Roma trema dopo l’ordinanza di custodia cautelare che ha portato all’arresto di Mauro Balini, presidente del porto Turistico di Roma, di Massimo Amicucci, Edoardo Sodano e Sergio Capograssi, avvocato con studio nella capitale.
I 4 arrestati sono accusati di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, riciclaggio, impiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita, trasferimento fraudolento di valori. Altre 9 persone sono state denunciate a piede libero, nonostante la procura avesse chiesto la custodia cautelare per tutti gli indagati.
Secondo l’accusa – come riportato da “Il Messaggero” – “il potere economico consente a Balini di proseguire nella sua attività delittuosa attraverso l’utilizzazione della complessa struttura societaria all’uopo creata, ma anche in relazione ai suoi agganci politici al Comune di Roma, necessari per l’ottenimento di concessioni e atti amministrativi funzionali all’esecuzione del programma criminoso”.
Prosegue il quotidiano, “La nuova giunta è già insediata ma Balini contatta prima i predecessori, scrive il gip: «Balini contatta Lucarelli in occasione di un esposto presentato dall’associazione Labour (associazione antimafia locale ndr) a seguito del quale il comune di Roma, in persona della dirigente Cinzia Esposito, comunica la sospensione dell’iter burocratico per la conclusione del procedimento relativo all’ampliamento del porto”.
Dell’associazione LabUr avevamo letto di recente, e non proprio in termini gratificanti, nella relazione presentata dal senatore Stefano Esposito, membro della VII Commissione Antimafia, inviata alla presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi.
“Esistono infatti due associazioni, oltre a Libera che si impegna come si conviene a una associazione che contrasta la malavita – scrive Esposito – che operano nel territorio del X Municipio: Luna Nuova e Cittadini contro le Mafie e la Corruzione. I leader di queste associazioni sono Andrea Schiavone e Paula Filipe Dejesus, per quanto concerne la prima, e Stefano Salvemme, per la seconda. Le modalità operative di queste associazioni sono singolari, per non dire simili nei modi e nei comportamenti a famiglie malavitose.”
Un commento lapidario al quale fa da corollario l’immagine che viene data di Andrea Schiavone, indicato quale leader di “Luna Nuova” che attraverso la sua associazione antimafia e altre sei che coordina sul territorio (Comitatocivicoduemiladieci, Labur, Severiana, Waterfront Ostia, Comunità Foce Tevere, Ostiaquattrocentosedicibis), avviò una quotidiana attività persecutoria nei confronti dell’allora presidente del X Municipio, Andrea Tassone. Una bella attività persecutoria visto che Tassone, del Pd come Esposito, viene arrestato perché riferimento politico dei boss di mafia capitale.
Non meno duro è Esposito con quella che definisce “la sedicente associazione Antimafia Cittadini Contro le Mafie e la corruzione”, della quale segnala altri due soggetti “il cui impegno in antimafia è quantomeno sospetto”.
Peccato che le attività persecutorie poste in essere nei confronti di chiunque si professi a favore della legalità dai due soggetti indicati, due ex poliziotti, non si siano tradotte in ulteriori arresti, come nei casi di cui sopra. Ma di questo torneremo presto a scrivere.
E sì che i presupposti ci sarebbero stati tutti, considerato che in tempi non sospetti, ovvero nel 2002, proprio uno dei due poliziotti – Gaetano Pascale, all’epoca Ispettore della Polizia di Stato – verso il quale Esposito punta l’indice accusatore, aveva condotto indagini sul clan Caruana-Cuntrera-Caldarella, i cui legami con i Triassi, sono noti. Gli stessi Triassi che secondo fonti investigative avrebbero raggiunto una pax criminale con i Fasciani/Spada.
Un’attività investigativa che avrebbe potuto metter fine da oltre dieci anni agli affari dei clan che per tanti anni avevano ottenuto licenze ed autorizzazioni ad Ostia-Roma governato storicamente quasi sempre da maggioranze di centro sinistra. Ovvero quell’attuale Pd del quale molti rappresentanti sono oggi finiti nelle maglie della giustizia e verosimilmente tanti altri ve ne finiranno.
Ma su questi nomi, a partire da Tassone per proseguire con Buzzi, Odevaine e Carminati, non si concentra mai l’attenzione del senatore Esposito, commissario inviato da Matteo Renzi, la cui relazione all’antimafia dopo mesi trascorsi ad osservare le dinamiche del Pd nel X Municipio, come lui stesso scrive, lo ha portato a scoprire una realtà agghiacciante in quel di Ostia, litorale romano.
