
Ho provato e riprovato a cercare una sintesi, nel gruppo e nel partito, per migliorare i provvedimenti legislativi e dare voce e rappresentanza al mondo del lavoro, della scuola, dei diritti, temi di una sinistra che oggi fatica sempre più ad affermare le proprie ragioni culturali, sociali e politiche.
L’errore più grande del PD è quello di non aver ancora compreso che quel popolo ci sta chiedendo un segnale di speranza, di prospettiva, e di discontinuità nelle politiche di governo. Ed il segnale, a mio giudizio, è arrivato forte e chiaro anche dal forte astensionismo alle ultime elezioni amministrative.
Ci sono uomini e donne che credono ancora che il cambiamento sia possibile, anzi necessario e urgente, ma ciò – mi dispiace veramente molto dirlo – non è realizzabile nel PD. Il problema non è Matteo Renzi in quanto tale, ma la politica che ha messo in campo e in particolar modo l’incapacità di. Dirigere il partito, che non ascolta più le istanze che vengono dai territori e che, giorno dopo giorno, sta franando – in un preoccupante allentamento della tensione etica – tra trasformismi e conformismi di ogni sorta.
La scelta del Governo di approvare al Senato il ddl Scuola attraverso il voto di fiducia è grave sul piano del corretto funzionamento delle Istituzioni, della rappresentanza democratica ed è insostenibile sul piano politico per un partito che vuole rappresentare e difendere le ragioni dei docenti, degli studenti e delle loro famiglie. Sulla Scuola, come sul lavoro, il Partito ha contraddetto radicalmente il programma sul quale ciascun parlamentare del PD è stato eletto. Una svolta liberista, ingiusta per i diretti interessati e dannosa per la ripresa economica e morale del nostro Paese.
E poi c’è la “questione europea”. Il fallimento della Grecia rappresenterebbe il fallimento delle politiche dell’Unione Europea, cosa che non ci possiamo permettere. Ma non possiamo neppure permettere che qualcuno possa pensare di intervenire a piedi uniti sulle decisioni democraticamente assunte da un popolo, per eliminare un Governo ritenuto scomodo. La scelta del referendum èestremamente importante, perché la politica si riconnette al popolo e riprende il primato che le spetta. Dopo anni di subalternità al sistema bancario e dell’alta finanza sarà finalmente un popolo a decidere.
Tsipras e la Grecia fanno bene a porre in maniera ultimativa il metodo decisionale all’interno dell’Unione Europea, un sistema slegato dalla volontà di fare veramente Europa. Per questo è importante il referendum, e per questo il 5 luglio rappresenterà lo spartiacque nelle politiche dell’Unione.
È anche per evitare che l’Europa e l’Italia restino appesi ad un filo che, da oggi a Roma, al Palladium, noi proveremo a raccogliere la sfida di una sinistra di governo, per un’agenda alternativa. E proveremo a farlo attraverso un percorso inverso, lasciando da parte – per il momento – i contenitori, ma ripartendo da contenuti e territori.
Lo faremo, non solo con Fassina, Civati, Cofferati e Pastorino, ma con tante donne e uomini che hanno creduto e contribuito a costruire il PD e ora sono smarriti”. Lo scrive oggi su “Il Garantista” la Deputata Monica Gregori.