La nicchia siciliana del partitino di Angelino Alfano (N.C.D., Nuovo Centro Destra, nientemeno) corre al soccorso dell’inamovibilità dell’inamovibile indecente Crocetta e del suo governo regionale, già forte dell’universale avversione di un po’ tutto il Parlamento Siciliano, unanime, però nell’essere spaventato dall’idea di una sua caduta, che manderebbe a casa (con la prospettiva di elezioni le più incerte e catastrofiche un po’ per tutti) anche i parlamentari regionali.
Trattative spudorate sono in corso tra mezzo N.C.D. (l’altra metà protesta, ma si augura che l’esecrato Crocetta resti ben inchiavardato alla sua poltrona) per l’entrata di un neocentrodestrista, cioè un “alfaniano” nella Giunta del “rivoluzionario” Crocetta, salvatosi dal suicidio per un pelo, grazie al comunicato della Procura di Palermo che lo ha informato di non aver fatto quella telefonata così compromettente al suo amico Tutino relativa alla sorte “meritata” dalla Borsellino.
Altre volte abbiamo sottolineato i “limiti” all’indignazione ed alla disistima di un po’ tutti i partiti nei confronti del Presidente più “rivoluzionario” e “chiacchierato” che abbia avuto la Sicilia, limiti derivanti dagli effetti masochistici di una eventuale mozione di sfiducia.
Ma qualcosa di nuovo c’è in questo accorrere a prendersi, oltre alla garanzia di non dover riandare alle urne, come comporterebbe la scomparsa, una nuvola di ridicolo da parte della formazione politica (si fa per dire) dell’ex delfino di Berlusconi.
Chi di queste cose se ne intende ben più di me ed in Sicilia sa quello che sanno tutti e che solo la stessa magistratura, almeno fino a ieri, “poteva non sapere”, vede oggi il personaggio Alfano esposto, oltre che al fallimento politico, a possibili vicende ancor più spiacevoli.
La fine ingloriosa dell’”Antimafia devozionale”, divenuta già da troppo tempo “Antimafia d’affari”, che è la spina dorsale del governo Crocetta-Lumia, che per più versi sembra approssimarsi inesorabilmente (anche se, poi, come dice un antico proverbio, “la pentola squadrata cent’anni per casa”) non è cosa che può far dormire sonni tranquilli ad Alfano.
L’analisi puntuale e ricca di riscontri documentati fatta dal gruppo di “Telejato”, (Maniaci, Vitale, Petrotto…) che da tempo sapeva e denunciava ciò che le Procure siciliane sembrava si ostinassero a non vedere, cioè il marciume del sistema affaristico di concessioni regionali, incarichi giudiziari etc. etc, oggi almeno in parte venuto a galla, non esclude ipotesi di responsabilità di personaggi vicini ad Alfano, alla sua famiglia e tra le sue amicizie.
E se ieri Crocetta poteva permettersi di additare il coinvolgimento di “quelli dell’N.C.D.” nella storia dei centri per immigrati come “questione morale” che gli imponeva di tenerli lontani, oggi le storie fumose di Crocetta con Sanità e sanitari, per non parlare di “munnizza” e “munnizzari”, l’una questione e l’altra si controbilanciano sul piano delle reciproche offese all’olfatto.
Ed il sopraggiungere, che potrebbe essere imminente, solo che il coinvolgimento di qualche magistrato portasse anche questa “fetta” della questione delle amministrazioni dei beni mafiosi a Caltanissetta, dell’”esplosioni” di certe altre storie (già denunziate da Maniaci e Vitale) di amici cari degli anni dell’Università, impone ad Alfano di non perdere tempo nel cercare di “fare quadrato” assieme a tutta la gente comunque intervenuta negli affari dell’Antimafia che ha nel governo regionale di Crocetta il presidio politico-istituzionale più esplicito, che si è potuto ritrovare nella storia dolente dell’autonomia regionale siciliana.
A questo punto c’è da prendere atto che oggi, a sostenere l’incredibile baracca del potere politico-economico siciliano, basato sulla copertura ad esso offerta da un’antimafia giudiziaria e non giudiziaria, ipocrita e svergognata, c’è, in realtà più che altro l’ottusità dell’adozione dell’estremismo (e, ottusamente, dell’affarismo) antimafioso dei Cinquestellisti.
Anche questa è una lezione che i fatti si incaricano di fornire a tanti acutissimi intellettuali, oramai a corto di supporti ideologici.
Così è fatta la storia.
Mauro Mellini – www.giustiziagiusta.info