Antimafia in crisi. Magistrati “antimafia” incriminati. Metodi e retorica divenuti improvvisamente obsoleti ed intollerabili.
Non poteva mancare, dopo lo sbalordimento per la “novità” di certi avvenimenti (proprio come è accaduto per la storia della telefonata tra Crocetta ed il chirurgo “sbiancatore” Tutino) il tentativo di reazione: non solo il silenzio e l’ammorbidimento, ma il diversivo ed il contrattacco. Che, poi, certe reazioni possano essere la classica “pezza peggiore del buco” dell’antico proverbio veneto, è cosa auspicabile, ma solo possibile e non davvero probabile.
Prima reazione: il silenzio. La stampa siciliana ha mostrato la realtà dei suoi rapporti con l’Antimafia-Terzo Livello riducendo l’informazione, i commenti, le deduzioni, le previsioni al minimo, alla soppressione, alla “cauterizzazione” della ferita, alla scelta, addirittura di una terminologia “appropriata”.
Intanto le notizie (poche) al riguardo della storia di “confiscopoli” sono sotto il sovratitolo “Mafia”, mentre è più che evidente che esso dovrebbe essere “Antimafia”. Anche i comunicati ANSA hanno adottato questa terminologia bugiarda.
Poi il diversivo-contrattacco. Il sito on line “Antimafia 2000” del Guru Bongiovanni, definito da Ingroia “organo ufficioso” della Procura di Palermo ha ritirato fuori, udite! udite! la storia del bidone, dell’esplosivo (120 chili) arrivato a Palermo per assassinare Di Matteo, il P.M. simbolo del processo per la cosiddetta “trattativa Stato-Mafia” a sua volta simbolo, sintesi e grande prova della scienza giuridica e della concezione Komeinista dell’Antimafia e della “scheggia impazzita” del Partito dei Magistrati con sede operativa a Palermo.
E’ venuto fuori proprio ora un nuovo pentito (pensate un po’) che “attesta” che quell’esplosivo è veramente arrivato ed è nascosto a Palermo. Ma qualcuno si deve essere informato sul significato dialettale-gergale della parola “bidone”. Perché non si parla più del “bidone”, ma di “barile”.
L’organo ufficio della Procura di Palermo peraltro, compensa questo bel passo fatto per evitare il ridicolo, domandandosi: vedete che la minaccia dell’attentato a Di Matteo è reale? Pensate forse che Di Matteo il nuovo pentito, che certifica l’arrivo dell’esplosivo, se lo sia creato a suo uso e consenso?
Già. Ma aggiunge pure adesso: magari verrà fuori un “giovane rampante” o un “vecchio saggio” capace di una simile enormità.
Non garantisco per il “giovane rampante”, ma quanto al vecchio, “nel mio piccolo” eccomi qua. Anche perché di una certa saggezza ho sempre fatto volentieri a meno.
Malgrado la rinnovata (per l’occasione) minaccia dell’esplosivo nel barile (tanto per evitare ironie suggerite dal bidone…) va avanti il processo per la cosiddetta “trattativa”. A quanto pare il numero dei sospettati (seppure non imputati) si allarga.
Ora viene fuori persino il nome, nientemeno, di Luciano Violante, convertitosi al garantismo in funzione del tentativo, pervicace ma sfortunato, di farsi eleggere alla Corte Costituzionale.
Sarebbe reo, pensate un po’, di aver caldeggiato una norma che, con sconto di pene e semplificazioni processuali, favorisse la “dissociazione” dei mafiosi senza bisogno di “collaborazione” con le ben note “rivelazioni”. Una norma definita “pericolosa” da Caselli, benché presa in prestito dalla legislazione antiterrorismo (un campo in cui ha avuto grandissimo successo). Ma c’era il sospetto che, in realtà, a suggerirla attraverso preti impiccioni fosse stata la Camorra o addirittura Cosa Nostra: prova dunque anch’essa della “trattativa”. Anzi: questa sarebbe stata la trattativa in cui si sarebbe concretato il “crimine”.
Violante, il fondatore e stratega del Partito dei Magistrati, reo di “trattativismo” elevato a reato “giurisprudenziale” significa, per me, una sfida al senso dell’umorismo. Ma in questo momento si direbbe che la rabbia dell’Antimafia fanatica ed estremista, altra faccia della medaglia rispetto a quella affaristica ed imbrogliona, voglia imboccare, di fronte a prospettive della fine del bel gioco, la strada della minaccia di tirarsi dietro, in un eventuale caduta, un bel po’ di “compari”, veri o magari presunti, di fare il finimondo. Se così è, questo sarebbe il più grave segno di debolezza ed anche di stupidità. La stupidità di chi vuole imboccare la via opposta a quella del gattopardismo. E proprio in Sicilia!
Mauro Mellini – www.giustiziagiusta.info