La separazione dei genitori costituisce, già di per sé, un evento doloroso per un bambino e se a detta separazione si aggiungono terribili ricordi del bambino di abusi e maltrattamenti posti in essere dal papà, il trauma – è ovvio – può avere effetti permanenti e devastanti.
In questi casi, gli assistenti sociali e i neuropsichiatri infantili, intervenendo, hanno il dovere di tutelare ed aiutare il bambino, perseguendo con convinzione l’esclusivo, supremo e preminente interesse del minore.
Purtroppo, tristi storie di ordinaria quotidianità insegnano che non sempre è così e che, spesso, i minori vengono considerati dagli operatori dei servizi sociali, non già piccole ed indifese creature umane da “salvare” e proteggere, ma meri “lavori burocratici”, oggetto di un decisum del Tribunale che, mal interpretato, deve essere ottemperato senza “se” e senza “ma”.
E’ questo il caso di Mario (il nome è di fantasia), figlio di una coppia in fase di separazione e, segnatamente, di una mamma amorevole che si prende cura di lui e di un padre che, come evidenziato dai periti del Tribunale, presenta “considerevoli tratti di personalità narcisistica, paranoide, ossessiva-compulsiva che meritano un’adeguata attenzione clinica”.
Mario oggi è un bambino di otto anni, che, traumatizzato dai gravi comportamenti assunti in passato dal padre (quel padre che, a seguito di macabri racconti del bambino, è stato querelato dalla mamma per il reato di cui all’art. 609 bis c.p. e che, per questa ragione, non vede da diversi anni), proprio di recente urla a squarciagola agli operatori e periti incaricati dal Tribunale di per i Minorenni di Catania di non voler incontrare il proprio papà.
Urlo che, però, non viene sentito, ascoltato e rispettato né dalla nominata neuropsichiatra infantile, né dall’assistente sociale, le quali pur conoscendo la delicata vicenda in parola, trascurano il vissuto ed il benessere del bambino, interpretando arbitrariamente il provvedimento dell’Autorità Giudiziaria, così procurandogli un serio e grave pregiudizio.
Eppure il Tribunale per i Minorenni è stato chiaro sul punto: ha incaricato “una equipe composta da personale del Servizio Sociale del Comune di Riposto, del S.N.P.I. dell’ASP – Distretto di Giarre e del Consultorio Familiare dell’ASP di Giarre, di individuare le opportune cautele da adottare per il benessere di Mario per avviare e mantenere gli incontri autorizzati con il padre”.
Tuttavia, “le opportune cautele da adottare per il benessere di Mario” non vengono assolutamente prese in considerazione.
Nel caso specifico la Neuropsichiatra infantile del Comune di Giarre e l’assistente sociale del Comune di Riposto hanno letteralmente imposto al bambino di incontrare il padre nell’imminenza, nonostante il piccolo manifesti il suo totale, fermo ed assoluto dissenso a detti incontri.
Eppure, il percorso intrapreso avrebbe dovuto avere l’unico, preminente ed esclusivo fine di perseguire l’interesse del bambino che allo stato, invece, appare totalmente messo da parte.
Purtroppo, questi incontri tra il minore e gli operatori (che invero dovrebbero tutelare il bambino nella sua interezza), lo hanno duramente provato, provocandogli un generale malessere psico-fisico (quali epistassi, calo dell’alimentazione, enuresi notturna, disturbi del sonno, comportamenti aggressivi e autolesionistici): tutti segnali evidenti di disagio del minore.
Se ai superiori episodi che hanno compromesso il sereno equilibrio di Mario, si aggiunge anche quanto l’assistente sociale ha arbitrariamente riferito alla madre, ben si comprende come, nell’intera vicenda, non venga veramente e sinceramente rispettata la sofferenza del piccolo.
Ebbene, proprio di recente, l’assistente sociale incaricata ha reiterato alla madre una serie di deduzioni abnormi: trascurando la triste vicenda che ha coinvolto il piccolo Mario e le varie perizie ove emerge un’agghiacciante personalità del padre, ha asserito che il bambino non può essere allontanato dal genitore; ha, addirittura, affermato che i disturbi del bambino sono riconducibili al contesto familiare in cui vive; infine, quel che è più grave è che la medesima ha ingiustamente ed ingiustificatamente minacciato la madre di collocare il piccolo in una casa famiglia, nonostante i periti nominati dal Tribunale abbiano proposto di “mantenere al momento il collocamento del minore presso la madre perché un cambiamento brusco e repentino del collocamento potrebbe causare un ulteriore trauma all’interno della già delicata emotività del minore
E’ sotto gli occhi di tutti la vera causa del disagio di Mario, riconducibile alla figura del padre, ma, ciecamente, viene oscurata.
Difatti, da ultimo, il Dott. Rio Bianchini, Specialista in Neuropsichiatria Infantile, e la Psicologa Dott.ssa Rosemarie Pulvirenti, nella relazione neuropsichiatra sul minore redatta l’1/3/2016 hanno analiticamente e puntualmente evidenziato come il bambino, seppur sereno nel contesto in cui vive, abbia subito dei traumi indelebili e che la figura paterna sia per il piccolo fonte di ansia di elevata intensità.
In questa delicata vicenda si contrappongono due versanti: da un lato, il malessere psicofisico di un bambino di otto anni e, dall’altro lato, la superficialità e la sommarietà con il quale chi dovrebbe avere le giuste competenze mal interpreta un provvedimento, minacciando gratuitamente ed ingiustamente di collocare il bambino in una casa famiglia, oltrepassando i limiti del provvedimento stesso e delle deduzioni contenute nella perizia dei consulenti nominati dal Tribunale, e compromettendo la salute psico-fisica del minore.
Per questa ragione, in data odierna la mamma di Mario, difesa dagli Avv.ti Giuseppe Lipera e Giacomo Pennisi, ha avanzato al Presidente del Tribunale per i Minorenni di Catania, Dott.ssa Maria Francesca Pricoco, e al Procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni, Dott.ssa Caterina Ajello, istanza di immediata revoca o, in subordine, di immediata sospensione del provvedimento in parola, evidenziando l’assoluta inadeguatezza dei servizi sociali incaricati e del servizio di neuropsichiatria infantile e richiedendone la surroga.
Infine, la medesima istanza è stata trasmessa al Procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Catania affinchè valuti se nelle condotte poste in essere dall’assistente sociale e dalla neuropsichiatra infantile si ravvisino estremi di reato e per ulteriormente evidenziare i denunziati abusi di pedofilia posti in essere dal padre del bambino.