La « mente » degli attentati di Parigi sarebbe stata identificata. Sarebbe Abdelhamid Abaaoud dal nome di battaglia Abu Umar Al-Baljiki.
Che sia o no l’ideatore delle stragi, benché giovane, ha 27 anni, è considerato uno dei maggiori attivisti dell’Isis in Siria. Viene dalla cittadina belga Molenbeek ormai tristemente nota per il numero di radicalizzati ed aveva “arruolato” anche il fratellino di 13 anni. Dato più volte per morto sembra sempre sulla breccia e viene citato in diversi attacchi passati. Nel gennaio scorso era stato già indicato come la mente ed anche il finanziatore della campagna terroristica e di attentati sventati in Belgio tra i quali quello dell’attacco al treno nel mese d’agosto che venne sventato dai passeggeri.
Anche se fosse veramente la mente di un’operazione così complessa e ben diversa dagli attacchi perpetrati da lupi solitari come il 7 gennaio scorso nella strage di Charlie Hebdo perpetrata dai fratelli Kouachi e quella dell’Hypercasher di place de la Nation a Parigi. Anche se non si notasse infine che l’Isis sta ormai agendo come un vero e proprio Stato e come tale ha fatto un’azione di guerra, la prima dalla sua creazione, comunque stiano le cose, il fatto che Abu Umar Al-Baljiki possa far parte degli organizzatori è inquietante.
Ma non è inquietante solo per la personalità dell’individuo. E’ inquietante perché le sue immagini, fotografie o video, con o senza barba, armato o disarmato, girano da tempo, da quando fuggì dal Belgio.
Nel n° 7 della rivista Dabiq dello Stato islamico, il terrorista ha rilasciato un’intervista edificante. Lasciamo perdere le domande preparate ad hoc. In sintesi Abdelhamid Abaaoud spiegava di essere stato in Belgio “perché membro della coalizione crociata”, aggiunge che erano soltanto in tre ed è fiero che i loro nomi girino in tutte le news. “Siamo stati in grado di ottenere armi e una casa sicura per portare a termine le nostre operazioni contro i crociati”. Nell’intervista ben preparata si vanta addirittura di essere stato fermato da un poliziotto che l’avrebbe raffrontato bene alla fotografia ma non vedendo la somiglianza l’ha lasciato andare. Questo “aneddoto” lo sostiene lui, quindi possiamo nutrire dei dubbi fino a prova contraria.
Racconta che mentre si trovava in Belgio “150 soldati francesi e belgi delle forze speciali hanno fatto irruzione e ne è decorsa una battaglia” e i sui due compagni sono morti. “L’Intelligence mi conosceva perché ero già stato incarcerato. Dopo il raid hanno pensato che io fossi con i fratelli per organizzare un’operazione. Quindi hanno lanciato ordini in tutto il mondo per farmi arrestare, dall’Europa all’America. Ed hanno arrestato musulmani in Grecia, Spagna, Francia e Belgio solo per prendere me. Hanno arrestato anche chi non c’entrava nulla!”.
E via così fino alla fine dell’intervista. Ma se le egocentriche ed esaltate dichiarazioni di Abdelhamid Abaaaoud assomigliano a quelle di altri suoi compagni, vogliamo capire cosa stanno facendo i governi? Per un buon funzionamento delle Intelligence serve un coordinamento sovranazionale, quantomeno europeo, che nell’identificare con esattezza cosa significhi terrorismo, si preoccupi di mettere a punto stretegie comuni e norme che devono essere necessariamente applicate in tutti i paesi membri della Comunità europea. Solo così si potrebbero seguire le piste di questi fanatici i cui volti tornano regolarmente alla ribalta. Volti e nomi. Sembra che non facciano grandi sforzi per nascondersi. Le dichiarazioni di Abdelhamid Abaaoud fanno venire i brividi non solo per le minacce proferite ma per la disinvoltura con la quale si era espresso già su Dabiq.
Disinvoltura che sembra non essere presa sufficientemente in conto dai governi occidentali. Questi personaggi varcano le frontiere, vanno e vengono a piacere da Siria, Iraq, Libia, sia attraversando la Turchia sia passando dal Mediterraneo. Dai fratelli Kouachi a Coulibaly, per non tornare ai tempi di Merah, la maggior parte di questi individui sono oggetto, in Francia, di una scheda “S”, ossia sono segnalati come radicalizzati. A cosa è servito averli schedati se poi non sono stati seguiti con la massima attenzione?
L’Isis lancia anatemi contro la Francia da tempo. Quando non sono su Twitter su altre piattaforme più difficili da monitorare ma le forze di polizia dovrebbero essere infine dotate dei mezzi e delle competenze necessari all’individuazione dei messaggi.
Manca probabilmente la volontà politica non solo all’interno dei vari paesi dell’UE ma anche, è forse questo è ancor più grave, di collaborare da una frontiera all’altra. Le frontiere si chiudono, ognuno si cura il proprio cortile come può ed il terrorismo indossa ora abiti da guerra.
Intanto sembra che Abu Umar Al-Baljiki si trovi a Raqqa.
Luisa Pace