Sembra di assistere all’ennesimo talk show; l’ennesima, quanto sterile, tribuna politica.
Un “Late Show with David Letterman”, con tanto di prologo, monologo e disquisizione di avvenimenti (purtroppo, in questo caso, non comici).
Mancano solo la pubblicità, gli ospiti, l’orchestra che suoni in sottofondo, e l’esclamazione finale: “Good night everybody!”.
Il resto, c’è tutto. C’è il tema, il conduttore o conduttrice, la partecipazione del pubblico. Un talk show all’italiana, in “onda” sui social.
Argomento principe, un caso giudiziario che ha ricevuto attenzione a livello nazionale con conseguente campagna stampa che rischia, non solo di non fare chiarezza, ma anche di presentare gli indagati sotto una luce assai negativa, tanto da indurre, quantomeno l’opinione pubblica, a farsi un’idea della colpevolezza degli stessi, prima ancora che sia stata pronunciata una sentenza.
Una presunta verità mediatica alla quale siamo ormai abituati da anni, grazie a continue fughe di notizie che, diventate scoop per i giornalisti, si trasformano ben presto in sentenza di condanna anticipata. Sì, anticipata. Anticipata a mezzo stampa.
La morte di Stefano Cucchi, deceduto durante un periodo di custodia cautelare, ha avuto un notevole impatto sull’opinione pubblica. Interventi da parte di congiunti affinchè si facesse chiarezza sulla vicenda, qualche affermazione sopra le righe, tanto da essere oggetto di querela, processi dagli esiti non concordanti, e, purtroppo, gli interventi del pubblico che non conoscendo i fatti e le risultanze investigative, ha finito con il propendere per una delle parti in causa in maniera acritica, spinto da campagne mediatiche che non hanno tenuto in nessun conto il dramma dell’evento in sé e il coinvolgimento di persone che devono affrontare, se giustamente o meno sarebbe corretto spettasse alla giustizia deciderlo, una condanna, in questo caso morale.
Senza entrare nel merito delle risultanze investigative e degli atti processuali, non può sfuggire il fatto che le conseguenze di un processo che sta subendo un’enorme pressione da parte dei mass-media, fa sì che il miglior giudice sia diventato l’opinione pubblica, tanto da doversi chiedere se anche nel caso di un’assoluzione il “condannato mediatico”, o i condannati, potrà realmente tornare a essere innocente per tutti, dopo il pronunciamento della sua colpevolezza da parte dei giudici dei talk show.
Se si può ben comprendere un tentativo da parte di chi si sente vittima di avere giustizia; anche mediatica, se ha un senso la difesa di un indagato o imputato che sia, costretta a dover controbattere alle accuse anche al di fuori delle aule giudiziarie, riusciamo a dare lo stesso senso o a comprendere le ragioni di quanti in questi giorni stanno inveendo, minacciando o insultando i presunti, per una parte dell’opinione pubblica, colpevoli di questa triste vicenda di cronaca nera?
Ha un senso, una spiegazione, una giustificazione, il fatto che un giudice prenda posizione, tramite i social network, in merito ad un fatto di cronaca nera, lasciando intendere chiaramente di propendere per una delle parti in causa (Cucchi), prospettando suggerimenti al Pubblico Ministero, replicando a chi ha scritto che “i giudici non solo devono essere imparziali ma devono anche apparire come tali “, che “ i Carabinieri devono servire lo Stato e non difendersi tra loro per le malefatte compiute e per le quali sono in corso processi”, minacciando di informare i vertici dell’Arma dei commenti postati.
La Giudice Clementina Forleo ha dunque una certezza e non ne fa mistero. Quella delle malefatte compiute dai carabinieri .
Un processo, mediatico; una sentenza, anche questa mediatica. Come potranno i magistrati titolari dei processi mantenere l’indipendenza non lasciandosi condizionare da chi interviene, sui social network, in un processo famoso per curare la propria icona?
Come potranno mantenerla non lasciandosi condizionare da quell’opinione pubblica divenuta “miglior giudice” che pronuncia sentenze mediatiche sconoscendo fatti e atti?
E se a cotanto bailamme dovesse seguire un’assoluzione giudiziaria, che ne sarà della condanna mediatica e dei condannati?
“Good night everybody”, ma siamo certi che non vi siano pesanti responsabilità, quantomeno morali, nell’incidere trasversalmente in un procedimento penale e nel ledere, a volte in maniera irreversibile, sulla vita quotidiana, nella sfera degli affetti e sulla dignità di una persona?
gjm