Non per dare pareri autorevoli di politica internazionale, ma sono stato sufficientemente colpito dalla notizia dell’accordo tra USA Europa e Iran dei giorni scorsi da voler dire due parole sull’argomento.
Ho letto un paio di articoli a riguardo, su Repubblica e Corriere della Sera, e la ricostruzione dei fatti è abbastanza fedele, così come le considerazioni sull’impatto economico dell’accordo, che libererà la distribuzione di ingenti risorse energetiche (l’Iran potenzialmente è uno dei principali produttori mondiali di petrolio e gas) e darà anche la possibilità di scambi economici fruttuosi (si stima che l’Italia potrà aumentare il fatturato verso l’Iran di circa 2 miliardi di euro in tre anni).
Tralascerei volentieri questi dettagli, che ritengo secondari di front ad altre e più importanti conseguenze dell’accordo, se non fosse che sono quelli che probabilmente consentiranno una rapida ratifica dello stesso sia all’ONU che al Congresso americano.
Infatti, nonostante le fortissime pressioni di Israele sui parlamentari statunitensi amici, l’accordo passerà perché sono troppi gli interessi economici in ballo e i ritorni per le corporation americane, che come sempre faranno la parte del leone nel “dopo guerra”.
Di più: la Russia ha già invitato l’Iran a far parte del BRIC, ossia quel gruppo di paesi emergenti come Brasile, Sudafrica e altri, che si pongono appena sotto il G7 in termini di potere economico, e molto al di sopra di tutti gli altri paesi in via di sviluppo.
E quindi con buona pace dei guerrafondai, che pure hanno speculato con successo sull’embargo, l’Iran a breve rientrerà a far parte del consesso internazionale, e sarà rimosso dalla lista degli stati “canaglia”.
Quello che a me interessa raccontare un po’ meglio è perché per noi occidentali l’Iran è un paese importante e perché questo sforzo, pure significativo, andava fatto molto prima.
La prima cosa da dire, che non tutti sanno o hanno ben chiaro, è che l’Iran NON è un paese arabo, bensì un paese europeo.
A tutti gli effetti, la loro lingua, la loro razza e la loro cultura si inseriscono di diritti nel contesto indoeuropeo di cui anche noi facciamo parte.
Il fatto che l’Iran sia un paese musulmano, anzi, una Repubblica Islamica, porta molti ad accomunarlo alle vicende dei vicini stati arabi, primi fra tutti Iran e Arabia Saudita.
Non è così.
Le vicende storiche dell’Iran discendono direttamente da quelle dell’impero persiano, che ad un certo punto era egemone in Europa.
La cultura millenaria persiana è di molto antecedente a quella romana, e coeva di quella babilonese.
I persiani furono i primi ad istituire leggi per i diritti civili.
Ancora oggi molti di noi giocano ad un antico gioco persiano, anche se non lo sanno: il gioco dell’Imperatore.
Se non siete sicuri di capire, basta che pensiate che “imperatore” in persiano si dice “scià”, ed ecco chiarita l’origine del termine “scacchi”, mentre “scaccomatto” significa proprio “l’imperatore è morto”.
Insomma ci sarebbero parecchi motivi per cui l’Iran dovrebbe far parte, con tutti i suoi limiti sostanzialmente di non essere una democrazia, dell’orbita culturale ed economica occidentale.
Io aggiungerei a quelli elencati da tutti un paio di buoni motivi per esultare di questo evento.
Il primo e forse il più importante sono i giovani.
L’Iran è un paese fatto di giovani, sono il 70% della popolazione, sono colti, istruiti, frequentano università decisamente all’altezza delle nostre, quando emigrano sono all’altezza dei loro coetanei occidentali in tutto e per tutto.
Questo accordo fornisce a decine di milioni di giovani iraniani una possibilità di crescere al di fuori dei confini del loro paese, di venire permeati dalla cultura e tecnologia occidentale, di fornire uno stimolo e un ventata di freschezza a paesi fatti ormai da vecchi come il nostro.
Non possiamo che trarne giovamento, non solo economico.
L’altro motivo è il senso di colpa che noi occidentali dobbiamo avere nei confronti dell’Iran e del suo popolo.
Esatto. Senso di colpa.
Nella storia recente del paese ne abbiamo combinate di tutti i colori (dico “noi” anche se gli italiani brava gente come al solito sono ai margini, ma dato che di queste “imprese” nel bene o nel male ne beneficiamo, non mi sembra il caso di tirarsi indietro quando c’è da prendere gli schiaffoni).
Prima abbiamo imposto un presidente della repubblica, poi alla CIA serviva uno che facesse quello che dicevano loro e si comprasse un sacco di armi, tenendo a bada i vicini, ed ecco che è stato ricostituito l’impero con lo Scià Reza Pahlavi.
Poi una volta sorpresi dalla rivoluzione islamica (by the way Khomeini è stato per anni in esilio in Francia, mica a Riad…) abbiamo finanziato il buon Saddam Hussein perché improvvisamente gli Iraniani erano diventati il male, e Saddam, buontempone, ha approfittato delle armi e dei soldi americani per gasare un po’ di Curdi già che ci stava, fino a finire nel mirino ed essere eliminato la volta in cui invece non c’entrava niente.
Non bastasse, l’Iran è da sempre sotto il mirino di Israele, non dimentichiamo che Israele ha speso pochi anni fa 2 miliardi di euro per mettere in preallarme operativo tutte le sue basi aeree e condurre esercitazioni imponenti, per una ipotetica invasione dell’Iran che tanto tutti sapevano essere impossibile senza truppe di terra.
Infine, il punto su cui ci siamo stracciate le vesti ripetutamente, è l’energia nucleare.
L’Iran dispone di diverse centrali atomiche a scopo civile, e di una tecnologia nucleare avanzatissima (sottolineo che NESSUNO dei paesi del medio oriente dispone di queste capacità, il che va a favore delle competenze scientifiche iraniane), e si presuppone che possa dotarsi di un’arma nucleare efficace in 12 mesi, e di una “sporca” in tre.
Apriti cielo. Sono anni che le potenze occidentali puntano il dito contro l’Iran, affilano i coltelli minacciando, praticano sanzioni economiche, solo per questo motivo.
Certo, un’atomica in mano ad uno stato teocratico non è cosa che ci si debba augurare.
Forse però, visto che noi occidentali possediamo decine di migliaia di testate, che altri stati (India, Israele) ne hanno senza averle dichiarate, che l’Iran ha dimostrato pur nella sua differenza di essere molto più stabile di altri regimi, si poteva evitare di prendere per il collo una popolazione intera e passare direttamente alla diplomazia.
La storia ha insegnato che le sanzioni non servono a niente, sono buone solo ad affamare il popolino, mentre la classe dirigente continua a prosperare, e anzi a fare affari con la controparte.
Durante le sanzioni economiche sono molte di meno le persone che si arricchiscono, e si arricchiscono molto di più.
E quindi in conclusione, sono felice che la smettiamo con questo inutile teatrino e che forse a breve possiamo di nuovo dare il benvenuto all’Iran nel novero dei paesi “normali”.
Avremo tutto da guadagnarci.
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