Vi sono nella cosiddetta riforma costituzionale renziana connotazioni che è difficile definire con il linguaggio e le parole delle normali discussioni politiche e giuridiche.
Riforma per più versi semplicemente demenziale
E’ noto che il “pregio” del contorsionismo logico e verbale frutto dell’“esperta” Boschi (“ovvia, ha fatto anche un master…”) sarebbe quello di aver abolito l’inutile “bicameralismo perfetto”, la “duplicazione” del Parlamento con gli euguali poteri di Camera e Senato ,“semplificando”, così il procedimento legislativo.
Ma la riforma Renzi, più che abolire il bicameralismo perfetto (cosa che si sarebbe potuta fare razionalmente e senza azzoppare il Senato) e non essendo essa arrivata a sopprimere la “seconda Camera” (come era stato già prospettato in un primo tempo nel Comitato dei 75, dell’Assemblea Costituente), e ciò per l’incapacità e l’impossibilità di cambiare tutta una serie di altre norme costituzionali che presuppongono l’esistenza dei due Rami del Parlamento (basti pensare all’elezione del Presidente della Repubblica e a tutte le altre da effettuarsi in “seduta comune”), ha invece voluto “depotenziare” il Senato, mantenendolo in vita solo per avvilirlo, arriverei a dire sbeffeggiarlo, facendone un residuato maltollerato e di impossibile (perché questa è, in fondo il risultato vero della “riforma”) autentico e valido funzionamento.
Renzi è mosso all’attacco del Senato più per l’astio che gli deriva dall’avere, in quella sede, trovato le maggiori difficoltà e dovuto ricorrere ai più meschini mercanteggiamenti, piuttosto che per una visione armonica e logica del complesso apparato costituzionale.
Parlare di “astio” nei confronti del Senato può apparire eccessivo, anche perché ciò implica che l’attuale Presidente del Senato, un Magistrato “prestato” alla politica, Grasso, che con i suoi poteri ha facilitato l’assalto renziano senza aprir bocca sulle demenziali e “punitive” norme dirette a squalificare quell’organismo ed a ridurlo ad un miserevole “Senaticchio”, può sembrare un’accusa di tradimento e fuor di luogo in una valutazione di norme costituzionali.
Ma a dover ammettere che non è così e che parole ancor più dure, mutuate, magari, dalla scienza psichiatrica, sono necessaria per non essere troppo benevoli, basta pensare alla figura, a mezza via tra lo spaventapasseri e Nembo Kid che verrebbe ad avere il Sindaco-Senatore.
I Sindaci-Senatori, grande trovata da bar di periferia del “riformatore Renzi”, concepiti perché “ovvia, così risparmio, perché sono già pagati come sindaci”, dovrebbero dividersi tra la loro Città, che li ha eletti magari in considerazione delle loro qualità personali e che nell’amministrazione cittadina “ci mettono la faccia” (quando ce l’hanno) e rischiano anche ogni giorno di incappare in qualche levata d’ingegno del primo Sostituto Procuratore cui il loro profitto non sconfinfera, ed un “Senaticchio”, nel quale, dato anche il numero assai ridotto di Senatori (!00) il lavoro non mancherebbe affatto, non solo, ma che dovrebbe essere compiuto entro termini iugulatorii, ristrettissimi, con ingiunzioni a deliberare anch’esse espressioni dell’astio accumulato dall’ex Boy Scout per i grattacapi che ha trovato a Palazzo Madama.
Leggete l’art. 10 della legge della cosiddetta riforma, già significativo per la sua aggrovigliata complicazione e per la sua lunghezza. Lo troverete pieno di vere e proprie “intimazioni” al Senato, di “termini perentori” che denotano lo spirito di maltolleranza che ispira quell’osceno pastrocchio. Il Senatore-Sindaco, magari di Enna, di Pozzallo, oppure di Vipiteno o di Lecce, convocato d’urgenza a Roma perché c’è da “provvedere se no scadono i termini”, dovrebbe piantare in asso Giunta, Consiglio Comunale, piano regolatori e controversie sindacali con i netturbini, per ubbidire alle intimazione della Costituzione Renziana.
Trasformatosi in Nembo Kid dovrebbe prendere il volo sui piani, sui monti e sui mari per essere a Roma in tempo.
Il tutto, dice Renzi, e lo scrive nel suo progetto, senza un soldo di indennità, tanto è Nembo Kid, e come tale, vola senza biglietto. “Comunque, ovvia, lo paga il Comune…”.
Ci sono poi i cinque Senatori nominati dal Presidente della Repubblica, per menti eccezionali, avendo illustrato la Patria nelle “lettere, nelle scienze etc. etc”.
Illustrazione della Patria che però ha effetto per anni sette, dopodiché perso il lustro, non sono più Senatori e neanche Senatoricchi. Essi non avrebbero una lira di “indennità”, né dal “Senaticchio”, né dal Comune o dalla Regione. Perché “ovvia, sì, non sono pagati dal Comune, ma se sono tanto illustri qualcuno uno stipendio glielo darà”. Così ragiona Renzi.
Risultato della promessa “semplificazione” del processo legislativo con l’abolizione del “bicameralismo” perfetto: 7, (sette) diverse forme di legislazione: monocamerale, bicamerale, bicamerale condizionata, monocamerale condizionata etc. etc. etc. Con difficoltà e controversie sulla necessità di procedere con l’uno o con l’altro sistema, con la certezza di aprire un contenzioso inestricabile per anni ed anni.
E’ mai possibile che un Tizio che si ritiene l’UOMO DELLA PROVVIDENZA, l’indispensabile guida delle sorti del nostro povero Paese, possa maltrattare demenzialmente le regole fondamentali della nostra Repubblica?
Mauro Mellini