dalle cure prodigategli all’ospedale Pompidou, peraltro ben reputato. Se non lo è non ha nessuna conoscenza del Louvre e del posizionamento delle opere d’arte e magari “troppo in bolletta” per permettersi un biglietto per entrare nel celeberrimo museo. Infatti ha cercato di entrare nella zona commerciale.
E’ vero che anche a fianco della piramide rovesciata si può accedere alla hall del Louvre ma sempre presentando il biglietto e passando un’ulteriore controllo.
Dobbiamo quindi pensare che si è complicato l’esistenza da solo cercando di passare ben due controlli, con due machete e due zaini? Peraltro in un centro reputato a rischio in questo periodo e dove anche solo il dubbio di un possibile attentato fa isolare la zona con tanto di muri antincendio, o antitutto, che scendono rapidamente dall’alto. Provate per credere.
Ci vorrà tutta la pazienza degli inquirenti per dipanare questa strana storia, anche perché la salute del “pacifista” è peggiorata e la custodia cautelare è stato sospesa causa malattia. E’ vero che non può andare da nessuna parte e che l’ospedale è blindato per tutti.
Mi è sfuggita una certa ironia. Tra Abdallah armato di bombolette spray e Salam Abdeslam – il solo terrorista sopravvissuto all’attentato del 13 novembre 2015 – che non vuole parlare con i giudici ma che ha uno scambio epistolare con una misteriosa donna pur essendo sorvegliato specialissimo, vivendo a Parigi dove hanno condannato diversi ingressi ad amministrazioni, centri commerciali, luoghi turistici, media… per migliorarne la sicurezza, dove il metrò conta più militari che controllori, dove il triangolino di allerta “Vigipirate” ci ricorda ogni istante che dobbiamo stare all’allerta… o ci terrorizziamo o pazientiamo in attesa che questi “presunti terroristi” dicano qualcosa di sensato.
Ma neanche. Speriamo che i loro scambi di messaggi mettano gli inquirenti sulla strada giusta.
Luisa Pace