Bruno Contrada, è l’ex funzionario del Sisde che il 5 aprile 1996 fu condannato ad una pena di dieci anni per concorso esterno in associazione di tipo mafioso. Una sentenza annullata dalla Corte d’Appello di Palermo, successivamente confermata da un’altra sezione di quest’ultima e in via definitiva da una sentenza della Corte di Cassazione.
La controversa vicenda, portò lo stesso Contrada, tramite il suo difensore, avvocato Giuseppe Lipera, a rivolgersi alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo, che lo scorso anno ha inoltre sancito che nel caso Contrada c’era stata la violazione di quanto dettato dalla Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, visto che l’imputato era stato condannato per “concorso esterno in associazione mafiosa”, un reato non previsto da nessuna legge del Parlamento italiano e che secondo il principio “nullum crimen, nulla poena sine praevia lege poenali”, recepito e conclamato dall’art. 7 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, avrebbe dovuto avere come conseguenza l’assoluzione dell’ex funzionario del Sisde.
A seguito di questa sentenza, Contrada ha chiesto tramite il proprio difensore di fiducia, l’avvocato Giuseppe Lipera, la revisione di un processo che, a suo giudizio, lo aveva visto ingiustamente condannato.
In data 18/11/2015 la Corte d’Appello di Caltanissetta, Prima Sezione Penale ha rigettato l’istanza di revisione, fissando in novanta giorni il termine per il deposito delle relative motivazioni.
“Ad oggi – si legge nella nota in merito all’istanza di sollecito per il deposito delle motivazioni della sentenza di rigetto, presentata dall’avvocato Lipera al Presidente della Corte d’Appello di Caltanissetta – nonostante il termine sia ampiamente decorso, non risultano ancora depositate le suddette motivazioni”.
L’avvocato Lipera, nell’istanza presentata, ha inoltre evidenziato come vi sia necessità, considerata l’età avanzata del suo assistito, di proporre tempestivamente ricorso per Cassazione avverso la sentenza di rigetto.
Non si tratta della prima volta che le richieste presentate da Contrada vengono respinte.
Quando Contrada era detenuto presso il carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, presentò istanza chiedendo di porre fine o sospendere la pena, a causa dello stato di salute, essendo affetto da molteplici patologie.
Tanto la prima richiesta, quanto quelle successive, vennero respinte, nonostante la testimonianza in favore di Contrada da parte del medico della prigione.
Nel luglio 2008, fu inviato agli arresti domiciliari in casa della sorella “senza alcun contatto con persone diverse dai familiari e dal personale medico”.
Il tribunale respinse la richiesta di rinvio dell’esecuzione della pena , citando la pericolosità sociale della persona e il tipo di reato per il quale era stato condannato.
A seguito di questi fatti, per il periodo di tempo che va dal 11 maggio 2007 al luglio del 2008, la Europea dei diritti dell’Uomo, nel 2014, aveva già condannato l’Italia a risarcire Contrada per i trattamenti inumani e degradanti ai quali era stato sottoposto, visto che le patologie accusate e l’età dello stesso lo rendevano incompatibile con il regime carcerario, rappresentando dunque una violazione dall’articolo 3 della Convenzione sui diritti dell’Uomo.
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