C’è un’evidente tendenza, che a tratti si manifesta essere una programmata manovra, a voler mettere sullo stesso piano, o, almeno, a voler creare un’attenzione “compensativa”, tra la sconfitta di Renzi e del P.D. sul referendum costituzionale e la crisi del Movimento 5 Stelle e della Giunta Raggi a Roma.
Ciò solo in parte assai modesta è il portato dell’impostazione della campagna referendario di Renzi e della sua “personalizzazione” del referendum, che, poi, era il tentativo di far “personalizzare” il NO.
Credo di non essere sospettabile di simpatie per i Grillini. Ne ho scritto sempre quello che ne pensavo, della loro “antipolitica”, del loro rozzo populismo, della loro sciagurata funzione di tifoseria, delle peggiori espressioni della politica del Partito dei Magistrati. Ma questo non mi impedisce, anzi, semmai doppiamente mi legittima, a rilevare aspetti inquietanti della campagna “antigrillina” scatenatasi oggi, da parte, poi, del vero (e pericoloso) partito populista, “della Nazione”, Renzista e dai suoi più o meno manifesti alleati.
Che dare la stessa evidenza, anzi, dare oramai molta di più, alla crisi della Amministrazione Raggi, ed alle batoste prese da Renzi e del “Partito della Nazione”, sia, oltre che una baggianata, l’espressione di un basso livello morale e un allarmante sintomo della spregiudicatezza del modo di affrontare una sconfitta, un sintomo del perdurante disegno autoritario, mi sembra abbastanza evidente.
Certo, i Cinquestelluti pagano oggi il prezzo di una loro iattanza nel proclamarsi “diversi da tutti gli altri”, il loro “splendido isolamento”, la loro riluttanza ad accettare (e, magari, ad egemonizzare, come il loro più forte impegno avrebbe potuto portare a pretendere) lo stesso movimento popolare per il NO. E si potrebbe continuare.
Ma se di tutto ciò si vuole fare la base per un “ben gli sta’” dell’assalto politico-mediatico alla Giunta Raggi, da parte di quanti ora si accorgono del marciume dell’Amministrazione Capitolina e dei Padroni della Città, questo è da definire un tentativo da definire abietto ed anche stupido, che tende ad imporre un populismo più populista e rozzo di quello degli stessi Grillini.
D’altro canto sembra pure certo, anche se meno evidente e scoperto, che Renzi pensa di superare la clamorosa sconfitta di quello che egli stesso aveva proclamato come il fondamento della sua politica, del suo governo e del suo “Partito della Nazione”, erodendo il Movimento di Grillo, al contempo conservando o, magari, acquistando qualche alleanza, cosa difficile per chi è sconfitto, promettendo le briciole del pasto consentito da un’ipotetica disgregazione grillina.
Il “pericolo 5 Stelle”, che è, in realtà il pericolo del dissolversi degli ideali politici liberali, democratici e di una qualsiasi classe culturale e capace di rappresentarne i valori, è divenuto il sostitutivo di ogni programma delle altre forze politiche. In primo luogo del Partito Democratico, che dell’antipolitica grillina, con la riforma costituzionale sonoramente bocciata il 4 dicembre, aveva fatto un’orribile miscuglio populista in funzione concorrenziale.
L’antipolitica si batte con una buona politica e con il rispetto delle regole, non con la concorrenza sui più beceri temi di un populismo di infimo ordine, né barando al giuoco democratico.
Ho l’impressione che, se non per Grillo, per una sostanziale antipolitica stiano lavorando in molti. A cominciare da Renzi.
Mauro Mellini