Si potrebbe definire “emozione discriminante”. Si potrebbe fare un cinico studio sull’emozione post attentati con un punteggio da 0 a 10. Quanto commuove un attentato a Parigi? Direi che siamo al 10 su 10 perché Parigi è un simbolo. Tutto il mondo era con la Francia dopo gli attentati à Charlie Hebdo e quelli detti del novembre scorso. Per fortuna anche gli attentati in Tunisia, e particolarmente quello al Museo del Bardo hanno suscitato orrore. Forse perché si tratta di paesi vicini? Delle stragi in Yemen sembrano commuoversi in pochi. Chissà dov’è lo Yemen…
E’ profondamente triste che l’indomani mattina dell’attentato a Tel Aviv, avvenuto in un quartiere affollato, dove due terroristi hanno sparato sugli avventori di un caffè, come è successo a Parigi nei pressi del Bataclan, i titoli dei giornali occidentali sottolineino semplicemente che “Israele sospende i permessi d’ingresso ai palestinesi”. Tra l’altro, i due attentatori palestinesi erano entrati irregolarmente secondo la polizia locale.
Quello che è successo a Tel Aviv può succedere ovunque poiché i terroristi islamici hanno decretato che il mese del Ramadam deve essere il mese del Djihad. Ma nessuno, sui social networks, osa scrivere “Je suis Tel Aviv”. Nessuno si scandalizza del fatto che nella zona di Hebron, dopo la notizia, si sono degustati dolciumi per festeggiare la sparatoria.
Dobbiamo dedurne che la morte di 3 israeliani diversi feriti non tocca nessuno…
E’ politicamente corretto l’annuncio di Ismal Haniyeh, uno dei capi di Hamas, che si è congratulato per l’operazione che ancora non è stata rivendicata da nessuno?
Ah sì certo… è successo a Tel Aviv, in Israele. Far mostra di una qualunque emozione significherebbe passare per sionista destrorso… Stamani manca solo qualche illuminato opinionista che dica che se la sono cercati.
Ricordiamo una cosa: la morte di un innocente, che sia israeliano, palestinese, francese, yemenita, cristiano, musulmano, ebreo, buddista, animista, ateo… deve essere sempre e comunque condannata!!!
Luisa Pace