Le manovre ambigue degli ambienti finanziari e dei “poteri forti” per condizionare negativamente l’impegno del Centrodestra per il NO al referendum sembra che siano destinate all’insuccesso. Si erano rivelate nel peggiore dei modi, profittando dell’assenza dal campo di Berlusconi, sottoposto a quella grave operazione al cuore e ciò aveva conferito il segno della brutalità all’intervento “nazarenico” di Confalonieri. Il “commissariamento” di Forza Italia, del resto, a parte ogni altra considerazione sul metodo, suscitava non ingiustificate preoccupazioni sul significato e sugli sbocchi di quella nomina “tecnica”, marcatamente aziendalistica, di Parisi.
Per questo i primi interventi di quest’ultimo, con le sue taglienti considerazione sulla “riforma” boscorenziana e la chiarezza dell’impegno per il NO hanno rappresentato motivo di sollievo e di fiducia nella linearità ella condotta di Forza Italia, ripresa in mano senza cattive sorprese da Berlusconi.
Resta da vedere se alla chiarezza dell’impegno e al bando degli equivoci corrisponderà anche una campagna di adeguata efficacia per il NO.
Dovrebbero non esservi dubbi che, fugati gli equivoci e rintuzzati i sospetti, la “rinascita” di Forza Italia e del suo ruolo nello scenario politico italiano non solo non potrà prescindere dalla campagna per il NO e dal suo successo, ma dovrà “passare per il referendum e per la vittoria del NO”, altrimenti avrà ben poche prospettive di concludersi con significativi risultati.
L’adunata dei “moderati” che Berlusconi nuovamente vuole suonare non è disegno politico chiaro e brillante. La “moderazione”, mancando il riferimento rispetto al quale andrebbe commisurata è, al contempo, proposizione vaga, discorso poco significativo e atteggiamento allarmante perché, così, evoca più il disimpegno che la convinzione e la passione politica. Questa insistenza di Berlusconi nel voler disegnare un “partito dei moderati” è, del resto, solo in parte dovuta alla sua origine e cultura politica, perché, per altri versi ciò gli deriva dal fatto di aver dovuto tenere assieme ed egemonizzare con notevole difficoltà una coalizione nella quale pochi altri elementi comuni avrebbero potuto ritrovarsi.
Pare (lo scrive Il Giornale a lui più vicino) che per la “Convenzione” di Milano che segnala la partenza per il “nuovo corso”, Berlusconi non voglia la presenza dei “politici”, ma quella di esponenti ed appartenenti della “società civile”. E’ un ennesimo contributo che Berlusconi paga alle sue origini ed alle circostanze nelle quali fece la sua scesa in campo. E’ il tributo all’antipolitica” che sempre ha fatto parte del suo bagaglio culturale, cosa che ha segnato un grave limite alle sue capacità ed al suo ruolo.
Berlusconi andò ad occupare il vuoto che un colpo di Stato giudiziario aveva creato nella classe politica italiana. I giornali fiancheggiatori di tale operazione invocarono allora che a governare il Paese venissero fuori “esponenti delle società civili”.
Un’espressione, questa abbastanza vaga e priva di senso. E pericolosa, perché, poi indicarono magari, Di Pietro e Borrelli come esempi di chi avrebbe dovuto governarci in nome di tale formula.
Berlusconi rimase sempre pericolante tra una funzione di restaurazione e di salvataggio della classe vittima del Golpe e quello di rappresentare il “nuovo” che quell’intervento violento avrebbe dovuto imporre. Un “nuovo” che, peraltro gli stessi golpisti avevano previsto nel “salvataggio” degli sconfitti nella catastrofe del socialismo reale e nella loro occupazione dei poteri dello Stato che essi non avevano saputo neppure concepire quando la loro ideologia e la loro proiezione “reale” erano vive e vitali nel mondo.
Da ciò la debolezza intrinseca di Berlusconi e del suo partito, consistente nel fatto di poter solo vincere e governare, incapace, invece di sopportare sconfitte e di svolgere un ruolo di grande responsabilità anche all’opposizione del pur posticcio sistema e di resistere, facendone una battaglia di valori fondanti dello Stato, all’offensiva di un vero e proprio “Partito dei Magistrati” cui la Sinistra Italiana ha rimesso per decenni, tutta la sua funzione in esso vedendo tutte le sue speranze.
Ora Berlusconi e Forza Italia avrebbero certamente l’occasione di una ripresa libera dai limiti impliciti e dai pregiudizi che ne muovevano il pur grande successo nel ’94 e negli anni successivi. Il referendum costituzionale apre loro la strada per qualificarsi come una forza liberale ed un baluardo non contro i fantasmi del comunismo, ma contro la realtà melmosa ed ambigua dei suoi eredi e di tutta una pseudosinistra dai connotati dolciastri e venefici del cattocomunismo.
Il NO alla Costituzione su misura delle velleità del Renzismo e del “Partito della Nazione” è di per sé una base per un indirizzo liberale di una formazione politica che possa investirvi tutto il suo potenziale ed il suo avvenire.
Ci preoccupa che, malgrado queste prospettive, Berlusconi insista in certi atteggiamenti dell’”antipolitica”, che manifesta sia con il continuo rivolgersi ad ipotetici “moderati”, sia coll’affermare che quelli che vuole nel suo partito sono non “i soliti politici” (e per certi “soliti”, che si era scelto, ha pure ragione) ma esponenti della “società civile” (che vattelapesca che cos’è).
Non abbiamo inteso, finora, quell’appello alla resistenza della “giurisdizionalizzazione” della vita pubblica ed alla dittatura ed ai maneggi delle Procure, che hanno già così gravemente disfatto il tessuto democratico della Repubblica. Un appello che Berlusconi ed i suoi avrebbero tutti i titoli per rivolgere al Paese. Non è “dimenticando le persecuzione giudiziarie” che si risolve il problema, che non è di generosità o di risentimento personale.
Detto tutto questo faccio a Berlusconi ed i suoi, i miei, i nostri migliori auguri.
Il superamento della polverizzazione della Destra, oltre che rappresentare una riparazione degli effetti di un delitto di colpo di Stato giudiziario, è essenziale per fugare definitivamente il progetto di Partito della Nazione in cui è insito l’autoritarismo e l’incompatibilità con la democrazia. Una Destra che sappia fare la Destra ed una Sinistra che sappia fare la Sinistra. Gli equivoci sono l’anticamera delle catastrofi.
Mauro Mellini