Quella realtà formata da uomini e associazioni che hanno denunciato politici e clan, ai quali si è aggiunto qualche bravo giornalista accusato di far parlare le varie associazioni sul territorio di Ostia “legittimando una evidente delegittimazione da parte delle sedicenti associazioni antimafia nei confronti di chiunque tocchi i poteri forti del X Municipio”. È questo il caso del giornalista del Messaggero Giulio Mancini che per decenni ha seguito per conto del quotidiano le vicende che riguardano Ostia, inducendo l’esponente del Pd a chiedere in Commissione Antimafia “che venga fatta piena luce sul ruolo di queste sedicenti associazioni antimafia di Ostia e sul ruolo della stampa locale sul litorale che, spesso, è complice di atteggiamenti anormali e incivili di chi si professa paladino della legalità”.
Una relazione che ha portato a una dura replica – quasi ignorata dai potenti organi stampa pronti a far quadrato sul mondo della politica più becera – da parte di Antonio Turri e Gianni Ciotti, dell’ufficio nazionale di Presidenza de “I Cittadini Contro le mafie e la corruzione”, che hanno stigmatizzato “l’azione diffamatoria portata avanti dal senatore del PD Stefano Esposito, commissario dello stesso Pd ad Ostia, un territorio dove anche i suoi compagni di fede politica hanno per anni alimentato e costruito una delle peggiori e nefaste simbiosi tra mafia e politica”.
“Un palese paradosso - hanno affermato i vertici de “Cittadini contro le mafie e la corruzione” –visto che il senatore Esposito è espressione del partito maggiormente e numericamente coinvolto con i suoi quadri nello scandalo di Mafia Capitale e di cui il suo ex presidente del municipio di Ostia Andrea Tassone è ritenuto il nesso unificante tra politica e i Clan capitanati da Buzzi e Carminati. Esposito,forte della presunta immunità parlamentare, dà del colluso con le mafie o con la criminalità a chi ha da sempre denunciato questo legame ed ha anche organizzato pubbliche manifestazioni ad Ostia per ribadire la vicinanza degli uomini del suo partito alla criminalità organizzata”.
E se questa è la triste realtà di una certa politica, non meno incresciosa è quella di una certa stampa che oggi tace, mentre nei giorni scorsi si prestava a far da megafono al senatore antimafioso – così come lo aveva fatto precedentemente per uomini del Pd finiti poi ad osservare il sole a quadretti – per denigrare e delegittimare chi ha denunciato il malaffare a Ostia.
La moglie di Cesare deve non solo essere onesta, ma anche sembrare onesta.
E sull’onestà di Cesare e relative consorti nessuno di noi vuole avanzare dubbi, ma fatti e misfatti più recenti, sembrano dimostrare come una certa antimafia si sia trasformata in un teatrino di duri e puri il cui valore è dato dal proprio tasso di antimafiosità. Ma chi determina la purezza e questo tasso del quale ognuno sembra fregiarsi in una sorta di gara che vede tutti contro tutti?
Senza voler scomodare la buonanima di Leonardo Sciascia – che nel suo “i professionisti dell’antimafia” commise pure degli errori, ma non nel principio – non v’è dubbio che sulle sofferenze e sul sangue di tanti innocenti si sono costruite le fortune e le carriere di tanti difensori della legalità; peccato che da cotanta lotta, perdente sembra uscirne proprio una certa antimafia.
A dare il colpo di grazia alla già macilenta immagine di questa “antimafia”, i più recenti scandali politici, una certa imprenditoria, un associazionismo connotato dalla gestione di beni (e su questo aspetto ci sarebbe da chiedersi se di tali associazioni ve ne fossero presenti in questi affidamenti e quali i risultati di eventuali gestioni) e sterili passerelle. Quel tutti contro tutti che inspiegabilmente spinge soggetti politici, giornalisti e rappresentanti delle associazioni a screditare – o quantomeno a cercar di screditare, visto che i risultati vanno in tutt’altra direzione – quanti appartengono ad altre associazioni, organizzazioni, partiti etc.
Quasi che l’antimafia, così come metteva in guardia Sciascia, avesse finito con lo sfruttare la lotta alla mafia per interessi soggettivi, fatti di carriere e fortune di vario genere.
Se la moglie di Cesare deve non solo essere onesta, ma anche sembrare onesta, vogliamo lasciargli la possibilità di apparire quantomeno un po’ tonta, tanto da non accorgersi che in occasione di questa festa dedicata alla dea Bona, in chiave moderna, c’era ben più di un Publio Clodio travestito da suonatrice?
Stendiamo un velo, se aggettivato o meno lo decidano i Cesare e le Pompea di turno…
Gian J. Morici
Nota: Dei clan siciliani a Roma e della quinta mafia torneremo a scrivere, così come torneremo a scrivere degli sviluppi di Mafia-Capitale e delle conseguenze di determinate affermazioni che hanno già portato a querelare gli incauti autori delle stesse.