“…Che c’è sopra la Corte d’Appello?”. “La Corte Suprema di Cassazione?”. “E sopra la Corte di Cassazione?”. “La Corte Costituzionale?”. Noooo!
E’ su di un altro “binario”, non è un organo della giurisdizione… “Beh.. già, non c’è niente, quella, è suprema!!!” Noooo! Sopra la Corte di Cassazione c’è…il Bar, anzi ci sarà presto, perché lo stanno costruendo…”.
Una volta il bar del Palazzaccio (dove c’erano Tribunale, Corte d’Appello e Cassazione, cioè, “tutto” tranne le Preture, rimaste a Via del Governo Vecchio e Via Giulia) era al piano terra in un vano a vetrate retrostante il “cortile d’onore” sulla sinistra di chi entra (ma entravano quasi tutti da altri ingressi).
Il bar era importante. Verso le 11,45/12 vi “passavano” un po’ tutti. Allora i magistrati non si vergognavano di farsi vedere in cordiale conversazione con gli avvocati. I giornalisti sgusciavano in mezzo ai crocchi, dopo aver adocchiato quelli più “interessanti”. Molte visite in ufficio erano evitate con un semplice incontro al bar ed un “Carissimo Dottore…Quando…- Stia tranquillo credo domani o dopodomani…”.
E così via. Il caffè non era un granché, ma i baristi funzionavano meglio dei computer ancora di là da venire. “Si è visto l’avv. X?” “Non ancora…viene sempre tardi…!!!” “E il dott….?” “Sì, stava con il Giudice Istruttore…sono andati via insieme…”.
Poi un brutto giorno venne giù un pezzo di soffitto proprio a due passi dal bar. Panico, sgombero, accertamenti. E la ferale notizia: “Palazzaccio c’è rischio che viè giù”. Pare che tutto dipendesse dal Tevere, impoverito di sabbia e di fango, che una volta deponeva più di quanti ne erodesse. E ciò a causa delle dighe costruite a monte.
Lo sgombero del Palazzo di Giustizia ha avuto un che di apocalittico. Ricordo che un giorno mi intrufolai nel Palazzo, oramai quasi deserto, per cercar di capire che fine potesse aver fatto un provvedimento “d’urgenza”. Si udivano i tonfi di pacchi di fascicoli buttati nel cortile dove i camion venivano a prenderli per portarli nelle sedi provvisorie del Tribunale e della Corte. Tocchi di martello all’ultimo piano completamente deserto e silente. Mi avvicinai e trovai un operario che stava “sistemando” uno dei bagni dei signori presidenti di Sezione. Una conquista da essi faticosamente ottenuta. Domandai al bravo operario che disposizione avesse avuto. “Nessuna…nun m’ha detto gnente gnisuno. Io continuo a lavorà. E m’hanno da pagà che si poi er palazzo crolla peggio pe’ loro, mica è mio…”. Chi sa come gli è andata.
I lavori di “messa in sicurezza” sono durati quasi vent’anni. Sono stati fatte delle sottofondazioni in cemento armato e, intanto, sono stati costruite delle “pensiline” con travi d’acciaio per parare eventuali cadute di macerie, pensiline rimaste a lungo dopo finiti i lavori e dopo che la Cassazione era tronata ad occupare il Palazzo. Ma solo la Cassazione. Nel frattempo raddoppiata. Da tre Sezioni penali a sei. Da Tre civili a sei, più la Sezione Lavoro e quella Tributaria. E poi il centro informatico etc.
Tribunale e Corte d’Appello hanno preso sede stabile a Piazzale Clodio, alla cosiddetta “Città Giudiziaria”. Dove però non c’era posto per il Tribunale Civile, che è rimasto alla Caserma di Viale delle Milizie, mentre la Sezione Lavoro ha preso sede all’ex caserma della 3° Z.A.T. (Zona Aerea Territoriale dell’Aereonautica).
Si è saputo che le travi d’acciaio per le “pensiline anticrollo” non erano state comprate, ma prese in affitto. Affitto di travi: chi lo avrebbe detto! Ho l’impressione che il “canone” sia costato il doppio del prezzo di quella roba. I lavori di “sottofondazione” sono costati, credo, più della costruzione stessa del Palazzo, statue o bambocci vari compresi.
Ora, però le sottofondazioni debbono essere ben salde, se si fa una sopraelevazione, magari modesta, ma sempre una sopraelevazione. Dove presidenti, consiglieri, avvocati e parti tremebonde potranno, in appositi meglio cadenzati intervalli delle udienze, andare a ristorarsi. Ed a spaziare con lo sguardo sui tetti di Roma. Così si allargano gli orizzonti della Giustizia. Che però tale e quale rimane in effigie (la colossale statua matronale che domina il cortile) a piano terra. Quella vera chi sa dov’è. Più pudibonda di chi la amministra, sarà andata a nascondersi. Né varrà l’odore del caffè a farla venir fuori.
Mauro Mellini
P.S. Ci sarà la licenza edilizia? Ma guarda che mi viene in mente!
E i fonti per i lavori? Saranno quelli degli interventi urgenti per la giustizia, le carceri, etc.?