Inquietante è probabilmente il termine più adatto per descrivere quanto è successo e sta succedendo sulla pagina Facebook di Gabriele Muccino. Non conosco bene il percorso del vilipendiato regista se non per sentito dire. Poco importa come poco importa la mia opinione sull’opera pasoliniana.
Inquietante perché il “caso Muccino” è solo un esempio di quanto succede sui social network e non solo.
Muccino, da regista, che piaccia o no, ha tutto il diritto di esprimere un’opinione sul Pasolini regista del quale peraltro non ha criticato l’opera letteraria, anzi.
Il pubblico, l’opinione pubblica, ha il diritto di dissentire o di condividere il suo pensiero ma con educazione e, possibilmente argomentando la propria opinione. Imbrattare la sua bacheca con insulti e senza alcun tentativo di confronto è un affronto non solo a Muccino ma al sacrosanto diritto di espressione. Ho letto e riletto quanto ha espresso e non ho trovato nulla d’insultante.
Inquietante perché Facebook dovrebbe essere un “luogo” di scambio, di dibattito… ma è diventato il regno delle tifoserie e delle zuffe. O sei pro USA o sei pro Russia. Se per caso cerchi di essere una persona normalmente costituita che cerca di ragionare ed analizzare prima di aprir bocca o di toccar tastiera ed esprimi un commento anche solo leggermente controcorrente sei un traditore, un guerrafondaio, un pazzo criminale, un imperialista, un ingenuo, un ignaro, un cretino e via dicendo finché Facebook non ti censura.
Da giornalista di “lungo corso” ho sviluppato una violenta allergia verso i colleghi che aspettano di leggere i giornali altrui per annunciare le notizie o che si limitano a riprendere i comunicati d’agenzia, quelli che non solo non cercano ma che se vanno al mare non trovano l’acqua. E la prendo con ironia. Esistono però ottimi professionisti che, ahimè, stanno cominciando ad essere vittime del virus dell’autocensura, da non confondersi con il politicamente corretto. L’autocensura è spesso una forma di difesa per non essere massacrati come è successo, ad esempio, a Muccino che giornalista non è. Ma chi gliel’ha fatto fare di esprimersi?
L’effetto branco si è scatenato. E può anche ritenersi fiero di essere stato letto fino in fondo. Per fortuna il suo intervento è breve. Perché succede sempre più sovente che si venga insultati soltanto in base al titolo di un articolo postato. Lo svolgimento del testo poco importa.
Non mi esprimo sull’opera di Pasolini, l’ho già detto, la mia opinione sarebbe solo viscerale ergo inutile. Non mi esprimo sull’opera di Muccino che, ripeto, conosco poco, ma gli insulti esaltati e volgari sulla sua pagina mi spaventano. Non mi spaventa chi ha dissentito educatamente perché questo fa parte del confronto.
Sicuramente pochissimi conoscono il mio lavoro ma è successo anche a me di farmi massacrare per aver toccato un “mito”. Ed anche sui “miti” ci sarebbe da discutere perche li crea l’uomo. Li crea e talvolta li distrugge. I “miti” sono un’idealizzazione talvolta corretta, talvolta esagerata dall’immaginario popolare.
Io, perdonatemi se mi auto-cito, ebbi la sventurata idea di esprimere un paio di critiche sul libro “Indignatevi” di Stéphane Hessel. Scrissi che il titolo del breve saggio e la quarta di copertina non corrispondevano alle aspettative. Avrebbe dovuto intitolarlo “Indignatevi per Gaza” e gli avrei dato ragione. Osai fare un piccolo appunto storico un piccolo appunto storico perché Hessel scrisse “I campi profughi installati nel 1948 e da dove sono stati cacciati oltre tre milioni di palestinesi” quando ai tempi erano 750 mila. Non cambia nulla alla vergogna della situazione ma la storia è storia e le cifre sono cifre. Apriti o cielo! La redazione di allora pubblicò il mio articolo ma aggiunse un riquadro d’elogio a Hessel, quasi a volersi scusare dei miei propositi. Mi beccai comunque degli insulti.
Ho osato anche dire che Saviano ha commesso plagio, poche pagine, ma così ha stabilito la Legge. Sarebbe bastato citare le fonti. Giornalisti che non ritiene degni ma che ha pur sempre copiato. Poco importa. Qui mi fermo per non elencare una litania di esempi.
Resta terribilmente inquietante l’obbligo a dover restare politicamente corretti, ad onorare i miti, a tifare per la Russia se si è di sinistra o per gli USA se si è di destra (semplifico).
Ma si vuole smetterla di insultare o addirittura minaccia chi non la pensa come noi o ci si deve rassegnare a branchi di lupi affetti da rabbia?
Ufficialmente siamo ancora in democrazia ed fruiamo quindi della libertà d’espressione. Vale per tutti. Se qualche dichiarazione non piace, almeno si argomentino le risposte.
Tanta aggressività, benché virtuale, è veramente brutto segno.
Luisa Pace