Tutto cambierà. Nulla sarà come prima. A Roma si è scatenata una tempesta di legalità e di giustizia. Le mafie romane alla sbarra. La fine dei re di Roma e altro simil cazzeggio nazional-giornalistico-popolare sul tema: il processo di mafia capitale. Dunque, signori e signori, per la gioia della sinistra di lotta e di governo, invero più comodamente caratterizzata nel secondo aspetto, le cupole romane avevano come capo indiscusso il “brutto” “sporco” e fascista Massimo Carminati. Costui, male assoluto, protetto dagli immancabili servizi deviati, da quale giusto percorso non è dato sapere, è stato coadiuvato dal “finto” compagno,finto “rosso”, tal Salvatore Buzzi e da una “commissione” composta da politicanti di secondo piano che l’esuberante governatore della regione Campania, Vincenzo De Luca, non avrebbe difficoltà a definire: personaggetti. Ho assistito alle prime due udienze di questo “processone”,cosi come definito dagli esperti nelle arti del sembrare e ho percepito a pelle che qualcosa non andava. Le perplessità sono molte e richiedono analisi e giudizi che sono in attesa di ulteriori riscontri. Come sostiene, tra gli altri, l’avvocato Giosuè Naso, difensore del presunto “capo dei capi” della mafia romana Massimo Carminati, se le mafie nella Capitale hanno a capo “il cecato”, la lotta contro la piovra è vinta. L’avvocato Naso ha ribatezzato, a mio avviso con coraggio, l’evento giuridico-mediatico: il processetto. Dunque, se il risultato, del pur lodevole lavoro degli inquirenti, sarà quello che sta emergendo nel processo, si potranno dormire sonni tranquilli perché con la mafia, la poltitica romana che conta, non c’entra nulla. Poco o nulla è sfiorata la classe dirigente della Capitale dalla corruzione. Buzzi, Carminati e co. hanno fatto affari “sporchi” nella Regione Lazio e nel Comune di Roma , senza grandi complicità nelle istituzioni. Hanno inserito i loro “soldati” con nome cangiante, fin dentro le commissioni della prefettura e del ministero dell’interno, grazie all’aiuto della ” provvidenza” che sarebbe il caso di ridefinire la “ sprovvidenza”. Tutti sprovveduti i capi della politica romana. Alcuni di questi “ bamboccioni” nominavano i capi della polizia provinciale di Roma senza conoscerne passato e presente. Si accettavano, come si sostiene nella gazzetta delle fate turchine, voti e contributi da Buzzi e soci, senza promettere e fare nulla in cambio. Buzzi e Carminati, pagavano contributi “ elettorali”, votavano e facevano votare dei paladini della legalità che restano al loro posto perché innocenti a prescindere. Tutto a posto quindi. La mafia a Roma ha il suo capo: il nero Carminati, tanto cattivo da contaminare l’ex compagno Buzzi. Se il finale sarà questo siamo al vissero tutti felici e contenti. Proprio come nelle favole!
antonio turri